Ieri ho letto un testo interessante di Vittorio Giacopini, pubblicato sulla rivista Lo Straniero diretta da Goffredo Fofi. Si intitola Dodici tesi, o proposte (a. XIV, n. 118, aprile 2010, pp. 105-108).
Si parla di critica e credo sia un testo su cui riflettere. Ecco la seconda tesi: «Le forme tradizionali del linguaggio della protesta sono usurate. L'invettiva, la testimonianza civile, la denuncia, la grande raccolta di firme, anche il lamento: il più delle volte si tratta di scorciatoie furbette, consolatorie. Non c'è - non c'è più - un nemico da combattere. Davanti, anzi attorno a noi, esiste solo un Sistema definitivo e siamo tutti dentro la cornice. immaginarsi un'estraneità assoluta, la purezza, è semplicemente poco ragionevole. L'intuizione più felice di Marcuse resta il concetto-trappola di "tolleranza repressiva". Bisogna tenerlo a mente in ogni istante, anche se il rischio è quello della paralisi. prima di ogni gesto critico o artistico bisogna anticiparne l'effetto d'eco, o, detto in modo banale, le "conseguenze".
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