Riceviamo dalla Fiab e, più che volentieri, riecheggiamo nel web il seguente comunicato stampa. Mi permetto di sottolineare le cose più importanti, perché il comunicato è un po' lungo. Tra parentesi quadre non posso trattenere alcuni commenti a caldo.
TG2 SULLA BICICLETTA: ERRORI E LUOGHI COMUNI. DALLA VENEZIA: IL GOVERNO DESTINI ALLA MOBILITA' CICLISTICA I 124 MILIONI NON SPESI DEGLI ECO-INCENTIVI STATALI
La FIAB esprime viva soddisfazione per i servizi televisivi trasmessi ieri, 28 settembre, dal Tg2 "Costume e società" in riferimento alla fiera Expo bici di Padova (la bici diventa tecnologica) e al cattivo stato di manutenzione delle piste ciclabili in Italia. Non si fa mai abbastanza informazione quando si parla di mobilità ciclistica.
Tuttavia preme alla FIAB far presente che il servizio sulle piste ciclabili e sul codice della strada conteneva alcuni errori.
Al riguardo il Presidente della FIAB, Antonio Dalla Venezia, dichiara: "Innanzitutto non esiste alcun obbligo per i minori di 14 anni di indossare il casco contrariamente a quanto affermato. Sulla questione c'è evidentemente ancora confusione perché all'epoca in cui il pacchetto normativo era in discussione presso la Commissione Trasporti del Senato, a sorpresa fu votato un emendamento riguardante l'obbligo generalizzato del casco per tutti i ciclisti. A seguito di un confronto molto vivace l'obbligo fu ridotto ai soli ciclisti under 14. Prima del voto finale di approvazione della legge l'obbligo fu eliminato del tutto. Pertanto allo stato nessun obbligo all'uso del casco è stato introdotto con la legge n. 120/2010 che ha modificato il codice della strada (D.L. n. 285 del 1992).
Nessun obbligo, inoltre, esiste di montare sulle biciclette un seggiolino omologato per trasportare minori di 12 anni. Tale norma era stata introdotta per i motocicli e non per le bici. Ma in sede di voto finale anche questa norma è stata eliminata.
Nessuna sottrazione di punti alla patente viene somministrata ai ciclisti che dovessero infrangere il codice della strada. Infatti la stessa legge 120/2010 ha cancellato la norma entrata in vigore ad agosto dello scorso anno.
L'unico obbligo per ciclisti introdotto dalla legge 120 di revisione del Codice della Strada è invece l'uso del giubbino rifrangente nelle ore serali solo sulle strade extraurbane e in tutti i tipi di gallerie, anche urbane.
Purtroppo di tale obbligo poco nulla dice la stampa nazionale.
Rispetto invece alle piste ciclabili e al comportamento dei ciclisti, va sottolineato che nella società dell'automobile (l'Italia è il paese con il maggior indice di motorizzazione privata in Europa) c'è evidentemente un ritardo culturale ed infrastrutturale in materia di mobilità ciclistica [a livello nazionale, per colpa soprattutto delle metropoli, Milano, Roma, Napoli e delle grandi città, siamo ai livello dei Paesi meno sviluppati, solo che lì almeno hanno molte meno automobili: quindi l'Italia sta messa peggio in assoluto a livello mondiale]. Finché le città saranno a misura d'auto e non invece anche di pedoni, bambini, ciclisti, disabili, anziani e utenti del trasporto pubblico, ci sarà poco da fare. Si avranno sempre pezzi di piste ciclabili magari mal tenute che non invoglieranno gli utenti della bicicletta a percorrerle.
Nella maggioranza dei casi gli interventi di ciclabilità vengono realizzati dai Comuni senza l'esistenza di un Piano. Ciò, nonostante che il Decreto Ministeriale 30 novembre 1999, n. 557 (Regolamento tecnico di attuazione della legge 366/98) stabilisca che il "piano della rete degli itinerari ciclabili" è uno degli strumenti di pianificazione e progettazione degli enti locali e, per i comuni tenuti alla predisposizione del Piano urbano del traffico (PUT), ai sensi dell'articolo 36 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, parte integrante dello stesso PUT, quale piano di settore. [C'è però il rischio che il Piano, non la ciclabilità, diventi l'obiettivo, come è accaduto a Roma: una sorta di idolo da adorare e da sventolare agli ambientalisti sognando un futuro che in realtà nessuno pianifica, vuole e soprattutto finanzia].
Quindi se il singolo ciclista infrange il codice della strada va punito. Ma in un contesto generale così poco favorevole alla circolazione e alla sicurezza dei ciclisti, è proprio necessario sparare sul ciclista?
"E' evidente", conclude Dalla Venezia - lo squilibrio generale, anche a livello finanziario. La legge nazionale sulla mobilità ciclistica (n. 366/98), che prevede la realizzazione di piani regionali, provinciali e comunali della ciclabilità non è più finanziata dal 2002. Ecco perchè lascia alquanto perplessi la notizia che il Governo potrebbe destinare - per facilitare l'acquisto di nuovo motocicli - i 124 milioni di euro al momento non spesi, dei complessivi 300 milioni messi a disposizione dal Ministero dello Sviluppo Economico la scorsa primavera per gli eco incentivi. Chiediamo al Governo di destinare quelle risorse a rifinanziare la legge n. 366/98 sulla mobilità ciclistica. Continuare a destinare finanziamenti pubblici per aumentare le vendite di nuovi mezzi a motore, vuol dire non solo continuare ad intasare le strade già congestionate e ad aumentare il rischio di incidenti stradali, ma pure aiutare quelle industrie motociclistiche che hanno appena annunciato di voler
ridimensionare gli stabilimenti in Italia per aumentare le produzioni in Asia. [e che invadono il mercato italiano con i loro insulsi modelli di scooterone, dei pezzi di plastica sempre più potenti e fastidiosi, che rendono le nostre città sempre più pericolose, al solo scopo di arricchirsi] Oltre al danno anche la beffa!?.
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