giovedì 30 settembre 2010

Ciclomundi/6

Il viaggio per andare a Siena è iniziato con l'abbordaggio clandestino di un treno e si è concluso con l'acquisto di un panforte. Stavo male, raffreddore e tosse, antistaminici orrendi (che non servono a una mazza). Molto rincoglionito. Al punto che temevo di scordarmi qualcosa. La carovana delle ciclofficine romane era partita da Roma il giorno prima, mercoledì 23. La mia idea era di partire da Roma la mattina presto, il giorno dopo, giovedì. La tosse peggiora, varie beghe mi bloccano. Alla fine decido di partire in treno per Viterbo e di pedalare da lì a Siena, raggiungendo il gruppo. Alla stazione di Monte Mario non è affatto sicuro che io possa salire in treno con la bici, anzi penso proprio che sia vietato, anche fuori dalle ore di punta, come in qualsiasi altro Paese sottosviluppato del mondo. Ci sono però altri ingredienti: la dialettica (mia), la tolleranza, o l'intolleranza (dei ferrovieri), la logica (che vorrebbe che si potesse salire su un treno mezzo vuoto, in cui si sta in piedi accanto alla propria bici, difendendo le gambe delle persone dai miei ingranaggi). C'è anche la sincronicità, detto anche culo, ossia la buena suerte che fa andare le cose per il verso giusto. Il fato funziona abbastanza, perché alla fermata il ferroviere mi dà le spalle, e ho modo di salire repentinamente: alla peggio scenderò, ma intanto sono a bordo. Invece il ferroviere non ha nulla da obiettare. Io mi comporto come un boyscout, spostando la bici a ogni minimo accenno di movimento degli altri passeggeri, alle fermate, ecc. La stanchezza si sente, l'antistaminico è forte, non sono abituato a prendere le fottute medicine dell'uomo bianco.
Arrivo nella città di Viterbo alle 13.05. Da quel momento si scatena l'inseguimento alla carovana delle ciclofficine, che dovrei incontrare grosso modo 120 Km più avanti, se tutto va bene, in Val d'Orcia. Il tratto Viterbo-Montefiascone è bruttissimo. Le auto sfrecciano a velocità folli: se ci fossero controlli di polizia, gli ritirerebbero a tutti la patente e sarebbe un bene per l'umanità. Inoltre la strada è in salita e l'asfalto, benché nuovo, è molto granuloso. Vi risparmio una cronaca puntuale del viaggio, perché non è stato nulla di speciale. Alle 17.50 telefono al gruppo per la prima volta, perché non mi andava di fare la tiritera "aspettatemi", "dove andate?", "dove ci vediamo?", poiché non mi piace affatto. Quando telefono, scopro che il gruppo si trova a 1 Km di distanza in località Bagno Vignoni, ribattezzato subito Bagno (di diesel) Pignoni. Li raggiungo e finalmente si beve e si mangia in compagnia. In totale ho fatto circa 100 Km e mi sento male, non so se per la bronchite o se per l'antistaminico (totalmente inadatto ha poi decretato il medico che al ritorno a Roma mi ha appioppato un bell'antibiotico). Non capisco perché non si trovano più gli sciamani per curarsi. Maledetta civiltà.
A Bagno Vignoni è stato girato Ностальгия, ovvero Nostalghia, il film di Tarkovsky uscito nel 1983.

È un luogo molto chic, frequentato da turisti stranieri (specialmente tedeschi) un po' in là con gli anni che parlano pochissimo e a bassa voce, e cenano alle 19. Noi iniziamo a cenare non molto più tardi, ma in compenso facciamo un casino infernale.
Inutile pensare che l'arrivo della banda mongola a cavallo in una specie di salotto a cielo aperto possa passare inosservato. Lo scopo principale è non farsi cacciare, in particolare non farsi cacciare nel cuore della notte, perché saremmo costretti a riprendere la pedalata, tipo Parigi-Brest-Parigi in nome di assurde leggi anti-vagabondaggio che sarebbe ora di abrogare. Quindi era necessario localizzare un'adeguata zona per dormire all'addiaccio nei sacchi a pelo. L'ideale per uno che ha la bronchite.
La cena a Bagno Vignoni è stata memorabile, una delle più belle cene della mia vita, in compagnia dei compari ciclofficinici che, come me, parlano solo di bici, mobilità e soprusi del capitalismo contro le libere e lecite aspirazioni dei cittadini.
La mattina mi sveglio coperto di umidità. Siamo a pochi passi dall'acqua termale, che purtroppo non è molto calda, ma tiepida; comunque mi faccio una bella doccia, pur non disponendo di un asciugamano nei miei 4 Kg di bagaglio. Poi ci prepariamo, facciamo colazione e ripartiamo. Il movimento della carovana è giocoforza più lento e legato a fermate e tappe, con qualcuno che ci raggiunge in treno in qualche stazione e poi si aggrega. Comunque, verso le 15, se non sbaglio, arriviamo a Siena, dopo l'ultimo ondulante tratto di strada. La vista delle crete senesi mi dà il voltastomaco. Anche la visione di strade sterrate, perfino in fotografia su una rivista mi scatena la nausea. Pavlov aveva capito tutto. Non perché crete e strade bianche siano brutte, anzi attraversano un paesaggio meraviglioso, ma perché ancora non ho digerito le ultime due Eroiche lunghe (205 Km), che si svolgono in gran parte su strade bianche e in mezzo alla creta e ai vitigni benedetti di Montalcino. Negli ultimi tratti di queste due eroiche ho dato sfogo a forme di turpiloquio intensivo, professione di apostasia, imprecazioni, anatemi e maledizioni, fino alla delirante, paradossale, benedizione dell'asfalto come una delle massime invenzioni umane. Si può chiamare anche scarso allenamento. Quest'anno, però, all'Eroica non ci vado; faccio decantare, ma per chi non la conosce è  un bel giro in una regione magnifica che consiglio a tutti. E poi ci sono varie lunghezze, anche solo 35 Km. Io ho fatto quella lunga, la prima volta perché ho sbagliato strada e la seconda perché assolutamente volevo ancora una volta il panforte, l'olio d'oliva e il vino, e anche la placchetta, che viene data giustamente solo a chi fa il percorso lungo.
A Ciclomundi mi sono molto divertito. A Siena si mangia e si beve molto bene, a prezzi non esosi. Sabato ho parlato del mio blog che, non so se lo sapete, si chiama rotazioni, all'interno di una cripta del vecchio ospedale, dove venivano messi i morti, con una voce cavernosa da bronchitico inumidito. Ho detto anche che sta per uscire il mio libro che si chiamerà Manuale di resistenza del ciclista urbano e sarà pubblicato da Ediciclo (organizzatrice di Ciclomundi). La sera ho assistito in stato semincosciente a un dibattito con Chris Carlsson, Tito Boeri e altri. Il giorno dopo, domenica, stavo un po' meglio: senza aver pensato minimamente a cosa dire, improvvisando completamente ho moderato una tavola rotonda su "movimenti metropolitani e lavoro a pedali in città", a cui hanno preso parte Chris Carlsson, Roberto Peja (fondatore degli UBM, urban bike messenger, di Milano), Paolo "Rotafixa" Bellino, Francesco Ricci (coop. Pedicab, taxi-risciò di Firenze), Corrado Scimia (coop. Blow up, taxi-risciò, Roma) e Fabio Masotti della FIAB, Associazione Amici della bicicletta di Siena. Devo dire che raramente mi è capitato di ascoltare tante cose interessanti a proposito della bici in un spazio-tempo così ristretto. Si è parlato non solo di bici, ma di norme - soprattutto di carenza di norme - di investimenti nella mobilità -  soprattutto di carenza di investimenti nella mobilità -, di assicurazioni dei pedalatori quando lavorano, di reinserimento degli ex-detenuti nel contesto lavorativo, ecc.
Ho cercato di parlare poco, ma essendo ormai un fastidioso logorroico, che per di più parla sempre a voce alta (e qualche volta per la foga interrompe pure gli altri), non ci sono riuscito completamente. Usando da un po' d'anni la bici per muovermi in città, probabilmente non avevo neanche il distacco sufficiente per gestire solo il traffico e i tempi degli interventi, e in qualche caso mi sono permesso di indirizzarli un po', introducendoli con qualche domanda.

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