Sondaggio Ipr Marketing
per il 24° Congresso nazionale delle Acli
ITALIANI: “USCIREMO DALLA
CRISI, MA SAREMO PIU’ POVERI”
Il lavoro sarà il primo
segnale di ripresa. Riforme per cambiare il Paese (51%) o la “rivoluzione”
(32%)
Olivero: «Risanamento
non basta. Offrire un progetto credibile di sviluppo. Per allontanare pericolo
antipolitica»
Roma, 2 maggio 2012 – L’Italia uscirà dalla
crisi entro i prossimi 3 anni, ma in condizioni peggiori di prima. Il primo
segnale della ripresa sarà la diminuzione della disoccupazione. Tra 10 anni
saremo però più poveri. Per cambiare il Paese ci vorrebbero le riforme, o
la “rivoluzione”.
Sono i risultati di un sondaggio tra gli italiani
realizzato per le Acli da Ipr Marketing, in collaborazione con
Iref (l’istituto di ricerca delle Acli) – “Come e quando usciremo
dalla crisi economica?” – diffuso alla vigilia del 24°
Congresso nazionale delle Associazioni cristiane dei lavoratori
italiani.
L’appuntamento delle Acli, che aprirà domani pomeriggio a
Roma (allo Sheraton
Golf Parco de’ Medici), è dedicato al tema “Rigenerare comunità per
ricostruire il Paese”, e vedrà intervenire tra gli altri il ministro del
Lavoro e delle Politiche sociali, Elsa Fornero, e il segretario generale
della Conferenza episcopale italiana mons. Mariano
Crociata.
100 euro per andare in crisi
“Quanto peserebbe sul bilancio mensile della sua famiglia
un spesa imprevista di cento euro?” è la prima domanda rivolta ad un campione
rappresentativo della popolazione italiana maggiorenne. Per sei italiani su
dieci (60,2%) peserebbe molto o abbastanza. Più preoccupati di fronte a una
spesa fuori budget sono i cittadini del Sud (70,9%), le donne (68,7%) e gli
under 35 anni (62,7%).
La crisi? E’ iniziata nel 2010
Quasi la metà degli intervistati (47,5%) ha iniziato a
percepire in concreto nella vita quotidiana gli effetti della crisi economica
tra il 2010 e il 2011. Il 14,8% del campione era già in una situazione di
sofferenza economica prima del 2008. La grande maggioranza degli italiani
(72,4%) non riesce a leggere in questa crisi un’occasione di progresso o
cambiamento.
Il futuro? Preoccupazione e
insicurezza
Preoccupazione (27,45), insicurezza (17,3%) e pessimismo
(12,4%) sono i sentimenti dominanti quando si pensa al futuro. La speranza
precede il pessimismo tra gli uomini over 54enni, i laureati e i cattolici
praticanti.
Giustizia e onestà prima di tutto
Per uscire dalla crisi sociale ed economica del paese,
secondo gli italiani non si può non puntare su una maggiore equità (24,9%) e
moralità (22,8%) generale da un lato e dall’altro occorre far leva sulla
competenza (18,5%) delle classi dirigenti e sull’innovazione
(12,7%).
La crisi la devono pagare “i più ricchi”
(74,8%)
La richiesta di una maggiore equità sociale emerge anche
in relazione all’opinione degli italiani su chi deve pagare la crisi. Il 74,8%,
del campione, infatti, ritiene che siano i cittadini più facoltosi a dover
sopportare il carico maggiore della crisi. Opinione, questa, diffusa in maniera
trasversale e con la stessa intensità in tutti i segmenti socio-demografici
della popolazione.
Un leader giovane e competente
Chi ci toglierà dalla crisi? Non importa che sia uomo o
donna (25%) o sposato (14%) o cattolico (9%); men che meno che sia capo di un
partito (6%): il leader futuro sarà giovane (53%) e con competenze professionali
all’altezza delle sfide attuali; sarà laureato per il 49% degli intervistati,
una persona esperta, se necessario docente universitario (37%).
Sul fronte degli interventi da effettuare, per la grande
maggioranza degli italiani, la persona che ci toglierà dalla crisi dovrà
occuparsi prima delle famiglie e poi dei conti dello Stato (75%) e tenere conto
delle indicazioni delle istituzioni internazionali (56%). Questa leadership
competente è dunque consapevole dei problemi di equità interna che
contraddistinguono l’attuale panorama italiano, ma è altresì consapevole della
fitta rete di relazioni e di scambi di cui l’Italia è partecipe.
Cambiare il Paese, tra riforme e
“rivoluzione”
Cosa occorre per cambiare il nostro Paese? Per la
maggioranza degli intervistati (50,9%) la strada da seguire è quella riformista,
con interventi graduali e condivisi (35,7%) ma anche impopolari (14,6%). I più
propensi a una via riformista sono gli uomini, gli over 54enni, e i cattolici
praticanti.
Ma la crisi porta con sé anche atteggiamenti radicali:
quasi un terzo del campione (32,%) vede la “rivoluzione” come unico mezzo per
trasformare l’Italia (32%). Per il 17,2% degli intervistati “questo Paese non
cambierà mai”. Un segnale che non va affatto trascurato ed è figlio
probabilmente di quella sfiducia nei partiti e di quel sentimento di
antipolitica che sta montando in questi ultimi anni.
Il lavoro come primo segnale della
ripresa
Per gli italiani i segnali più evidenti che il Paese starà
uscendo dalla crisi saranno l’aumento dei posti di lavoro (26,3%) e la
conseguente ripresa dei consumi (19,8%). Opinione questa condivisa in maniera
trasversale da tutta le fasce di popolazione intervistate.
La crisi finirà entro 3 anni
Gli italiani sono moderatamente ottimisti sui tempi di
uscita dalla crisi del nostro paese. La maggioranza (51,3%) intravede la fine
del tunnel entro i prossimi 3 anni. Il 37,7% ritiene, invece, che i tempi siano
più dilatati e che sì, si uscirà dalla crisi. ma non prima di 4-10 anni. In ogni
caso, solo il 10,9% è scoraggiato al punto da ritenere che l’attuale situazione
sia senza ritorno.
Più poveri tra 10 anni
Usciremo dalla crisi, ma come? Il 40,2% degli italiani
pensa che l’Italia uscirà dalla crisi in condizioni peggiori di prima. Per il
30,5% ,invece , l’Italia si riprenderà come prima della crisi. Quasi un terzo
degli italiani, però, vede un futuro migliore quando la crisi sarà passata. Si
tratta soprattutto di uomini (34,5%), di persone oltre i 54 anni (32%) e
residenti nel Sud (33%).
Proiettandosi nel futuro, il 44,7% degli intervistati si
immagina più povero tra 10 anni, a fronte del 19,1% che invece confida su un
miglioramento della propria condizione. Emerge una forte divaricazione tra
giovani e laureati da un lato - che in misura maggiore si mostrano più ottimisti
verso il futuro - e anziani e persone con titolo di studio non elevato
dall’altro tra i quali regna in misura maggiore scoramento e
sfiducia.
Per il presidente delle Acli, Andrea Olivero, che
domani aprirà il Congresso dell’associazione: «il Paese ha bisogno di
ripartire ricostruendo il rapporto di fiducia con i cittadini e rianimando il
sentimento di speranza, offrendo un modello e un progetto credibile di sviluppo.
Il risanamento dei conti non basta. Gli italiani mostrano di aver ben chiare le
priorità: lavoro, giustizia e onestà. La strada da percorrere è quella delle
riforme, per cambiare in meglio questo Paese, senza lasciare altro pericoloso
spazio ad astensionismo e antipolitica».
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