«Nel centocinquantesimo anniversario dell'Unità d'Italia, a cinquantacinque anni dalla proclamazione della Repubblica, io, nato nel 1915 a Torino, di famiglia ebrea, sopravvissuto a due guerre mondiali e alle persecuzioni fasciste e naziste, invito voi che siete più giovani a ribellarvi.
Fatelo adesso, subito, prima che sia troppo tardi, con un urlo alto, fragoroso.
Un urlo che faccia sobbalzare chi è al potere, che ridesti la società civile e la classe dirigente, complice del degrado, che sovrasti gli sproloqui e le risse parlamentari di ogni giorno.
Un urlo che scrolli i pavidi, che scuota gli indifferenti, che sorprenda gli ignavi, i dormienti, gli abbioccati di consumismo.
Un urlo forte, vibrante, che infranga le pareti di silenzi imposti e menzogne, che spezzi l'indifferenza di una società ipnotizzata da un un'informazione monopolizzata, salvo rare eccezioni.
Un urlo che faccia tremare i servi sciocchi, gli ipocriti, i disonesti, i saltafossi, i profittatori voltagabbana annidati nei luoghi di comando, che giunga a tutti i giovani, gli "angeli dei tetti", che restituisca loro speranza per il futuro.
Un urlo che ripeta le parole di chi non ha più voce, dei nostri caduti per la libertà, di chi credeva nella democrazia».
da Massimo Ottolenghi, Ribellarsi è giusto, Chiarelettere, Firenze, 2012.
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