venerdì 9 aprile 2010

Riprendo il discorso dal post precedente, anche grazie alla risposta di Bikediablo, che invito a leggere. Riprendo da qui, perché penso sia il grande problema che un gruppo minoritario ed eterogeneo come quello dei ciclisti urbani, debba porsi nel momento in cui desidera fare qualcosa in più, oltre a usare la bici individualmente.
Posso sforzarmi di capire l'utilità di fare lobby come ciclisti urbani. Non ho molta fiducia in questo sistema, perché questa lobby mi pare perdente in termini numerici e/o economici, i due aspetti che nella logica capitalistica danno forza a una lobby. Più un paese è democratico, più conta il numero; più è dittatoriale più conta l’economia, credo.
Allora lasciamo stare la lobby per i ciclisti urbani, perché non mi pare che possa portare lontano (in questo stato di cose). In Italia, chi può fare un discorso del genere è solo la Fiab, che intavola un dialogo serrato con alcune realtà locali disposte ad ascoltarli. I risultati vengono in contesti limitati: mi pare che si sia fatto molto poco nelle metropoli, nonostante l’impegno di poche persone valide. Ma non è una lobby.
Mi sfuggono invece completamente i principi del "ciclismo urbano fatto di regole" a cui accenna Bikediablo. Quali regole? E stabilite da chi? L'unica regola che mi viene in mente è il Codice della Strada, che conterrebbe leggi buone, se qualcuno le applicasse.
L'incontro del 2008 con i candidati romani, devo dire che mi ha lasciato molto scettico. I candidati "generalisti" alle elezioni tendono a visitare anche i laghetti per la pesca sportiva promettendo esche vive per tutti. La politica delle promesse non costa nulla ed è attuata anche da chi è stato eletto a Roma. Come i loro predecessori. Vedi l'ipotesi di appianare la ridicola ciclabile di sampietrini che costeggia il Tevere. O il regolamento sui condomini per la sosta delle bici. Si diceva a febbraio, e febbraio è passato.
(to be continued)

13 commenti:

Bikediablo ha detto...

Fare lobby per me significa muoversi in modo tale da far risaltare i lati positivi dell'andare in bici senza perdere tempo a contrastare gli altri mezzi di trasporto.
Fare lobby significa informare quelli che si candidano a rappresentarci su cosa significa andare in bici, che non è solo un fatto domenicale ma quotidiano.
Fare lobby per me significa convincere un collega senza martellarlo ma semplicemente incuriosendolo.
E non serve portare la bici dentro il posto di lavoro a volte basta entrare con un fischietto (che io uso come clackson) al collo per attirare l'attenzione.
Il fatto di essere solitari non esclude il fare proselitismo con l'esempio.
Perchè ricordiamoceli per la maggioranza i "ciclisti" sono quelli che marciano a file parallele sulle statali bloccando il traffico domenicale...

Le regole che citavo sono esattamente il codice della strada che anche molti ciclisti disattendono con rischio, a volte solo per il rischio di trasgredire, vedi ad esempio la totale assenza di luci sulla bici
(ne ho quasi presa una ieri sera sulla ciclabile colombo).

Per chiarire i candidati "generalisti" alle elezioni, non erano poi tanto generalisti visto che più di qualcuno è lui stesso ciclista urbano (come Rota) un nome su tutti Corrado Truffi (tanto ormai siamo lontani dalle elezioni), che tutti i giorni utilizza la bici per andare al lavoro.

Oggi un "ciclomobilista" ha finalmente ripreso la bici dopo anni ed ha iniziato ad andare al lavoro distante 13 e passa km da casa.
Tutto è iniziato scoprendo sul nostro forum che nel palazzo (enorme) dove lavora ci sono altri che vanno al lavoro in bici, uno addirittura ci accompagna i figli con una specie di biga a pedalata assistita.
Anche questo è fare lobby ;-)

Spero di non essere stato irruento nella risposta, ma è una cosa che mi prende parecchio.

Walter ha detto...

ciao a tutti, io non sono di una grande citta ma uso la bicicletta tutti i giorni da quasi un anno per gli spostamenti giornalieri (30 km giorni, niente di che).
Io penso l'idea che il movimento dei ciclisti urbani con i suoi problemi venga preso in considerazione da qualche politico o anche dall'opinione pubblica, almeno da noi, sia un utopia.
Diciamoci la verita, qui non siamo gli USA o meglio ancora l'europa del Nors, qua da noi non frega a nessuno di noi ciclisti e nemmeno dell'inquinamento.Sono solo buone intenzioni che servono a riempirsi la bocca in tempo di elezioni e su qualche telegiornale.
Il popolo ci vede ancora come degli extraterrestri e come intralci alla circolazione delle macchine.
Per come la vedo io meglio non aspettarsi troppi aiuti dall'alto, scendere in strada cercando di ribadire ogni giorno la nostra superiorita come mezzo di locomozione urbano e superare tutti gli intralci per la strada rischiando il meno possibile e come sempre con 4000 occhi.Forse un giorno qualcuno si chiedere come facciamo ad arrivare sempre prima di loro e cerchera di imitarci.
Walter

Paolo Cremaschi ha detto...

Mi intrometto. Scusate.

In termini generali credo che la sensibilità, soprattutto nei giovani, ci sia.

Il termine lobby (che mi sembra sbagliato e, come tale, frainteso da Luca) spiegato nel dettagli da Bikediablo io lo ritradurrei in "cultura" mantenendo invariati i significati che mi sembrano pienamente condivisibili.

La bicicletta è un gingillo che per me ha dei contenuti singolari. Mio padre mi ha raccontato che nel '45 (lui è del '30) ha intrapreso un rientro a casa di 50 km. accompagnato da un settantacinquenne che ha inforcato l'attrezzo per la prima volta. Il Touring Club (fondato a Milano a fine '800) era un'associazione ciclistica. Lo scorso natale, ho regalato a mia figlia (19 anni) una bici a ruota fissa.

Debbo dire che in famiglia l'unico "ciclista" son io. Visto che le rare volte che esco con ciclisti risulto una schiappa e sono anche automobilista mi chiedo se, al di la della politica, in realtà non sia l'aspetto culturale quello su cui si debba far leva per tentare di tirar fuori dalle cantine la bici ch'è in noi (nelle nostre cantine).

Un fenomeno piccolo ma interessante, il movimento dei fissati, ha fatto mettere il culo in sella a parecchi giovani (peraltro già sensibili a tematiche ambientali e sociali) alcuni semplicemente trainati dalla "moda". Personalmente preferisco cose più popolari, tuttavia non mi sentirei di criticarlo in nessuna maniera, reputandolo un mezzo efficace per la causa.

Un altro aspetto importante è quello dei furti che credo sia uno dei massimi deterrenti all'uso semplice della bicicletta. Visto il totale disinteresse delle forze dell'ordine al problema, nella mia città (Modena), si è avviato un autentico mercato della bici usata.

Per ultimo gli urbanisti scellerati che continuano a pensare alla mobilità umana solamente orientata alle auto.

Mi scuso per la lunga tirata, ma io non vedo nessun'altra soluzione se non la via cultural-popolare, per il superamento di questi problemi.

A me il blog di Luca piace molto perchè è fatto da uno che legge e che pedala. Mi piace il suo mix di punti di vista che spazia tra il quotidiano e l'universale. Questa è cultura popolare. Fatta da persone e non da organizzazioni. Fatta nei ritagli di tempo che la vita ci offre (non da professionisti). Con ritmi più lenti, a volte irritanti, ma veri. A tempo di pedale e non di motore. Meccanico si ma con motore umano.

Insomma, questo è il mio punto di vista. Non vi conosco ma do per scontato che siate "ciclisti" e allora vi chiedo, prima ancora di entrar nel dettaglio delle soluzioni, anche voi condividete questi tre punti come quelli su cui far leva per avere più ciclisti (e di conseguenza meno mezzi a motore non umano)?

1 culturale
2 dissuasivo del furto
3 politica urbanistica

O no?

Anonimo ha detto...

perdonami fratello se ti dò del tu ma parli con lingua dritta e scrivi corretto. ho sempre avuto il sospetto che quelli della fiab fossero persone serie leggengo il loro sito e mi confermi l'impressione. se riesco a combinare qualcosa al mio paese ti avverto.
mad max

Paolo Cremaschi ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Unknown ha detto...

su richiesta di luca, anche se in ritardo, intervengo.

devo dire che comincio a disperare di poter formare un gruppo di pressione che lavori per la ciclabilità. dopo l'esperienza delle elezioni regionali credevo che aver almneo contribuito a fornire una misura di quanto l'argomento interessi ad una platea definita (roma, di massima), e cioé i 345 voti ottenuti, avremmo potuto cominciare a confrontarci per vedere di allargare la base.
ho quindi lanciato una proposta di appuntamento per iniziare a costruire una "alleanza anti auto", nome provvisorio ma significativo, per riunire ogni singolo, associazione, realtà che si riconosca nella volonta del superamento del modello automobilistico per lo spostamento urbano quotidiano.
senza farla troppo lunga, non ho visto movimento intorno a questa proposta.
ho come l'impressione che tutti stiano alla finestra per vedere che succede per strada.
un immobilismo così profondo che deve avere altre cause, oltre all'eventuale antipatia per la mia persona (e non credo che sia così).
da molti anni sostengo che il cambiamento debba essere anzitutto culturale, prima che infrastrutturale: le due cose sono consequenziali. la mia attività, mostrata attraverso il sito movimentofisso.it, è sempre stata direzionata in questo verso: ribaltare la visione della bici, da strumento per o straccioni o fricchettoni a strumento di re e e regine della propria vita. da quel sito è partita l'onda che oggi porta un padre a comprare una bici a ruota fissa per la figlia.
finora questo è stato l'unico "segno di vita" che ho isto negli anni. e mi dispiace considerare che è essenzialmente un fattore di moda, più che una profonda trasformazione dei propri stili di vita.
insomma, lobby o no, gruppo di pressione o no, chiamatelo come vi pare ma a me sembra che in itaglia il culo pesi a tutti, non solo agli automobilisti convinti che non ci siano alternative.

rotafixa

Paolo Cremaschi ha detto...

@Rotafixa: Comprendo la delusione per l'esperienza "politica". A mio avviso la cultura non la si misura in voti (caspita più di trecento!). Non la si misura neppure in numeri. La si misura in qualità.

La moda permea anche le culture e non è che un nome (che può piacere o non piacere). Non è una questioni di termini ma di sostanza. Il movimento a cui hai contribuito in maniera sostanziale alla creazione ne è la prova. E' un movimento diffuso e contaminato da moda, arte, e stili di vita (più simili al tuo che ad altri). Un piccolo gioiello nel tesoro più ampio del mondo della bici (anche se non è ancora finita la sua crescita [forse anche grazie alla "moda-moda"]).

La demonizzazione dell' auto (per quanto condivisibile) non mi pare in ogni caso l'atteggiamento più consono per far "divulgare il verbo". E' ancora una rarità trovare ciclisti che non usano mai l'auto. Mi pare meglio, come Walter ha suggerito, la prova sul campo (credo che la bici in città sia più veloce dell'auto).

Da parte mia ritengo che la bici (e i suoi derivati come sedie a rotelle e marchingegni vari) siano non un mezzo di locomozione ma un doppio. La bici fissa ne è l'emblema (per me è la più bella) ma non è l'unico.

Assieme ad altre quattro persone, nella nostra provincia, stiamo per aprire la prima di una lunga serie di ciclofficine. Quanto lunga? Noi puntiamo a mille (ma ci accontentiamo anche di due). Iniziando questo discorso vediamo che solo qua ci sono almeno una ventina di gruppi a-sportivi e chissà quanti ancora ce ne saranno che non conosciamo. Il cappello a questi gruppi lo metterà chi vuole e chi riesce ma, forse, non è essenziale. E' essenziale invece che aumenti il numero di bici circolanti (non importa se fisse, cargo o che cazzo ne so io).

Ripeto noi siamo in quattro e vorremmo far mille ciclofficine (e una ciclofabbrica). La strada è in salita. Lo sappiamo. Non ci sono cazzi: occorre pedalare.

Paolo Cremaschi ha detto...

P.S.:

1 culturale
2 dissuasivo del furto
3 politica urbanistica

O no?

Walter ha detto...

caro PAOLO
sara io che l avedo catastrofica e sono sfiduciato dalle persone e dal sistema ma lo scoglio culturale, almeno per i prossimi15/20 anni, lo vedo insuperabile.
Io ripeto la mia idea: andiamo per la nostra strada cercando di fare proseliti e forse qualcuno guardandoci tutti i giorni si incuriosira e cerchera di emularci e al quel punto saremo uno di piu.

Bikediablo ha detto...

Salve Rota,
pensi davvero che 345 sia il numero di persone cui interessa la ciclabilità ?
Sono molti ma molti di più, lo sai benissimo che molti non ti hanno votato perchè avevano idee differenti dalle tue, altri purtroppo non ti hanno votato ma perchè non sono andati proprio a votare.

In questo periodo di volantinaggio pro Bike to Work Day ho trovato il conforto di molte persone, che sono interessate all'argomento ma che a parer mio non appoggerebbero mai un programma del tipo "alleanza anti auto".

Dico questo ritendo più che legittime le tue idee (che non condivido), ma proponendoti di lavorare non "contro le auto" ma per portare più gente possibile ad iniziare ad andare in bici, ed a farlo sempre più spesso non solo la domenica.
La decrescita dell'auto per me è una conseguenza non il prerequisito.

ciao
Marco

Bikediablo ha detto...

@Walter:
a Roma stiamo proponendo proprio questo ossia suscitare emulazione.

ciao
Marco

ha detto...

Grazie a tutti per la partecipazione. Cerco di portare avanti il discorso nel prossimo, imminente, post.

Unknown ha detto...

bikediablo e paolo, sono anni che punto sulla qualità e sulla cultura, sull'esempio (proprio per questo giro senza freni e cambio, per dire "se posso girare io così a te che hai cambio e freni che manca???"), sulla quotidianità dell'uso della bici per ogni scopo, sulla possibile fascinazione di mezzi potentemente belli.
non me lo fate ripetere, su. lo sapete bene.
ora il discorso è questo, a mio parere: avendo toccato con mano per diretta esperienza la saturazione dell'ambiente "attivista", che oltre quei numeri non va, voglio esportare altrove i contenuti e il messaggio del commuting in bici; cosa ovvia peraltro, visto che la fanno in tutta europa, quindi non si tratta di idee mie ma di esperienze largamente condivise nelle società più moderne della nostra.
la misura da me indicata, 345, non rappresenta per me delusione ma stimolo: ho dimostrato cartesianamente quanto consenso ho avuto, so di essere stato osteggiato ma non per le mie idee bensì per avversioni personali dovute a tutt'altro e non a ciò che faccio con e sulla bici; e infine, ho usato come programma il decalogo del coordinamento "di traffico si muore", lievemente modificato, perché è a tutt'oggi l'unico punto d'incontro tra ogni tipo di sentire ciclistico di questa città.
ripeto: non sono deluso, e anche qi non mi fate ripetere. scontiamo varie cose: anzitutto il piccolo partito (1,21% è ridicolo), la scarsa esposizione mediatica anche se mi sono dato da fare parecchio per uscire (ma ho visto che quando uno si candida sembra aver contratto la lebbra e chi prima lo abbracciava ora lo scansa), e ovviamente una mestissima esondazione mentale verso la follia sociale che questo paese sta vivendo ormai da due decenni.
quello che propongo è di smetterla di pensare che viviamo in un luogo logico e cominciare a costruire una struttura di pressione seria e coesa non solo verso la ciclabilità ma verso la vivibilità delle nostre strade. per questo vorrei creare un gruppo provvisoriamente definibile come alleanza anti auto.

rotafixa