giovedì 16 settembre 2010

Nessuna sorpresa nel rapporto di Legambiente, L’a-bici, presentato in occasione dell’Expobici di Padova (18-20 settembre).
Sono Reggio Emilia e Lodi le città più ciclabili d’Italia. Padova ha la più alta densità di vie ciclabili. A seguire, Modena, Mantova, Vercelli, Cremona, Forlì, Ravenna, Cuneo, Ferrara e Piacenza. A Padova si registrano 140mila spostamenti ciclistici giornalieri: sceglie i pedali il 17% delle persone che si muovono.
Il comunicato stampa insiste anche sul fatto che in Italia è record assoluto per gli itinerari delle ‘due ruote’ (3.227 km nel 2009). Questo ultimo dato non significa niente, perché il record l’Italia lo fa contro se stessa, quindi non può che migliorare, anche con incrementi di un metro. Quindi, lasciamo perdere i record assoluti, e continuiamo a leggere il rapporto con vivo interesse. Un’ottima notizia è che Legambiente sembra prendere le distanze dall’atteggiamento monomaniacale degli amministratori pubblici legato alle piste ciclabili.
Le piste ciclabili sono potenziale fonte di intrallazzi e scelleratezze; mediamente un chilometro di ciclabile in sede propria costa 150 mila euro: strano che non se ne occupi la banda dei Grandi Eventi.
Nella classifica degli indici di Km di ciclabile per Km2 di territorio urbano, Roma si colloca al 51° posto, con uno miserevole 8,8: un po’ poco per ambire alle Olimpiadi del 2020. Spero vivamente che tra i membri della delegazione del CIO in visita a Roma ci sia almeno un ciclista urbano.
Ma la mancanza di attenzione concreta alla manutenzione e alla costruzione di nuove piste ciclabili a Roma non è dovuta a preveggenza degli amministratori comunali, poiché essi dimostrano un completo disinteresse per tutte le questioni della ciclabilità urbana, forti del fatto che solo lo 0,4% dei romani usa la bici per spostarsi.
Nella Capitale non si sta facendo nulla, salvo:

1) blaterare sul cosiddetto bike-sharing, che è invece un noleggio bici a tutti gli effetti in cui anche la prima mezz’ora si paga: farlo in questo modo è completamente inutile. Dove andranno a pedalare i turisti-ciclisti, in mezzo al caos metropolitano e seguendo quali percorsi, nessuno lo specifica. Forse sarebbe ora di porsi il problema.
Potremmo dire che il bike-sharing a Roma è stato neutralizzato dall'interno con pochissimi posteggi, pochissime bici e costi per l'utente tali da scoraggiarne il decollo.

2)“Aprire tavoli” per dialogare con associazioni, molte delle quali ansiose di essere invitate ai tavoli per potersi accreditare come associazioni. E per poter tesserare soci, avere spazi pubblici per poter tesserare e chiedere ai tesserati il rinnovo della tessera. E non fare un cazzo. D’altra parte, questa finta partecipazione alle decisioni istituzionali, serve al Comune di Roma per creare una falsa idea di democrazia diretta, e avere un avallo alle proprie decisioni sulla ciclabilità: che comunque non ci sono.

3) Delineare grandiosi piani municipali, grandi progetti, i biciplan dei municipi (che non sono stati neanche fatti dappertutto, al contrario di quanto dichiarato da alcune associazioni). Tanto c’è la scusa della crisi, che va sempre bene.

Il risultato, a Roma, è una presa in giro nei confronti di tutte quelle persone che si muovono in bici quotidianamente in mezzo al traffico e che un giorno, forse, andranno anche a votare.

Torniamo al rapporto L’a-bici di Legambiente, che recita così: «Per essere un mezzo di trasporto a tutti gli effetti la bicicletta deve potersi spostare da un qualsiasi punto». Non a caso qui si cita proprio la Capitale: «Percorrendo esclusivamente le ciclabili, questa possibilità è negata e in una città come Roma, ai ritmi di crescita attuali dei percorsi a due ruote, un ciclista dovrebbe aspettare secoli prima di avere strade riservate che lo portino ovunque senza impedimenti e interruzioni». Anche troppo ottimisti: in realtà, a Roma, il 95% delle strade non è in grado di ospitare una pista ciclabile. E ancora: «La Capitale spende ogni anno più di 41 milioni di euro solo per la manutenzione ordinaria delle strade (cioè in massima parte per riparare le buche) e circa 75 milioni di euro per quella straordinaria, ossia nella migliore delle ipotesi tra le 100 e le 120 volte di più di quello che si spende per chi pedala o va a piedi».
Per stilare la classifica, Legambiente ha usato un indice chiamato 'di ciclopedonalità', parametro che il comunicato stampa rilasciato ieri non spiega nel dettaglio, ma che, testualmente, “misura quanto hanno lavorato gli amministratori per integrare i vari mezzi di spostamento all’interno del loro territorio”. Non riesco a capire come abbia fatto Roma a raggiungere il 39° posto in questa classifica: forse avranno fatto qualche ciclabile a noi invisibile all’interno della Città del Vaticano.
Il rapporto fa emergere chiaramente che in Italia alcune delle città in cui si pedala di più (Bolzano, Parma, Ferrara) non sono necessariamente quelle che hanno più piste ciclabili. Segno che l'uso quotidiano della bici non dipende dalle ciclabili, ma da una questione culturale.
Il dato sconfortante è che, nonostante tra il 2000 e oggi l’estensione delle piste ciclabili in Italia sia triplicata, nello stesso periodo la percentuale di spostamenti urbani in bicicletta (sul totale degli spostamenti) è immutata: dal 2000 siamo fermi al 3,8%.
È evidente che le piste ciclabili non servono ad aumentare i ciclisti urbani e che bisogna approntare altri interventi. Zone pedonali con possibilità di accesso ai ciclisti, zone 30kmh, zone a traffico limitato, cunette, dossi e tante, tante multe a chi trasgredisce il Codice della Strada.

2 commenti:

Paolo Cremaschi ha detto...

Abitando in uno dei comuni più "forti" di Italia, dal punto di vista ciclistico, volevo segnalare la mole di iniziative che il Comune ha attuato

http://www.comune.modena.it/ambiente/notizie/settimana-della-mobilita-sostenibile

Vera forza italiana ciclistica. Tenetevi pronti, un terremoto si abbatterà sulla penisola dopo 'sti 7 giorni.

Walter ha detto...

Io abito in Ascoli Piceno, uno dei comuni meno ciclabili d'italia.
Solo da 20 giorni abbiamo 300 mt ( si avete letto bene TRECENTO)totali di pista ciclabile che è stata duramente contestata da gran parte dei commercianti della via perche toglie posti auto e restringe al strada.
Visto che è una questione di cultura che ci vogliamo lamentare, ognuno a quello che si merita, forse noi le ciclabili non ce le meritiamo proprio.