Legambiente:
“Impianti sportivi sicuri o speculazioni edilizie?
Urgente
modificare la legge in discussione alla Camera”
Si parla di
impianti sportivi ma con annessi "complessi multifunzionali" tali da comprendere
"ogni altro insediamento edilizio" anche in aree non contigue, con "attività
residenziali, direzionali, turistico-ricettive e commerciali", in compenso non
si accenna minimamente al tema dell’accessibilità alla zona, che anche il
semplice buon senso vorrebbe fosse ben servita da mezzi pubblici e tale da poter
sopportare gli intensi flussi di traffico durante le competizioni sportive e
addirittura, non esclude esplicitamente alcuna area o ambito sottoposto a
vincoli archeologici, paesaggistici, idrogeologici,
ambientali.
Più che attenta alle necessità dello sport e
dei tifosi, il Disegno di Legge recante "Disposizioni per favorire la
costruzione e la ristrutturazione di impianti sportivi anche a sostegno della
candidatura dell'Italia a manifestazioni sportive ri rilievo europeo o
internazionale" in via di approvazione alla Camera, rischia di diventare il cavallo di Troia per stravolgere i sistemi
di pianificazione e vincoli urbanistici e realizzare nuove, enormi colate di
cemento per realizzare abitazioni e centri commerciali.
“Chiediamo di fermare subito questo disegno
di legge che rappresenta una vera e propria minaccia per un Paese già
gravato pesantemente dal fenomeno del consumo di suolo – ha dichiarato il
presidente nazionale di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza –, per riformularne drasticamente il testo,
affinché possa diventare veramente utile per la realizzazione di impianti
sportivi più moderni e più sicuri, cancellando la confusione del tutto impropria
tra impianti sportivi e grandi complessi residenziali presente nel testo
attuale”.
“L'obiettivo di migliorare la qualità,
l'efficienza, gli standard di sicurezza degli stadi italiani è certamente
condivisibile – ha continuato Cogliati Dezza -. A preoccuparci fortemente è
invece il contenuto specifico del disegno di legge, che con tale obiettivo
sembra avere pochissimo a che fare, perché gli stadi attraverso le procedure
previste dal provvedimento diventerebbero la scusa per nuove e selvagge
urbanizzazioni”.
Il Disegno di legge, infatti, individua una procedura speciale semplificata di approvazione dei progetti che prescinde da manifestazioni sportive imminenti, e che diventerebbe l'iter ordinario e permanente per ogni intervento che coinvolga impianti sportivi con capienza di "almeno 7500 posti a sedere allo scoperto o di 4000 al coperto; questa procedura riguarderebbe anche "complessi multifunzionali" ad essi collegati e arrivare a comprendere "ogni altro insediamento edilizio" anche in aree non contigue, con "attività residenziali, direzionali, turistico-ricettive e commerciali"; l'individuazione delle aree per la realizzazione di nuovi impianti sportivi o di nuovi complessi multifunzionali andrà poi supportata da uno studio di fattibilità, ma non esclude esplicitamente alcuna area o ambito sottoposto a vincoli archeologici, paesaggistici, idrogeologici, ambientali. Nel disegno di legge inoltre, non è contemplato alcun criterio per valutare la dimensione degli interventi previsti. Se poi sono i Comuni a valutare "ogni altro insediamento edilizio ritenuto necessario ed inscindibile ai fini del complessivo equilibrio economico e finanziario della costruzione e gestione del complesso multifunzionale medesimo", si potrebbe arrivare a costruire una nuova città in una zona per tenere in equilibrio "economico e finanziario" la costruzione di uno stadio in un altra zona urbana.
“Realizzare nuovi stadi, sicuri e comodi per i tifosi, è evidentemente possibile – ha concluso Cogliati Dezza -, lo dimostra l’esempio dello Juventus Stadium realizzato a Torino, come l’accordo stretto a Firenze tra il Comune e la Fiorentina per realizzare il nuovo stadio in un’area dismessa, ma anche le scelte intraprese dal Comune di Napoli e concordate con il Napoli Calcio. Non servono quindi, procedure semplificate che aggirino vincoli e regole urbanistiche, o peggio che stravolgano il piano urbanistico delle città, ma solo regole certe e obiettivi condivisi”.
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