Adesso che finalmente ho accesso diretto alla cosiddetta "rete", complice il blog rotazioni, che ringrazio, anche se forse non è la sede più adatta per esercitare la critica d'arte, posso comunicare più agevolmente. Presento così la seconda opera di Archi pervenuta in questi giorni, il Cattura-luce.
Per la prima volta l'opera è finita in una collezione privata. Archi non accetta denaro per le sue opere, preferisce il cibo. E così è andata. Riconosco che la rete ha dei vantaggi concreti per la comunicazione, anche se personalmente, cresciuto nel clima degli anni Sessanta-Settanta, sono più abituato ai tazebao e al ciclostile. Nel mio lungo impegno a fianco dei situazionisti ho maturato però alcune esperienze, che possono in qualche modo manifestarsi anche attraverso il web. Certo, se all'epoca della mia attività poetica e critica avessi avuto a disposizione una cosa del genere, ne avrei approfittato. Non è mai stato facile produrre e distribuire le proprie opere. Adesso il rischio è la dispersione. Quando produssi la mia unica raccolta di poesie, Ben alzato, Generale Giap, dovetti trascorrere lunghe notti a ciclostilare e spillare fascicoli che pochi, alla fine, avrebbero letto. Era il fatidico 1968. Poi abbandonai la poesia, ne avevo nausea, e mi gettai a capofitto nella critica, un passaggio abbastanza consueto che, analizzato a posteriori era soltanto l'illusione di abbandonare l'illusione per una specie di verità più intensa. Uno stralcio in cui cito le bici:
Sul sentiero fangoso/scorrono neri/i Vietcong, sospingono biciclette/pesanti, muti/nell'aria senza luna.
Ora non vorrei debordare, non lo farò più. Ma bisogna pur presentarsi, in qualche modo. Passiamo ad Archi, se lo merita. Mi pare strano che egli si sia applicato a costruire lampade, lui che non ha accesso all'elettricità e a tante altre cose. Una forma d'altruismo, forse. E che si sia impegnato a realizzare oggetti d'uso pratico, a forte rischio di edonismo, comunque la si metta. D'altronde, non mi sorprende che abbia dato forma a un cattura-luce, a cui pensava da tanto tempo. Non come opera d'arte, ma come invenzione rivoluzionaria. Tempo fa, in uno dei nostri pochi incontri, mi confidò il suo sogno di sequestrare in grossi cristalli i raggi del sole e di riaverli nella notte, sotto forma di luce, ma soprattutto di calore. Quanta fantascienza ha masticato quest'uomo! Soprattutto quella più destabilizzante (Adams, Vonnegut, Dick, Lem), ma anche certi sottoprodotti, quali il Sirio 2222 del Balletto di bronzo, I diafanoidi vengono da Marte, studi di archeologia in ottica aliena, e molto altro ancora. Immenso ciarpame, che, almeno il lui, ha disinnescato il sogno illuminista, una strategia imprevista per smascherare il presente e le sue false promesse, un futuro migliore che non arriva mai, specialmente se non inizi a creartelo da solo, a partecipare a quel futuro in prima persona, nel presente.
Grazie dell'attenzione.
Saverio Bragantini
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