venerdì 29 febbraio 2008

la più grande sfida dell'economia

Secondo voi, a occhio e croce, che cosa può rispondere un brillante economista come l'irlandese Philip Lane, alla domanda "Qual è la sfida più grande dell'economia per i prossimi dieci anni?". provate a dire...La risposta non è la Cina, l'India, i robot, l'immobiliare sulla Luna, le nanotecnologie, no. È: "I cambiamenti climatici". Lo si legge su Style, mensile del Corriere della Sera, p. 88, in edicola oggi. Siamo avidi di letture inutili, come Debussy, ma alla fine, gratta gratta, si rivelano utili anch'esse.

Un paese si squaglia in Alaska: partita la causa

È partita negli Stati Uniti la prima causa legale per global warming, avviata dai 390 abitanti Inuit della cittadina di Kivalina in Alaska. Il paesino sta scivolando in mare a causa dello scioglimento dei ghiacci. I legali del villaggio hanno chiamato in causa quattro compagnie petrolifere, tra cui Exxon, Bp e Shell, e quattordici compagnie elettriche che provocano milioni di tonnellate di gas serra, responsabili del surriscaldamento globale. Chiesta per il risarcimento una cifra simbolica: 400 mila dollari.

Domani potrebbe essere la volta di altre aziende inquinanti, per esempio quelle che fabbricano Suv. Intanto cominciate voi: se dovete comprare un automobile, non compratela da aziende che producono mostri.

giovedì 28 febbraio 2008

Ripararsi la bici 10. I raggi 2

Esistono vari tipi di raggi, a spessore variabile, piatti, ecc., ma qui ci interessa solo il raggio base, che è d’acciaio, spessore 2 mm e di lunghezza variabile, dai 250 ai 302 mm. I raggi scalano di 2 mm, quindi esistono da 250, 252, 254, ecc. Se rompete un raggio, per sostituirlo, prima di tutto misuratene uno intero, smontandolo dalla ruota con tiraraggi. Misurate il raggio dal centro della testa alla fine dell’altro capo.

mercoledì 27 febbraio 2008

Ripararsi la bici 9. I raggi 1

Dei problemi derivanti da nipples scadenti si è detto. Non ho specificato a cosa servono: tengono i raggi in tensione. I raggi sostengono il mozzo. Poche idee ma chiare. I raggi tendono ad allentarsi, specie se si viaggia su terreni accidentati e se si possiede un discreto peso corporeo. I raggi si avvitano con uno strumento specifico che si chiama ‘tiraraggi’ e che contempla varie misure di nipples. Si deve, di tanto in tanto, controllare se ci sono raggi lenti e stringerli. I raggi lenti non possono comunque bucare la camera d’aria, perché ci sono i nipples. Se qualche raggio è lento, la ruota perde efficienza, ma funziona lo stesso; se sono lenti molti raggi alla fine la ruota si piega. Come si dice a Roma?, daje e daje. I raggi si possono spezzare. Quelli spezzati si possono cambiare, svitando i nipples. Spezzandosi, a volte, i raggi della ruota posteriore possono frustare la catena e romperla. Questo succede spesso con mozzi pressofusi e pesi corporei abbondanti. Sostituire un raggio: ce nel vuole uno della misura giusta: complimenti, siete arrivati nel mondo dei raggi.

martedì 26 febbraio 2008

Ripararsi la bici 8. La maledizione del cerchione perforante

Prima di allontanarci dai cerchi, dalle camere d’aria e dai copertoni, per parlare dei raggi, vorrei sottoporre alla vostra attenzione un altro problema di foratura, che deriva da misteriosi fenomeni, al limite del paranormale, che non sono ancora riuscito completamente a debellare. I nipples sono a posto, il copertone non ha conficcata alcuna punta, il flap è a posto. Si mette la camera nuova, si gonfia a dovere, si parte fiduciosi e dopo qualche Km il copertone comincia a sgonfiarsi. Dopo aver interpellato inutilmente uno sciamano siberiano, procediamo al controllo scientifico del cerchione, perlustrandolo con le dita. Nulla di significativo, forse qualche lieve intaccatura dell’alluminio. Sarà questa la causa? Il mistero continua.

lunedì 25 febbraio 2008

La mappa dei percorsi ciclabili di Roma 1

Due domeniche fa, il 16 febbraio, il Comune di Roma ha distribuito gratuitamente all’Auditorium- Parco della Musica le nuove mappe dei percorsi ciclopedonali romani. Un lavoro meritorio, non c’è che dire. Molti ciclisti romani sono passato al Flaminio a prendersi la loro brava mappa: i più assidui saranno stati già al corrente di diversi itinerari, ma in questo modo l’informazione è completa e costituisce anche un’occasione per fare il punto sulla ciclabilità a Roma. In una città attanagliata dallo smog e dall’imbecillità nell’uso e abuso dell’automobile, il fatto acquista anche un valore simbolico. La mappa presenta su un lato tutte le ciclabili di Roma e dintorni, e sull’altro, più in dettaglio, le ciclabili della città. Una pecca: mancano le scale di riferimento, per cui è difficile rendersi conto delle distanze chilometriche, che sono indicate solo per il complesso dei singoli percorsi, ma ciò non è sufficiente; viceversa, l’elencazione dei percorsi stradali (in rosso) e nel verde (in blu) e la loro difficoltà mi sembrano accurati.

Sabato scorso decido di provare uno dei percorsi, il n. 1 nel verde, che attraversa la riserva naturale di Monte Mario, giustamente indicato dalla mappa come “molto impegnativo” a causa dei suoi dislivelli. Si tratta del mio quartiere, conosco bene le sue salite, non ci sono responsabili, la colpa è dei fenomeni geologici: fatto sta che Monte Mario – denso di memorie di Liszt, Gadda e Parise, denso di antenne e, ovviamente, in piena regola con il livello medio comunale di stronzaggine automobilistica – è una fatica. Uno dei punti di partenza del percorso è situato, secondo la pianta regalatami dal Comune di Roma, su via della Camilluccia, come si può vedere chiaramente nell’immagine.



Parto con le migliori intenzioni alla volta del punto indicato dalla mappa, sebbene ci sia un vago ricordo che mi insinua qualche dubbio sulla partenza dell’itinerario nel verde n. 1. Giunto nel punto indicato, vedo quello che potete vedere nell’immagine seguente.



Non v’è traccia di piste nel verde, ma un bel reticolato; per favore, non provate a saltare dentro al poster con tutta la bicicletta, tipo sigla del Braccobaldo show. Mi sposto a destra e manca, ipotizzando qualche approssimazione nella mappatura, ma l’accesso al parco di Monte Mario non c’è neanche lì. Forse la mappa ha anticipato lavori ancora da compiere o ha trasmesso una speranza per il futuro. Decido di entrare, più in basso, da uno degli accessi di via Edmondo De Amicis, via nota popolarmente con il nome di “K2”. L’entrata stavolta c’è e il percorso può avere inizio; è molto bello, vero che è difficile, la vista toglie il fiato (come del resto la salita) anche a coloro che hanno ammirato Roma dal Gianicolo e dallo Zodiaco (lo dico per chi non è di Roma: si tratta di un punto panoramico, situato sempre a Monte Mario, dove c’è l’osservatorio, beh, se non sapete dov’è l’osservatorio, forse è il momento di consultare una guida). In mezzo alla natura selvaggia del parco scopro alcune forme di civiltà: qualcuno ha addestrato dei cavalli e si è anche edificato una casa, sicuramente per stare più vicino ai cavalli.




Esco sulla strada in prossimità di Piazza delle Medaglie d’oro. In sintesi: l’itinerario è interessante, e se non ce la si fa, si può scendere dalla bici e spingerla, non siamo alle Olimpiadi. Ritornando verso casa, non posso non notare il capolavoro di parcheggio di un Suv, capolavoro che merita di essere immortalato – per oggi senza targa – onde ricordare a tutti che il Suv non solo inquina come un camion ed pericoloso per la comunità, ma induce, con la sua stazza, comportamenti irresponsabili dei conducenti anche nel parcheggio: questo lo ha fermato sulla curva in un modo assurdo – “un attimino, torno subito, prendo un’aspirina e me ne vado, tanto via Igea è larga” –, con grave rischio per l’incolumità di tutti.





Non mi resta che sperare che un giorno qualcuno incastri le aziende produttrici di Suv – così com’è stato fatto per le multinazionali del tabacco – con processi e risarcimenti miliardari. State attenti, non è un’ipotesi tanto peregrina.

venerdì 22 febbraio 2008

Ripararsi la bici 7. Forature interne

Ci sono in commercio nastri di kevlar da stendere sul copertone che, si dice, prevengono le forature. Altri suggeriscono di tagliare una strisciolina di vecchio copertone per lo stesso scopo. Esistono anche copertoni sedicenti “anti-puncture”. Ma, come dicono i cicloriparatori più accorti, se becchi un chiodo buchi, non c’è rimedio. Nelle ruote economiche i nippli (o nipples) di ferro - quelli più economici - si possono arrugginire, anzi si arrugginiscono volentieri; in questo modo si deformano, fanno delle punte, e bucano la camera, attraversando il flap, che è un anello di gomma o plastica che tiene separati i nippli dalla camera d’aria e che va sempre messo, e anche controllato, quando si cambia la camera. Un nipple appuntito è causa di forature seriali e garanzia di problemi turpiloquio. Quindi vanno controllati, al limite limati, meglio ancora cambiati. Il nipple di ferro è da evitare: è una delle parti che compongono la "bici dello scemo", che vedremo in dettaglio nella prossima puntata. Non cambiate canale, restate con noi.

giovedì 21 febbraio 2008

Ripararsi la bici 6. Camera d’aria e valvola/2

Se non si è acquisita una certa abilità nel cambio di una camera d’aria, facendo molte prove a casa, questa abilità non ci verrà in aiuto nel momento più difficile. Capisco lo stato di prostrazione che attanaglia chi fora durante una passeggiata, sotto lo sguardo a volte beffardo degli automobilisti a 80 all’ora, alla guida dei loro mezzi corazzati. Capisco anche l’abbattimento di una doppia foratura e la passeggiata chilometrica obbligatoria, sempre davanti allo sguardo ironico dei conduttori di veicoli motorizzati. A forza di cambiare camere d’aria, diventa tutto più facile: ci vuole soltanto un po’ di calma e di tempo. Senza questi due ingredienti, paradossalmente si impiega più tempo. La nostra calma deve abbracciare il tempo necessario: con stoica serenità cambieremo la camera d’aria e rigonfieremo la ruota, stando attenti che la camera non esca dal copertone; pertanto, gonfieremo in due fasi, fermandoci a metà per effettuare un controllo della ruota. A volte qualcuno ti guarda perché vorrebbe imparare, e anche la battutina lanciata al ciclista può nascondere imbarazzo per questi utenti della strada non allineati, non allineati soprattutto nelle code ai semafori.

lunedì 18 febbraio 2008

Ciclabile riparata?






Nei giorni scorsi sono stati effettuati alcuni tentativi di riparazione sulla ciclabile, nel tratto Ponte Milvio-Castel Giubileo. I lavori si sono interrotti: voglio sperare che ci si sia resi conto dell'inadeguatezza delle riparazioni. C'è un dislivello dovuto allo smottamento di mezza pista (può presentare problemi seri per i pattinatori e le bici da corsa), che non sembra essere stato preso in considerazione. Il cemento utilizzato si sta già sgretolando, come si vede nell'immagine sottostante.



Ripararsi la bici 5. Camera d’aria e valvola/1

Cominciamo dalle ruote. La parte più delicata della ruota è la camera d’aria. La camera d’aria ha una durata limitata. Se lasciate per tre anni la bici in cantina (luogo in cui, in Italia, giace una percentuale impressionante di due ruote) e poi la ritirate fuori, è probabile che la camera d’aria, anche la migliore, prima o poi ceda. Si è screpolata e ha ceduto sotto il vostro culo, per quanto esso sia leggero.

Per evitare problemi bisogna sempre girare con una camera d’aria di riserva; se sta per cedere, cederà, e voi ne metterete una nuova. Da sola la camera d’aria non serve a niente; serve anche una pompa, 3 levagomme, eventuale chiave inglese da 13, 14 o 15per svitare il dado che assicura la ruota al telaio (se non ci sono gli sganci rapidi). Per cambiarla avrete bisogno di 3 levagomme, che sono delle stecchette di plastica. Evitate quelli troppo sottili, perché si spezzano facilmente. Ancora si trovano i levagomme in metallo, più solidi, ma per questo motivo sfondano facilmente la camera; per favore, non usate il cacciavite piatto per fare questo lavoro, come ho fatto io da piccolo, perché buca la camera d’aria che è una meraviglia.

Si fa leva sul copertone con i levagomme, bloccandoli sui raggi per tenerli in tiro. Ci sono copertoni più o meno facili da montare e smontare; alcuni si possono addirittura mettere con le mani; altri inducono facilmente a evocare parti del corpo e divinità. In caso di foratura il copertone va tolto completamente, anche se per cambiare la camera basterebbe sfilarlo solo da un lato: il motivo è che il copertone va perlustrato con le mani integralmente alla ricerca di eventuali schegge, vetri, chiodi, spine, ecc. che ribucherebbero anche la camera nuova. Non buttate la vecchia camera d'aria: potete ripararla a casa, altrimenti può diventare un elastico per portapacchi. Date alla nuova camera d’aria due-tre pompate, inserite la valvola nel cerchione e poi il resto della camera, con calma. La valvola è un punto più delicato di quanto si possa pensare. Ce ne sono di vari tipi: 1) Presta o francese o Sclaverand (usata nelle bici da corsa); 2) Schrader o Auto (è identica a quella usata nelle ruote di mototopo e autogatto; 3) Dunlop (la valvola vecchio tipo col tappino); 4) Regina (variante dell’omonima marca). Le Schrader sono più larghe e richiedono cerchioni col buco largo; viceversa, le Presta si adattano a tutti i cerchi. A volte può capitare che la valvola sia bloccata e non faccia entrate l’aria, o non la trattenga e la faccia uscire. Mettete una goccia d’olio nella valvola. Comunque è bene controllare a casa se una camera d’aria di riserva funziona a dovere: gonfiatela per prova e lasciatela lì per una notte. Non è un rituale scaramantico, ma serve a verificare che non ci siano perdite. Quando mettete la camera d’aria nuova, state attenti a non pizzicarla con il levagomme. Per questo, forse è bene portarsi appresso due camere d’aria. Se le bucate tutte e due, prendete l’autobus e ripassate la lezione a casa.

venerdì 15 febbraio 2008

Far West

L’incidente di Milano, gravissimo nei risultati, ha avuto una dinamica ordinaria, purtroppo: nessuno ormai si ferma sulle strisce pedonali per far passare la gente. Si suona e si passa avanti. A Roma solo i vecchietti rispettano i limiti di velocità. Il ciclista è assimilato al pedone, quasi non esiste. A Roma, basta fare un paio di chilometri e si cominciano a contare le carcasse di motorini e scooteroni. I pali sono pieni di fiori e di sciarpe di squadre calcistiche. Non riesco a capire quanti morti ci sono a Roma a causa del traffico, qualcuno conosce i dati? Io no. Non ho mai visto un autovelox in città. Vige una totale impunità. Manderei un funzionario dell’Unione Europea a farsi una passeggiata una domenica davanti alla Stadio Olimpico, dove migliaia di auto vengono parcheggiate in seconda e terza fila, con pericolo estremo per la circolazione, davanti a decine di vigili urbani che non capisco cosa ci stiano a fare, e a parcheggiatori abusivi. È tutto illegale, ma non gliene frega niente a nessuno.

Ripararsi la bici 4

Un altro necessario ingrediente – oltre agli attrezzi, l’olio, il buonsenso economico, l’attenzione rilassata – è la calma. Senza calma si rischia di impiegare il doppio del tempo a fare una riparazione. Oppure, per esempio, se ci si trova per strada e si fora, si rischia di pizzicare la camera d’aria nuova e di farsi una lunghissima passeggiata. La calma non va pensata in maniera sofisticata: è come un attrezzo. Respiro profondamente e prendo la calma e una pinza. La calma è quella dote che ti permette di capire se una chiave a brugola è spanata, testandola prima con mano leggera, invece di partire in quarta. La calma è quella caratteristica che ti permettere di scegliere l’attrezzo giusto, pensando a cosa fare prima di farlo, non dopo. La calma è quella dote che ti permette di leggere questi post senza spazientirti, anche se potrebbero avere cose migliori da fare, questo è fuori discussione.

giovedì 14 febbraio 2008

Riparare la bici 3

Mentre riparate la bici, tenete presente che stiamo tornando nel Medioevo. Se volte capire la politica, la religione, gli usi e costumi, le relazioni di forza che ci circondano, studiate la storia, anche quella remota. Lasciate perdere i tecnicismi e concentratevi sulla sostanza delle cose. Lo stesso accade con la bici. Ripararsi una bici, scegliere i pezzi giusti non vuol dire prostrarsi davanti a un telaio di titanio o spendere 45 neuri per acquistare un reggi-borraccia in fibra di carbonio. Le cose essenziali, assicurate da una meccanica semplice ma sicura di sé, sono alla base di una gestione autonoma della propria bici. Bruno Munari (cito a memoria) ha scritto che una bici da corsa d’acciaio è bella perché essenziale; o, se volete, l’essenzialità è bellezza. Lo stesso accade per la comprensione della politica contemporanea: se volte capire il nostro tempo dovete pensarlo come un campo di forze, lasciando da parte l’apparenza. Anche la bici è un campo di forze, non limitate alle sue componenti. A fare la differenza c’è un fattore essenziale: il fattore umano. Dice un favoloso barbiere-cicloamatore, mio conoscente, dopo un breve discorso sull’elasticità dei telai: «Il telaio sei tu». È il corpo del ciclista che si flette e si contrae a costituire il motore, e persino il telaio del mezzo. Anche per questo, aggiunge il valente barbiere-ciclista, non bisogna avere paura. Una frase che va interpretata: «La paura è pericolosa». Se da una lato la paura ti addestra a tenere gli occhi e le orecchie aperte, c’è un altro tipo di paura che è dannosa: è la paura del mezzo, la stessa, per esempio, che si prova quando si sale per la prima volta su una bici da corsa e si sperimenta una nuova posizione di guida, la stessa, di cui tutti ci ricordiamo, di quando apprendemmo ad andare in bici senza rotelle. Si tende a irrigidire le spalle, non ci si abbandona, e questo può risultare pericoloso. Anche quando si cade, se ci si irrigidisce nella caduta si rischia di farsi male, più male, voglio dire. È l’ulteriore, necessaria premessa all’autoriparazione della bici. Occhi aperti, quindi, sulla strada e sul nuovo Medioevo, nel quale rischiamo di diventare ancora più schiavi di quanto non siamo attualmente.

mercoledì 13 febbraio 2008

Riparare la bici 2

Altra premessa va fatta sui pezzi che compongono la bici. Per quanto appassionato di riuso e riparazione, devo sottolineare che ci sono pezzi che è giusto recuperare, a cominciare dai telai, e pezzi che è bene non recuperare o perlomeno bisogna vagliare attentamente prima di farlo. Se è chiaro a tutti che un copertone ha una vita limitata, anche la catena, le corone e il pacco pignoni hanno una vita limitata, lunga ma limitata. In certi casi, poi, il prezzo dei ricambi nuovi è talmente irrisorio che il gioco non vale la candela. Riciclare i cavi dei freni è abbastanza pericoloso. Se riuscite ad accumulate tanti vecchi cavi per un peso di 20-40 Kg, potete rivenderli allo sfascio (scherzo). Non avete idea di quanto fragile possa essere il bullone forato che trattiene il cavo dei freni nei vecchi modelli! E come si possa rompere un bullone usurato che assicura la sella al cannotto (o piantone): solo per elencare due casi accadutimi di recente. Quindi fate attenzione. A tutto questo bisogna accompagnare la nostra valutazione sull’uso che si farà della bici, in particolare se si devono affrontare pendenze e curve, che richiedono un surplus di sicurezza. Ci sono pezzi economici che prima o poi daranno problemi. Per esempio, i mozzi non formati da un blocco unico, possono torcersi, specie il posteriore, rompendo i raggi, che “frustano” la catena, spezzandola.

martedì 12 febbraio 2008

Il Governo ti chiama!

Partecipa anche tu al programma di semplificazione della burocrazia!

Il Governo chiama i cittadini italiani a partecipare alla consultazione pubblica, che «intende raccogliere idee e proposte per semplificare nate dall'esperienza quotidiana e dai problemi vissuti dai cittadini e dalle imprese». Armato delle migliori intenzioni, vado al sito web: http://www.governo.it/questionario_2008/index.asp, dove si trova l’introduzione al questionario, in cui ciascuno può esprimere le proprie idee sulla semplificazione. Il sito recita: «LE TUE IDEE PER SEMPLIFICARE: consultazione pubblica on line». Ma è fantastico. Clicco ed entro nel questionario. Una valanga di domande sulla mia persona, senza che sia possibile capire in che modo possiamo contribuire a semplificare la burocrazia. Se non vedo le domande, come faccio a sapere se posso avere qualche idea utile? Scrivo allora un email all’indirizzo unitasemplificazione@governo.it che riporto testualmente:

«Gentili resposabili del sito,

invoco la trasparenza per il questionario a cui si chiede di collaborare. Volevo dare un'occhiata al questionario per vedere se potevo contribuire in qualche modo, ma ho notato che bisognava immettere subito i propri dati personali. Non sarebbe meglio potervi dare un'occhiata prima, per capire se ciascuno può dare un contributo? Grazie dell'attenzione.

Cordiali saluti, LC»

L’email torna indietro: “Address rejected”.

Riparare la bici 1

Le mediocri capacità meccaniche che ho acquisito sono il frutto della disponibilità a sbagliare. Meglio cominciare montando e smontando pezzi di bassa qualità (della qualità prima o poi torneremo a parlare). Ci vogliono ore di lavoro, gli attrezzi giusti e molto buon senso per evitare di combinare guai seri e rischiare di farsi male. I due principi basilari della meccanica mi sono stati illustrati in due momenti diversi da due persone che considero dei veri e propri artisti del lavoro manuale. Giovanni mi ha detto una volta: «L'attrezzo fa il lavoro», una frase quasi zen, che ha risolto vari problemi. Ho speso soldi a comprare altri attrezzi, e continuo a comprarli; e ancora ripenso con affanno a tutte quelle volte in cui volevo tagliare i vecchi cavi dei freni con le pinze o le tenaglie, o svitare i dadi con i pappagalli cinesi di terza qualità, o cercavo di tagliare dritto un tubo con la sega a ferro invece che con il tagliatubi, svitavo le viti con i cacciaviti troppo piccoli, spanandole, insomma a tutte le cazzate accumulate nel nome del "si può fare anche così". Il secondo principio mi è stato esposto da Mariano con molta semplicità: «L'olio è mezzo meccanico». Era la risposta giusta a quando, in una sera d'inverno, ho seminato i pezzi del deragliatore posteriore della bici da corsa su via di Grottarossa; deragliatore da troppo tempo non oliato (e non pulito).

lunedì 11 febbraio 2008

Rifiuti elettronici

Nel 2007 (dati UE) i Paesi dell'Unione Europea hanno prodotto oltre 5 milioni di tonnellate di spazzatura elettronica da Pc, elettrodomestici, telefonici, ecc.

giovedì 7 febbraio 2008

Avanti, la noia!

Prendendo spunto da una iniziativa partita oggi, a cura di uno dei due maggiori quotidiani nazionali, vorrei invitare i tre lettori di questo blog a partecipare con un loro contributo al tema del risparmio energetico, un tema sul quale i pubblicitari delle grandi aziende elettriche, petrolifere e autogatto- mototopo-listiche si sono buttati a capofitto: una cosa sentita profondamente, che richiede risposte da parte dei lettori, che con la loro presenza mediatica assicurano a queste iniziative un artificiale senso di partecipazione democratica. Lo scopo, si dice, è «impegnarsi in piccoli gesti per ridurre l’emissione del CO2 e salvare il pianeta». Partecipate tutti al dibattito, ma non saprei dirvi dove: qui nessun eco-premio, ma neanche nessuna eco-balla. Comunque, avanti! Avanti con i motori bio [sic] da 3500 cc., avanti con i vostri resoconti di vita: «Avanti, la noia!».

mercoledì 6 febbraio 2008

Contro i sampietrini a via Nazionale

Si preannuncia una raccolta di firme e lettere al Capo dello stato per fermare il rifacimento del manto stradale su via Nazionale, previsto per marzo. Alcune associazioni, anche ecologiste, preferirebbero tenere i sampietrini, che però sono scivolosi, al passaggio dei mezzi generano vibrazioni simili a quelle sismiche, pericolose per gli edifici; e, soprattutto, sono ciclisticamente molto scomode. Pertanto, ben venga la rimozione. L'unico aspetto positivo è che limitano la velocità e la stronzaggine a scoppio, quasi dei dossi naturali, molto utili in un rettilineo di quella entità, nella mancanza cronica di controlli sulla velocità in città. Problemi di lana caprina, comunque, per la nostra Gotham City Caput mundi, perennemente sommersa dallo smog e dal traffico.

Boicottate, gente, boicottate

Recessione, inflazione, stagflazione, stagnazione, e ribellione. Il prezzo della benza ormai è completamente svincolato dalle oscillazioni del barile. Nelle strade leggiamo prezzi assurdi e impazziti, per alimentare l’oggetto sacro per eccellenza della nostra sanissima civiltà. Persino Mister Prezzi, il Garante per la sorveglianza sui prezzi, Antonio Lirosi, invita i cittadini a ribellarsi. La pensiamo allo stesso modo, solo che io non sono Mister Prezzi. È opportuno attrezzarsi sul lungo termine, operando scelte oculate dinnanzi ai prezzi sempre più impazziti. Il boicottaggio più ampio possibile degli acquisti è l’unico sistema. Alcolici, tabacco: inutili e dannosi; mobili: ti tieni quelli vecchi; trasporti: vai in bici o resti a casa; ristorazione: ne fai a meno; abbigliamento: usato. E così via: non si risolve il problema, ma in qualche modo lo si pone in termini democratici. Così forse qualche associazione di categoria inizierà a prendere in considerazione l’ipotesi di un maggior controllo sui propri iscritti. Ci rimane la nota dolente di gas, luce e acqua, l’affitto, il condominio. Per quest’ultimo, con il fai-da-te si possono evitare molti sprechi e i conti salati di coloro i quali, sapendo che la spesa verrà distribuita tra più condomini, pretendono cifre folli per lavori irrisori.

martedì 5 febbraio 2008

Sheldon Brown (1944–2008)


ciclista, meccanico, artista

«We learned a lot from Sheldon, we will not forget him»

Causas y azares

Ci sono mattine in cui il ciclista urbano – penso a un esempio a caso –, colto dal desiderio irrefrenabile e ancestrale di pedalare, scommette contro le previsioni del tempo, e magari anche contro quelle della propria moglie. «Oggi tempesta, cicloni, acquazzoni su tutto il Centro Italia, anzi su tutta l’Europa meridionale e il Mediterraneo; sulle coste si abbattono mareggiate alla John Conrad per capitani coraggiosi. Statevene a casa, chiudetevi nell'armadio». A dare retta a tutto quello che si cerca di prevedere non ci si muoverebbe più. Ancora peggiori sono le formule, sul tipo “nuvolosità variabile” o “poco nuvoloso”, ecc., che suona un po’ come la scritta dei tabelloni romani: “qualità dell’aria – accettabile”.
Decido quindi ostinatamente, come un onagro a ruote, di prendere la strada.
È vero, stamattina sui miei 20 Km di percorso ha piovuto, e mi sono prodotto pure in uno spettacolare scivolone sulla ciclabile, rimanendo illeso, come se la scivolata avesse attutito l’impatto. Però sull’altro versante, quello della circolazione “normale”, le cose andavano peggio: le strade erano intasate di mezzi e, come sempre, Ponte Milvio era allagato da paludi di acqua piovana. Ma ora il sole splende sulla mia bici infangata legata al palo e sulle scarpe da ginnastica inzuppate. Nel pomeriggio chissà cosa succederà, ma io devo solo tornare a casa.
Piccola addenda ai due precedenti post sull’ “Andare a scuola/al lavoro in bici”: sarebbe bene tenere un paio di scarpe nel cassetto sul luogo di lavoro, incellofanate, nuove o comunque deodorate, tipo “rompere in caso di emergenza”. Ho un paio di "cinesi" in una busta: servono, eccome. Ma tenetele nascoste, per carità, se non volete sentire le lamentele dei colleghi (a colazione da Tiffany).