sabato 8 ottobre 2011

Le ragioni di un simbolo

Chi segue questo blog avrà notato i minimi cambiamenti nella grafica volutamente semplice che lo contraddistingue. Sto parlando del nuovo simbolo, che ho messo ancche sul mio profilo Facebook, che covava già da un po' con disegnini vari. Ho giocherellato un po' con un programma e mi sa che è un po' asmmetrico, ma siccome la simmetria perfetta in Natura non esiste, direi che è venuto bene. Unisce un pignone di bicicletta e il simbolo storico del pacifismo, risalente alla stagione indimenticata degli anni Sessanta del secolo scorso. Un'epoca ineguagliata in campo creativo e politico, oggi molto dimenticata o, peggio ancora, riesumata quando e come fa comodo, anche per scopi commerciali o comunque per scoprire l'acqua calda.
Sarà pure un'idea banale, questa accoppiata, ma non l'ho mai trovata in giro. A me è venuta molto spontanea, può darsi che sia venuta in mente anche a qualcun altro. La bicicletta e i valori di pace, amore universale, amore fisico (almeno per chi può), unità e divertimento, come cantano James Brown e Africa Bambaata qui, mettetela che ci sta bene mentre leggete), sono destinati ad andare insieme. Con grande naturalezza, anche se non automaticamente, l'oggetto straordinario chiamato bicicletta e i valori storici del flower power, dell'attivismo nonviolento, dell'ambientalismo convergono, a partire dal nostro gesto quotidiano di uscire per strada in bici oggi in Italia, in particolare in una metropoli, affrontando pericoli militari - una guerriglia a bassa intensità che ogni giorno fa morti e feriti (e come in guerra si diventa fatalisti, si spera di arrivare a casa sani e salvi, ed è difficile sapere esattamente il bilancio delle vittime, ieri altro incidente grave a Monte Mario) - intossicandosi i polmoni, incazzandosi (sempre meno), rilassandosi, ingegnandosi, senza riuscire a far meno, con qualsiasi condizione meteorologica, all'esperienza unica di scivolare sull'asfalto grazie alle proprie gambe. 
Il simbolo della pace è nato nel 1958 per la campagna a favore del disarmo nucleare di Gerald Holtom; è un simbolo potente, che non indica passività, ma semmai, come diceva Aldo Capitini, l'azione nonviolenta, che richiede più coraggio di quella violenta.  Il pignone, lo sapete tutti, è adottato universalmente da diversi anni come uno dei simboli inequivocabili della bicicletta, anche se i pignoni si usano ovunque in meccanica.
Andare in bici, per me, oggi, è una forma di azione diretta nonviolenta, che deve fronteggiare forme di crescente nevrosi sociale, le cui cause risiedono nell'eccessiva sedentarietà, nella cattiva alimentazione, nello smodato uso dei mezzi privati a motore (un flagello quotidiano per tutti, che genera traffico, frustrazione, smog e miete vittime), nell'aumento dei prezzi provocato dalle speculazioni finanziarie e, in buona parte, dall'inseguimento di spazzatura mediatica di vario genere. Non a caso la grancassa del potere è zeppa di automobili. Infatti guardate come siamo finiti.
Ho sempre pensato che l'anarchia sia adatta alle persone intelligenti, mentre per i deficienti c'è la dittatura. Infatti, ancora, guardate come siamo finiti.
Nel mezzo, ci sarebbe da trovare una forma collettiva di convivenza civile, basata sull'eguaglianza e su una mggiore socializzazione.

Continuo dopo.

13 commenti:

Anonimo ha detto...

W il paciclismo allora!

ciclomax ha detto...

Bello Lu,però ci potevi mettere un undici!!!

Anonimo ha detto...

interessante progetto di mappatura delle piste ciclabili di roma qui

Anonimo ha detto...

e forse anche cominciare a staccarsi da tutte queste vite virtuali che viviamo incollati agli schermi che non ci fannio vedere più niente di quello che ci accade intorno e dentro

Luca ha detto...

Hai detto una cosa sacrosanta. Anche lì volevo arrivare, ma ora mi è passata la voglia di finire il post.

Bikediablo ha detto...

luca se può essere di aiuto ti dico che il problema non è lo schermo. ma cosa ci leggi... sul forum sono arrivate tante persone nuove che vogliono conoscere meglio roma per andare al lavoro in bicicletta. senza internet temo sarebbe stato molto difficile... quindi vediamo il lato positivo...

Anonimo ha detto...

il problema è che la rete che ci aiuta a comunicare con tanta velocità e efficacia spesso ci induce a credere che sia sempre così facile e veloce. ma non lo è, quasi mai e aggiungo, per fortuna. stiamo ore a chattare, mandare email, sms e non ci rendiamo conto che tutto si sclerotizza, si contrae, si semplifica. è normale che sia così, è il mezzo. ma poi però a volte ci accorgiamo, e accorgersene è già molto, che non sappiamo più capire gli altri guardandoli negli occhi, notando le loro espressioni, non sappiamo più parlare. non è colpa della rete, lei fa il suo lavoro. e noi?

Anonimo ha detto...

ma forse questo capita a chi non si sposta in città con i mezzi pubblici e o in bicicletta e magari passa la sua vita attaccato all'i-phone.

ha detto...

Visto che tocchiamo questo tema, a volte la mia impressione è che blog e simili diventano un surrogato di qualcosa che ciascuno potrebbe fare in prima persona. Ovvero: leggo, sono d'accordo e vado per la mia strada, come se avessi fatto qualcosa. Lo ripeto: è una mia impressione.

Bikediablo ha detto...

Luca questo è inevitabile succede pure con i giornali ed i volantini.
qualcuno segnala un problema molti annuiscono da soli o in compagnia, ma poi finisce li.
anzi almeno i blog creano un rapporto colloquiale e di arricchimento reciproco.
Poi tutto dipende dalle persone, volantino o blog se ti interessa il problema ti ci impegni almeno un minimo.

Bikediablo ha detto...

Luca questo è inevitabile succede pure con i giornali ed i volantini.
qualcuno segnala un problema molti annuiscono da soli o in compagnia, ma poi finisce li.
anzi almeno i blog creano un rapporto colloquiale e di arricchimento reciproco.
Poi tutto dipende dalle persone, volantino o blog se ti interessa il problema ti ci impegni almeno un minimo.

ha detto...

Caro Marco, infatti continuo a scrivere post, anche se mi dispiace un po' vedere ciclisti urbani "disimpegnati" che vanno per la loro strada.

Bikediablo ha detto...

dispiace anche a me... ma credo sia la conseguenza di una perdita di etica e da un forte egoismo. il problema non è il mezzo ma la persona. c'e' bella gente in auto e pessimi soggetti in bici... tocca isolare il meglio e farsi aiutare a cercare di recuperare il meno peggio...
marco