Si diceva ieri della scultura a forma di gigantesco stronzo di cocker dorato, situata nel mio quartiere, Monte Mario, a Roma. L’opera sovrasta numerosi stronzi di cane autentici. Ma c’è un’altra opera che merita la nostra attenzione. Prima di passare a post più ciclistici, vorrei soffermarmi un momento su questo lavoro, situato a poca distanza dall’altro. Anch’esso fa parte della struttura collegata alla Galleria Giovanni XXIII. Eccolo:
Come uno slancio verso il cielo, metafora della ricerca insaziabile dell’uomo, verso nuove sfide, e (opzionale) con la certezza della fede, (altra opzione) il dubbio, ecc.
Francesco Bonami, nel suo libro Lo potevo fare anch’io se la prende con le innumerevoli sfere di Pomodoro (a Roma ne abbiamo una alla Farnesina) e, in genere, con l’arte pubblica, monumentale o come vogliamo chiamarla. Su Pomodoro sarei un po’ meno drastico, come pure sarei meno entusiasta dei cuori di Koons, esaltati invece da Bonami. Ma credo che questo pezzo di ferro arruginito possa mettere tutti d’accordo, in quanto supera ogni più fantasiosa immaginazione: farebbe gola solo a uno sfasciacarrozze. L’unica consolazione è che con l’andar del tempo, la ruggine lo corroderà: ne potrebbe uscire qualcosa di meglio.
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