mercoledì 7 settembre 2011

Friedrich von Archimboldi, Più niente da dire (2009)

Nel riesumare le opere d'esordio di Archimboldi - lampante pseudonimo provvisorio, erratico, e sappiamo a quanti alter ego ci siamo abituati in questi ultimi anni di mercantilismo selvaggio - si staglia evidente la netta cesura fra queste e le opere "ciclistiche", imperniate sull'"avanzo dell'avanzo", come lo ha definito l'autore. Le opere di ingranaggi, cerchioni, molle e catene sono tutte successive alla fuga nei boschi a bordo di una bmx, con un cane al seguito (piuttosto un cane-guida che sceglie l'itinerario e anche la dimora del tutto provvisoria dei due). Più niente da dire ammette che lui ha scritto, ma in definitiva ha detto molto, sicuramente troppo, comunque non poco, meno che mai è stato zitto. Una cifra piuttosto alta che corrisponde al contenuto in inchiostro di sette penne a sfera bic, che si tengono in piedi con un laccio: posizione innaturale per una penna, almeno di una penna vuota, che non sta quindi scrivendo: sta zitta, ma coralmente (il che aggiunge un tocco beckettiano). Ma quanti accidenti di metri d'inchiostro si scrivono con una penna a sfera? A dire degli esperti di penne bic, che sono pochi, ma agguerritissimi, sette penne a sfera scrivono per parecchi chilometri. Basta vedere cosa dice il sito bicworld:" Per quanto tempo scrive una penna BIC® prima che si esaurisca l'inchiostro? Ogni penna a sfera BIC® può generare tra due e tre chilometri (più di due miglia) di scrittura". Pertanto un totale fra i 14 e i 21 chilometri. Cascate, torrenti, affluenti, fiumi di parole, spesso poi neanche rilette, sennò si rallenterebbe la scrittura. 
Dunque un mare di carta scritta, ma anche la consapevolezza serpeggiante che quelle cannule trasparenti sarebbero perfettamente riutilizzabili e in grado di accogliere un nuovo pennino, altro inchiostro, altri fiumi, ma è evidente che si preferisce gettar plastica e venderne di nuova, con tutto quello che ne consegue. Una strada, quella della materia plastica, che Archimboldi abbandonerà quasi subito a favore del metallo, materiale elettivo almeno a partire dall'epoca del fatto di Valle Rotta. Ricorderete probabilmente quel futile diverbio per alcune verdure prelevate dal Nostro in una fazenda di facinorosi e aggressivi fattori.
Qui non è forse azzardato tirare in ballo come protagonista il tempo, impersonificato dallo scorrimento della sfera sulla carta, a mo' di sismografo emotivo. Una a-cronia a posteriori, capriola della storia, calcioinculo esistenziale, l'artefatto di Archimboldi si manifesta solo dopo che l'evento si è compiuto, ovvero la lunga prassi - del tutto inutile in termini utilitaristici - di compilare quaderni di appunti che poi non vengono mai riletti. Un'attività che Archimboldi ha a lungo coltivato, almeno fino alla sua sparizione dai circuiti ufficiali. 
O forse questo Più niente è soltanto l'instaurarsi di un crudele gioco di rifrazioni, in cui lo spettro del visibile finisce intrappolato in una tonnara di plastica.
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Saverio Bragantini

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