Di chi è la bici. È di tutti, perché non è di nessuno.
A Roma ci sono i sette colli, come fai ad andare in bici?
È una delle affermazioni che si sente ripetere più spesso quando si parla di mobilità ciclistica nella Capitale. A parte le scuse addotte individualmente, ciò che colpisce a Roma è la lentezza delle iniziative a livello istituzionale. Nel giugno 2008 è stato inaugurato il sistema del bike sharing, con 200 bici dislocate in 19 posteggi; si tratta di un sistema già collaudato in diverse città europee, come Madrid, Barcellona e Parigi. L’azienda spagnola Cemusa ha fornito gratuitamente i mezzi per attuare questo progetto pilota. Adesso si va verso il blocco di questa iniziativa. Non sono mancate neanche le lamentele su come l’iniziativa è partita. L’utente deve compilare un modulo, versare 30 euro di cauzione e riceve un lucchetto e una tessera magnetica. Le biciclette sono collocate presso alcune colonnine, dove possono essere prelevate e riconsegnate dalle 7 alle 23; è necessario riconsegnarle presso le colonnine stesse, disposte nel centro della città. Se, per esempio, intendo utilizzare la bici per andare al lavoro, dovrò per forza lasciarla presso una delle colonnine abilitate e poi effettuare a piedi o in autobus il tratto di strada che rimane. E viceversa. Il bike sharing è un sistema che, nella Capitale, può dare qualche risultato solo per rapidi spostamenti nel centro della città, qualora non siano previste fermate troppo lunghe. Infatti l’uso delle bici è gratuito per la prima mezz’ora, la seconda mezz’ora costa 1 euro, la terza 2 e poi 4 euro per ogni mezz’ora successiva. Al contrario, sarebbe necessario dare ai cittadini la possibilità di compiere lunghi tratti in bici gratis. Nonostante le promesse a favore della mobilità sostenibile, rinnovate dalla nuova giunta di destra, di “corridoi della mobilità con particolare attenzione alle due ruote” (parole dell’Assessore alla mobilità del Comune di Roma, Sergio Marchi, all’inaugurazione del bike sharing pilota), a Roma si continuano a inaugurare strade larghe e prive di pista ciclabile, strade che assomigliano ad autostrade. È il caso della via Trionfale bis, priva di marciapiedi e finanche fermate dell’autobus. Strade che, con il loro aspetto e la velocità raggiunta dalle auto e dai mezzi pesanti, scoraggiamo ampiamente la maggioranza della popolazione all’uso delle due ruote. Lo stesso dicasi per le rotatorie, ora tanto in voga nei comuni italiani, costruite per ridurre gli incidenti agli incroci, ma molto pericolose, quando non impossibili, per la circolazione ciclistica.
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