Quel che resta della mia bici alla Stazione Centrale di Milano |
Non è bello arrivare a una presentazione del "Manuale di resistenza del ciclista urbano" in queste condizioni. Il "bagaglio" è scomodo e suscita l'attenzione di parecchie persone. Lo zaino è pieno di attrezzi, tubo sella, sella, guarnitura. Allo sportello, il bigliettaio esclama: "Ah, vedo che ha la bici al seguito, quindi...". Dico: "No, la bici non c'è. S'è rotta. Queste sono le ruote e poco altro". "Ah, bene, quindi è bagaglio a mano".
Salgo in treno col mio relitto.
Mi siedo vicino alla porta e dopo un'oretta faccio la conoscenza di una coppia molto simpatica. Lui è dominicano e una volta ha passato clandestinamente il confine Messico-Stati Uniti. Davvero un tipo in gamba. A New York, dice, la gente saltava da un palazzo all'altro, per divertimento o per necessità. Chiedo se, tra una necessità e l'altra, qualcuno si allenava a farlo per divertimento, o giù di lì. Sì, capitava, ribatte. Per come la descrive, la vita di un clandestino negli USA non è terribile come il viaggio per arrivarci.
A una fermata, il simpatico personaggio scende a terra a fumare, ma il treno riparte. Allora, a porte chiuse, lui salta dentro da un finestrino, e riesce anche ad atterrare fra i passeggeri senza arrecare danno. Arriva con passo tranquillo e racconta la sua storia: la moglie non ha alcuna reazione di stupore.
A Modena arrivo e ad attendermi c'è Paolo, che assomiglia a un inglese che vive da anni in India. Paolo è un ciclista urbano e ciclofficinaro, visto che, insieme ad altre persone, sta aprendo una ciclofficina a Modena. Si chiama "Rimessa in movimento" e, ancor prima di aprire, ha un discreto numero di attivisti e organizza iniziative.
Emano un odore nauseabondo. Quando mi presento a Paolo, spero che l'aria faccia il suo dovere. I colori del cielo sono incredibili. Sembra di stare in Sicilia.
Nessun commento:
Posta un commento