venerdì 30 settembre 2011

Friedrich von Archimboldi, Folding spork (2010)
Oggetto d'uso, certo. Spoon + fork. Una crasi non nuova, per sparambiare una posata nei campeggi o nell'arrampicata estrema. La casistica commerciale è varia (scrutate pure nell'orrido web), ma le soluzioni alla fine sono due: cucchiaio che termina a forchetta oppure da un lato cucchiaio e dall'altra forchetta. Qui Archi s'era probabilmente ingegnato a mettere insieme un utensile - la sua punta d'ossidiana nei valichi raggelanti della Valle del Liri - e avrà sicuramente resistito all'idea di aggiungervi una chiave inglese da 15, molto più allettante di un knife, almeno per il suo velocipede.

Lo spork di Archi si piega, ma pesa una frega, non è certo armamentario superleggero. Nella grotta o nel capanno dove dorme, Archi avrà anche utilizzato l'oggetto in simultanea, tenendo la brodaglia in stanby, mentre azzannava in equilibrio il boccone di verdure lesse, per poi passare alla sostanza liquida, con più calma (si fa per dire). Ma questi sono fatti suoi. Sulla bmx piena di cartone e pacchi vari, con il cane a fianco, vagando per i monti, lo spork avrà trovato ospitalità (almeno lui) in una delle tante tasche della lurida casacca.


Nonostante le insanabili fratture, recentemente il gruppo di lavoro della "nuova critica concretista" ha toccato anche il tema della presunta deriva "utilitarista" di Archimboldi, con posizioni molto distanti, che purtroppo evidenziano una spaccatura insanabile. Una divergenza di opinioni che, del resto, si era già manifestata nel corso della riunione di redazione per il numero zero della rivista Nuova Critica Concretista, terminata con un catastrofico lancio di installazioni e danni agli arredi. Soltanto un tentativo di contatto teorico con i sopravvissuti del glorioso concretismo brasiliano ha temporaneamente pacificato gli animi. Ci accomuna ancora l'avversione per il neoconcretismo brasiliano e l'egemonia dei poeti: e non è poco.

Saverio Bragantini

Nessun commento: