lunedì 12 aprile 2010

L’argomento di cui stiamo parlando, per fortuna, sta a cuore a tutti. Con Bikediablo ci siamo capiti: facciamo pressione = facciamo lobby. Lo sconforto di cui parla Rotafixa lo condivido: sulla qualità della pressione, ma non sulla quantità. Magari ci fosse a Roma un gruppo di 345 attivisti, non necessariamente gli stessi che hanno (abbiamo) votato Rotafixa: non sono affatto pochi.
A me va bene l’idea “anti-auto”: anti-auto è il pedone, la persona anziana che va a fare la spesa, il papà o la mamma con il passeggino, oltre ai ciclisti, ecc. Anti-auto è la ztl di Ferrara che è vietata ai motori. Io direi anche anti-scooter, forse il comune avversario è il motore a scoppio.
A parte questo, scoraggia il tentennare di molti e quelli che “stanno alla finestra”, magari leggono i post, ma non si sa neanche che esistono. Poi ci sono anche alcuni ciclisti urbani assidui che non partecipano affatto. E anche i “teorici” della bici: la bici è bella, ma senza fatica, che poi non è faticaccia brutta ma buone abitudini per il movimento. La gente è nervosa perché non si muove. Me lo sento addosso e li vedo in azione sui trabocchetti a scoppio.
Come in tutte le piccole categorie unite da affinità, c’è la questione dei sottogeneri, gusti, tendenze, personalità, che a volte crea fratture irreparabili.
Cosa deve fare un gruppo di persone di buona volontà e senza secondi fini, meno che mai economici, con una psiche abbastanza equilibrata, per ottenere qualcosa?
I due problemi sono: 1) convincere gli altri ad andare in bici; 2) compattare un gruppo di attivisti per fare pressione sulle istituzioni, stampa, ecc. e per rendere più ciclabili le grandi e medie città. Non è detto che l’attività del secondo gruppo favorisca l’ampliamento del primo.
Lasciando da parte esempi positivi di gente che finalmente prende la bici e cambia stile di vita, e lasciando da parte anche le solite litanie sul “vorrei ma non posso”, vorrei iniziare ad approfondire la questione.
Le biciclettate, in un’ottica di ciclismo urbano, potrebbero addirittura essere controproducenti, perché promuovono un’immagine ricreativa del mezzo. E anche l’ossessione per le piste ciclabili rischia di essere un problema: se non si riesce a farle, le istituzioni dicono “non abbiamo i soldi” e il discorso ciclabilità termina qui; se, viceversa, ci sono i soldi e si costruiscono ciclabili, magari anche bene, si rischia alla fine di creare una riserva indiana che dice al ciclista dove deve andare, come se fosse un’autostrada in miniatura.
Tutti, penso, crediamo alla possibilità che piccoli gruppi possano influenzare gli altri, con il loro comportamento e con forme di pressione, propaganda, ecc. Anche passare su una strada in bici è una forma di pubblicità, come spera Walter. Avevo pure pensato di cominciare a vestirmi elegante con la cravatta per far vedere che è facile pedalare, che è normale.
A volte le persone reagiscono anche male, nervosamente, alla “proposta” di andare in bici a scuola o al lavoro: tutti avrete avuto esperienza di queste reazioni. Qualcuno, però, con grande soddisfazione, l’ho convertito anch’io.
Malcom Gladwell, ex giornalista finanziario del “Washington Post”, ha scritto un libro intitolato The tipping point: how little things can make a big difference, Back Bay Books, London, 2002 (trad. it.: Il punto critico: i grandi effetti dei piccoli cambiamenti, Rizzoli, Milano, 2006). L'autore ha esaminato i processi che accomunano i consumi di particolari prodotti, le rivoluzioni, le grandi campagne di sensibilizzazione, la vendita di un certo tipo di scarpe da ginnastica, la diffusione di un'epidemia. Il concetto basilare è che il punto critico cessa di diffondersi gradualmente quando, raggiunta la massa critica, si diffonde in modo esponenziale. Esponenziale è la bici ad Amsterdam o a Ferrara.
Le regole individuate da Gladwell sono tre: legge dei pochi, fattore contagiante e potere del contesto. La legge dei pochi dimostra che basta un numero esiguo di persone per diffondere un'idea o un prodotto. L’autore divide i pochi in tre categorie: connettori, esperti e venditori. I connettori sono coloro che esercitano un potere aggregante, grazie alla loro fitta rete di contatti. Gli esperti raccolgono il maggior numero di informazioni su un determinato tema, fungono da serbatoio di idee, pur non esercitando un'azione connettiva. I venditori sono persuasori, hanno la capacità di convincere gli altri dell'importanza e utilità di una determinata azione o prodotto. Questo è il gruppo di pressione.
Il messaggio deve poter far presa sugli altri per innescare una determinata azione. Su fattore contagiante e potere del contesto mi devo ancora chiarire le idee (to be continued).

14 commenti:

Unknown ha detto...

@luca e tutt*: ottima iniziativa quella di riflettere sulle possibilità di fare finalmente, e davvero, un gruppo di pressione, come da me proposto.

al momento è annullata la riunione del 15 aprile. ne avevo scritto sulle varie liste "critiche", ma la reazione non c'è stata e quindi ritengo che non vi sia interesse.
registro questo ulteriore dato e continuo a pedalare, come faccio sempre. faccio meno fatica inutile (sai quanto ci tenga a evitare le cose inutili).
tanto se le auto mi ammazzano da solo o in compagnia sempre ammazzato resto.

bacidibici.

Walter ha detto...

Nelle grandi citta forse la cosa è diversa, in provincia (io sono di Ascoli Piceno, 50.000 abitanti) dove il traffico è si o no un paio di volte a settimana e usare la bicicletta per spostarsi è molto piu una scelta che una necessita aggettiva.
L'ipotesi anti motore a scoppio secondo me è poco perseguibile, le zone totalmente senza auto sono bellissime a parole,ma come qualche sindaco si azzarda a pensare di attuarle gli si scagliano addosso tutti, a partire dai commercianti fino ai residenti.
Secondo me piu aspettare che qualche politico si interessi del problema bisognerebbe creare un gruppo importante di "discepoli" cercando di fare propaganda in qualunque modo.
Secondo me nelle metropoli è possibile al cosa, da me spero che qualcuno vedendomi venga voglia di imitarvi piuttosto che di mettermi sotto.
Comunque se organizzate qualcosa e vi serve una mano sono disponibile.
saluti

Paolo Cremaschi ha detto...

Sì al gruppo di pressione. Io ci sto (se volete).

Basta organizzarci. Definiamo persone e ruoli e poi si parte.

Voi romani dovete rendervi conto che, per quanto le grandi città siano le vetrine più illuminate, la gran parte degli italiani vive in medie e piccole realtà in cui, per quanto gli elementi siano gli stessi, il loro dosaggio li rende leggermente diversi. E' una cosa importante poichè, credo, qualora si voglia costituire un gruppo di pressione, lo si deve orientare al territorio nazionale (con specifiche varianti locali). Sembra che a L'Aquila stiano organizzando una sorta di CM (potremmo incontrarci la) ma, chiaramente, L'Aquila è una città impervia da conquistare in bici, senz'altro con problematiche differenti rispetto a Milano, Ferrara, etc..

Capisco di "affastellare" concetti senza chiarire granchè ma; come Walter e BikeDiablo io credo che la "demonizzazione" dell'auto (pur essendo la principale causa) non debba esser fatta.

Io parlerei di bici ma in un contesto più ampio di mobilità umana (scarpe, carrozzelle, etc.) orientata a sanare non l'oggetto ma il suo motore.

Io ci sto ad approfondire.

Dove?
Quando?

Unknown ha detto...

io parlo di roma, in questo caso di tentativo di rappresentatività e pressione.
finora ho parlato a chi legge in italiano.
nel caso delle regionali laziali ho parlato ad un territorio.
il mio è essenzialmente roma, in questo caso di elezioni e rappresentatività territoriale.
poi se volete ne ri-esco e ri-parlo a chi legge in italiano (e in inglese, visto che movimentofisso.it è anche in inglese da circa un anno)

ma nel caso del gruppo di pressione parlo del territorio in cui agisco.
poi se si fa a livello ampio: magari!!. ma già è difficile, voire impossible, farlo su questi pochi Mkmq....
chi conosce le caratteristiche del proprio territorio di vita agisca secondo quelle specifiche. qui arezzo o cortona o manduria o venetico o anche addirittura monza non possono funzionare. si tratta di territori diversi con specifiche diverse.

Paolo Cremaschi ha detto...

Capito. Mi faccio da parte ma dicendo l'ultima.

Voi li a roma (o io qui a modena) siamo un reparto "tecnico" che "deve" calare in un contesto un'idea di fondo.

Per l'effetto di internet, io credo, la cultura sta cambiando oscillando sempre più tra lo specifico e l'universale.

Guardo ad esempio la mappa del BikePolo e vedo che la squadra di Modena è una delle nove d'italia. Ci sono Milano e Roma è vero, ma ci sono pure Vicenza, Catania, Fano, ....

Io vedrei bene un gruppo di pressione che si muove a livello nazionale. Più sinapsi possibili per pochi cazzoni (almeno io son così).

Baibai, è stato un piacere.

PS Nel caso paolo.cremaschi@ugualmentedisabile.net

Unknown ha detto...

io mi tiro fuori. preferisco pedalare da solo. fate voi.

Bikediablo ha detto...

@Paolo Cremaschi
Mi sta benissimo parlare di mobilità umana infatti una delle proposte che avevo fatto a suo tempo (ma non ancora portata avanti per ragioni di tempo) era quella di contattare le associazioni dei disabili in carrozzina che dalle ciclibili otterrebbero benefici visto che un marciapiedi non sempre è fruibule per loro mentre lo sarebbero senz'altro le ciclabili.
Altro punto di forza sarebbe coinvolgere i tantissimi pattinatori che per legge non hanno alcun diritto (non possono andare ne in strada ne sui marciapiedi) mentre a Parigi (ad esempio) sono millemila, organizzati e possono (riconosciuti per legge) transitare in strada.
Le azioni si possono fare anche promuovendo iniziative per invogliare ad usare la bici per andare in ufficio, proprio domenica ne promuoviamo una (proprio in preparazione del Bike To Work Day del 13 maggio) per spostarsi dall'EUR all'APPIA e viceversa che a Roma è un itinerario trafficatissimo

Anonimo ha detto...

post troppo lunghi.
capisco la difficoltà di sintetizzare. ma strigate al massimo.
si capisce uguale.
mad max

ha detto...

I post lunghi servono a far lavorare meglio il cervello, in linea con il pensiero critico che intende comprendere prima di prescrivere.

Anonimo ha detto...

giusto per dare un metodo. ( nessun tono da professore ti assicuro ).
fai parte di qualche associazione già costituita ? io sto in un paese piccolo e già ben attrezzato ma tutto è migliorabile. già tre ciclisti seccati nell'anno e non si contano i feriti.
mad max

Paolo Cremaschi ha detto...

@Chicista: Cominciamo a far due chiacchiere più mirate? Qui (a me sta bene ma non so se Luca gradisce)? Dove? Apriamo un blog?

Tendenzialmente io preferisco commenti pubblici (no a mail private o messaggi). Sicuramente è più complicato e ci si espone a critiche (nessuno è perfetto).

@MadMax: magari voi vi conoscete già ma io non conosco nessuno di voi personalmente e non è facile la partenza. Pardon.

ha detto...

@Mad Max: a livello ciclistico partecipo all'attività della rinomata ciclofficina ExLavanderia di Roma. Credo, come Rota, che per avere effetto sul territorio, la rete debba avere una dimensione locale. Nelle grandi città anche di quartiere per molte cose. Il problema è come renderla trasversale senza diluirne l'impatto e i propositi.

Bikediablo ha detto...

@luca
sono convintissimo dell'importanza della dimensione di quartiere (o municipio) nelle grandi città.
ho provato anche a stimolare questo livello, cercando di coinvolgere le persone nei processi partecipativi dei municipi, ma chi è già impegnato con alcune iniziative siano esse associazioni, ciclofficine o altro, non ha intenzione di spendersi a livello locale per la mobilità ciclabile.
L'ho toccato con mano nel IX municipio dove al massimo sono riuscito a portare 3 persone agli incontri per la ciclabile del mandrione.
marco

ha detto...

Stessa cosa al XIX municpio, con la giunta precedente, con un paio di incontri rivelatisi inutili. Questa giunta si è disinteressata dell'argomento. Poco gente delle associazioni, alcuni provenienti da altri quartieri: il dramma della rappresentatività. E il Biciplan, al municipio XIX di Roma, non sanno neanche cos'è.