Il blogger sulla due piani (foto di Alessandro Trovati) |
Questa foto l'ha fatta Alessandro Trovati, un fotografo sportivo di grandi qualità, che lavora per l'Associated Press. Ci mette un secondo a scattare, quando lo chiamo all'improvviso. È abituato alle gare di sci, ciclismo, automobilismo. Vale la pena dare un'occhiata al suo sito, che si trova qui. Ale pedala tanto e anche a ruota fissa. Si apre così un altro faldone nelle chiacchierate lungo il percorso.
La sera si esce e alla libreria Ambasciatori compro due libri della biblioteca di Roberto Roversi, che ha svuotato casa ma non il cassetto dei ricordi. Ieri è uscita una bella e toccante intervista al poeta e libraio su Repubblica, un vero inno al libro).
Al mattino, di buon ora ci prepariamo con una colazione abbondante a quello che sarà il primo tratto problematico: il valico dell'Appennino con il passi della Futa e della Raticosa, fino ad arrivare a Firenze, per un totale di cento e rotti Km. Già non mi ricordo più niente. Quando arrivo sento su me gli sguardi di due signori in abiti borghesi: stanno lavorando. C'è anche Prodi, vestito come noi. Si parte. L'uscita da Bologna è molto tranquilla. Poi cominciano le salite, prima leggere, ma si insinua una sorta di malessere per una sorta di trasformazione interiore, una specie di grande ingranaggio psicologico che deve adattarsi alla fatica, a un diverso modo di pedalare. La salita...La salita interminabile seguita da una discesa, dopo la quale troverari un'altra salita, ma le gambe si saranno impigrite, per cui ti ci vorrà una certa fatica a reinserire quegli ingranaggi interni, oltre a quelli esterni, più scontati.
Con le salite dell'Appennino si mettono in evidenza alcuni ciclisti davvero particolari. Un gruppo di signore tostissime, Angelo Melone (giornalista di Repubblica, Marco Pastonesi (giornalista della Gazzetta dello sport, grande esperto di ciclismo di ogni epoca, ha un blog molto seguito: della sua pedalata dirò più avanti), Albano Marcarini (implacabile la sua salita, senza staccarsi dalla sella, una macina), Roberto Furlan, che cavalca una vecchia bici Baronchelli in titanio (quando veniva dipinto) ed è l'unico a montare un manubrio dritto. Le progressioni di Furlan solleveranno qualche dubbio sull'uso di sostanze dopanti e sull'esistenza - all'interno del telaio in titanio - del "motorino di Cancellara", evocato da qui in poi come panacea per tutte le salite.
Si sale, eccome. Si sa, è l'Appennino, mica si poteva pensare di evitarlo. Con i tornanti comincia anche lo stillicidio dei sorpassi delle motociclette, tutte dirette in vetta ad alta velocità. Qualcuno è abbastanza corretto, altri, veri stronzi, per non perdere l'ebbrezza della "piega" passano vicinissimi ai ciclisti, oppure invadono la corsia opposta, con rischio per tutti. Spreco parecchio fiato nel formulare espressioni colorite nei loro confronti, che il vento si porta via. Nella salita elaboro ad alta voce tassazioni pesantissime, pedaggi a pagamento, divieto di produrre moto oltre una certa ciclindrata, ecc.
(Il sistema di inserimento delle immagini e delle didascalie di blogspot fa pietà)
Il Passo della Raticosa, 968 m s.l.m.
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