Nino Defilippis (Torino, 21 marzo1932 – 13 luglio 2010), soprannominato il cit (in piemontese 'il piccolo') apparteneva a un'epoca del ciclismo che non smettiamo di guardare come un punto di riferimento, non soltanto sportivo, ma anche umano. A vent'anni fu il la più giovane maglia rosa. Aveva gareggiato con i più grandi ciclisti e si era tolto molte soddisfazioni. Il suo libro, curato da Beppe Conti, che sto iniziando a leggere, si intitola con modestia I miei campioni; quasi a minimizzare il proprio contributo a quell'èra gloriosa, lui che pur non era stato un comprimario.
Sfogliando il libro, in attesa di darne un resoconto dettagliato, vorrei riportare un breve stralcio:
«Fu davvero un Tour [quello del 1956] molto spettacolare, combattuto alla morte ogni giorno, anche se poi quel corridore che l'ha vinto, Walkoviak, sparì presto di scena. Ma il più popolare di quella sfida non era stato il vincitore bensì un altro francese, Roger Hassenforder, un alsaziano. Il più pazzo e simpatico di tutti. Lui vinse 4 tappe, io 3 e tutte le kermesse post Tour erano impostate sulle nostre sfide. Un giorno in una tappa del Midi, durante il Tour, faceva un caldo pazzesco e costeggiavamo il mare. Lui con la bici entrò in acqua e fece il bagno vestito da ciclista. Poi baciò tutte le ragazze sulla spiaggia e rientrò nel gruppo. Una sera in una lussuosa hall di un albergo, prese una statua costosissima e me la tirò addosso».
Poi dici perché hai nostalgia di quei tempi...
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