venerdì 1 aprile 2011

Sull'ultimo numero di Lab Iulm, una rivista dell'università milanese, copertina e articoli sulla bici (del resto è primavera). Fra gli intervistati, Bruno Pizzul, grande giornalista ecc., che palesa il suo amore per le due ruote (a pag. 5) e, come quasi tutti i ciclisti urbani, mostra acume su possibili scelte politiche e su quanto succede nel mondo.
"In tutte le città europee  che ho visitato - dice Pizzul, che a Milano si muove pedalando - ci si sposta benissimo in bici. Negli stessi Stati Uniti, ad esempio a Los Angeles, tutti vanno in bicicletta. Mi sono meravigliato del fatto che c'è molta più gente che noleggia e gira la città in bicicletta rispetto a Milano. Sottolineo Milano perché ci sono alcune città italiane dove l'uso della bicicletta è molto diffuso: soprattutto quelle emiliane, venete e del Friuli dove si usa di più la due ruote".
L'intervista dice altre cose interessanti, ma vorrei soffermarmi su un aspetto che mi sembra importante. Pizzul ha viaggiato e ha visto cosa succede in tante metropoli del pianeta. Cita Los Angeles che, secondo i nostri stereotipi di inguaribili provinciali ritardatari, vedrebbe un dominio incontrastato dell'automobile. Si potrebbero però menzionare anche New York, Parigi, Berlino, Londra. Città enormi, eppure molto ciclabili. Un po' scomodo parlarne da noi. In Italia, per trarsi d'impaccio, sindaci e anche scrivani cornuti dicono sostanzialmente: "Quant'è bello andare in bici a Ferrara, Bolzano, le ferrovie dismesse, itinerari enogastronomici nella Lomellina, il formaggio fatto in un certo modo, ecc. ma noi non possiamo".  
Tutto questo serve da alibi per l'inazione. I politici hanno trovato un'altra soluzione: scegliere gli scenari del futuro, che non costano niente e fanno fare lo stesso bella figura nelle interviste.
Infatti, in campagna elettorale l'ultimo stronzo (una bella gara) monta in bici e dice: andate in bici, è bello e fa bene all'ambiente.
A New York, l'amministrazione comunale del miliardario Bloomberg, che se ne sarebbe potuto strafregare del benessere dei suoi cittadini (tanto non muore di fame), sarebbe potuto andare a puttane tutti i giorni, comprarsi i deputati e farsi le leggi su misura (no, scusate era una battuta, stavo pensando a un libro di fantascienza che ho letto recentemente, una storia terribile, dove alla fine si scopre che il capo è un mostruoso alieno, frutto di un esperimento in vitro, un compito in classe collettivo venuto male in una scuola tecnica comunista bulgara, poi abbandonato in un armadietto e improvvisamente germogliato di notte con esiti disastrosi, tipo centrale nucleare). A New York, dicevo, non gliel'avrebbero permesso, a Bloomberg, come invece è successo nel libro di finzione che ho appena finito di leggere. E nella Grande Mela - sembra fantascienza per noi inguaribili parolai provinciali - si sono impegnati a fondo a favore delle bici.
A Milano, Roma, Torino, Napoli, Palermo si dice: beati i mantovani, beati i reggiani; i modenesi, pure loro beati, loro poi hanno pure l'aceto balsamico, mica quello commerciale, c'è un vecchietto che custodisce le botti, travasa, annusa, ma adesso i tempi sono cambiati, la gente va di fretta, come fai senza automobile?, ecc., Tutte queste cazzate come scusa per non fare nulla.
A Roma l'inattività di Rutelli, Veltroni e Alemanno a proposito di mobilità, trasporto pubblico, ciclabilità, sicurezza (quella stradale, ossia quella che, mancando, fa molti più morti del peacekeeping) costituisce un'unica melassa di catrame e smog.  

Da stamattina i clacson a Roma suonano ininterrottamente, per via dello sciopero dei mezzi pubblici. I lavoratori del settore hanno i contratti bloccati dal 2008. All'Atac avessero assunto un solo amico dell'amico che facesse il conducente.

Prima o poi Roma si beccherà una bella multa dall'Unione Europea a causa del suo inquinamento. La città è al collasso, altro che Olimpiadi del 2020.


Io appalterei Roma chiavi in mano a un'agenzia di servizi indiana.

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