Ieri, cioè domenica 25 marzo, si è svolta la tipica iniziativa di primavera "Pedaliamo da soli in campagna serenamente con e per una pagnottella (quindi ci vai pari, alla fine)", organizzata dall'Associazione Rotazioni. In treno si è raggiunto Viterbo da Roma, per poi pedalare fino alla splendida Civita di Bagnoregio. La chiamano la "città che muore", ma c'è più movimento che a via del Corso a Roma. I bellissimi scenari, ecc. ecc. La strada mi piace. Questa foto, in un mondo meno iniquo, mi sarebbe stata pagata.
Chiaramente la foto compendia la situazione mondiale. C'è il barile di petrolio, che è in rosso, mentre l'uomo riscopre la vita di campagna. Sulla destra, l'albero secco della finanza creativa è un monito per il pianeta. Ma i fiori emergono dalla terra, con la loro carica di ribellione.
La Tuscia Viterbese, ecc. il tufo, i fiori, gli ulivi, ecc. Fino alla meta ambita.
Al ritorno, la selezionata comitiva decide di impegnarsi in un viaggio all bike fino a Roma, anche se la bici pesa un sacco. Ma è fermata da un temporale proditorio (in realtà liberatore) in quel di Cura di Vetralla dove, nonostante la crisi e lo sfascio del trasporto pubblico locale (TPL), per fortuna è ancora operativa una stazione ferroviaria.
Significativa la mole dei "ritrovamenti" che, rompendo il nostro tradizionale riserbo in questo settore, decidiamo qui di mostrare.
Io dico, a parte le penne e il tagliaunghie che fanno comodo, ma come cazzo fanno i mezzi motorizzati a proseguire la loro folle corsa dopo aver perso tutte queste viti e dadi?
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