"Ci uccidiamo come mosche. serve il coraggio di cambiare", titola oggi il Messaggero (p. 5) l'intervista a Carla Mariani, vicepresidente dell'Associazione europea familiari e vittime della strada. Ha perso un figlio di 19 anni nel 1998. "La legge sulla sicurezza stradale non deve guardare agli interessi degli industriali, ma solo alla salute e all'integrità dei cittadini". Parole sacrosante, che ci fanno capire quanto siamo lontani da una tutela della salute e dell'incolumità delle persone. Perché i Suv, perché veicoli a motore in grado di raggiungere velocità doppie di quelle massime consentite? perché non vengono applicati dei limitatori elettronici di velocità? Perché, perché.
Sul casco in bici, la signora mariani ricorda che c'è chi minaccia di non andare più in bici: "Bene, vorrà dire che prenderà l'autobus o andrà a piedi". Personalmente, il casco in bici lo metto. Ma concentrarsi sul casco in una situazione terrificante come quella delle metropoli italiane mi sembra un modo per distrarsi dai problemi principali. La signora Mariani non crede molto nell'intensificazione dei controlli. Dice che si tratta di essere serie e severi. Come la revisione dell'automobile fatta da un privato alla Motorizzazione. Ti rivoltano l'auto come un pedalino. Va benissimo la severità. Peccato, poi, che quando fuori schiacci il pedalino, nessuno ti multa.
venerdì 30 aprile 2010
Oggi alle 18, a Roma, c'è la Critical Mass. A un mese dalla esaltante Ciemmona, che si svolgerà il 28, 29 e 30 maggio, appuntamento a via dei Fori Imperiali, palo 27, per provare i velocipedi e pedalare insieme. Facendo un giretto per il web ho notato che hanno sputtanato il termine. Al sito www.criticalmass.com si trova pubblicità della birra. Difficile essere no logo in un mondo di logo.
giovedì 29 aprile 2010
mercoledì 28 aprile 2010
martedì 27 aprile 2010
9 maggio: giornata della bicicletta
a me le giornate di qualcosa non sono mai piaciute. Ma quella della bicicletta è infiocchettata di cazzate, in città sempre meno vivibili.
lunedì 26 aprile 2010
venerdì 23 aprile 2010
«Nel maggio 1940 l'esercito tedesco, penetrato in Olanda e in Belgio, avanzava verso Parigi senza incontrare resistenza. Il 14 giugno raggiungeva la città. Da giorni e giorni gli abitanti abbandonavano in massa la capitale, in treno, in automobile, su carri e altri mezzi di fortuna. […] Partii anch'io in bicicletta, quella sera stessa. Per un paio di giorni riuscii di stretta misura a sopravanzare le truppe tedesche. Fui il bersaglio, per fortuna mancato, dei mitragliamenti aerei, una volta mentre ero in bicicletta, un'altra su un vagone merci. Il viaggio da Parigi verso la Francia meridionale mi portò a Limoges, Bodeaux, Tolosa».
Salvador E. Luria, Storia di geni e di me, Boringhieri, Torino, 1984, pp. 36-37.
Salvador E. Luria, Storia di geni e di me, Boringhieri, Torino, 1984, pp. 36-37.
giovedì 22 aprile 2010
Ricevo un'email dall'ottima FIAB Ciclobby di Milano. Si segnala un articolo di Renzo Piano (che non penso nessuno possa tacciare di inesperienza o arido teorizzare. È apparso oggi sul Corriere della Sera. Riguarda la città di Milano. E gli alberi. Che il direttore d'orchestra Claudio Abbado aveva invitato a piantare per trasformare la città e il benessere dei cittadini. progetto troppo costoso, hanno detto al Comune di Milano. Trovate qui l'articolo, ma io riporto qualche punto qua sotto, a uso e consumo dei ciclisti urbani e, soprattutto degli amministratori comunali troppo frettolosi.
1) «La città ha bisogno di alberi anche per una ragione molto più pratica e concreta. C’è un effetto termico detto effetto città per cui la pietra, i mattoni e l’asfalto si infuocano d’estate elevando la temperatura media di 4/5 gradi».L'effetto è mitigato dagli alberi.
2) Gli alberi prendono inevitabilmente il posto dei parcheggi e del traffico automobilistico.
3) Le città vanno salvate dal traffico e «dall’enorme quantità di parcheggi che le stanno soffocando. Più parcheggi si fanno e più traffico si attira, come la fisica insegna».
Cari Sindaci, l'ha detto Renzo, non la casalinga di Voghera: più parcheggi si fanno e più traffico si attira.
Negli Stati Uniti hanno anche accertato che più le strade sono larghe, maggiore è il traffico.
Tutto questo ha un costo sulla collettività (per fare i parcheggi e allargare le strade), ripagata poi con smog, malesseri, cancri e malattie cardio-polmonari. Il costo di queste infrastrutture è molto alto. Non so quanto costa piantare alberi, ma non credo che sia più alto di un parcheggio sotterraneo.
Le metropoli, fatalmente, cominciano ad assomigliarsi tutte, con due tipologie, sempre più radicalmente opposte: la zona residenziale (ricco, stanziale) e le zone di passaggio, dove alla fine non rimane niente, solo il traffico. Puoi cambiare zona, semplicemente svoltando in una strada laterale. Lo smog se lo tengono tutti. ma i commercianti sulle strade di passaggio chiudono, la sosta è infatti impossibile.
1) «La città ha bisogno di alberi anche per una ragione molto più pratica e concreta. C’è un effetto termico detto effetto città per cui la pietra, i mattoni e l’asfalto si infuocano d’estate elevando la temperatura media di 4/5 gradi».L'effetto è mitigato dagli alberi.
2) Gli alberi prendono inevitabilmente il posto dei parcheggi e del traffico automobilistico.
3) Le città vanno salvate dal traffico e «dall’enorme quantità di parcheggi che le stanno soffocando. Più parcheggi si fanno e più traffico si attira, come la fisica insegna».
Cari Sindaci, l'ha detto Renzo, non la casalinga di Voghera: più parcheggi si fanno e più traffico si attira.
Negli Stati Uniti hanno anche accertato che più le strade sono larghe, maggiore è il traffico.
Tutto questo ha un costo sulla collettività (per fare i parcheggi e allargare le strade), ripagata poi con smog, malesseri, cancri e malattie cardio-polmonari. Il costo di queste infrastrutture è molto alto. Non so quanto costa piantare alberi, ma non credo che sia più alto di un parcheggio sotterraneo.
Le metropoli, fatalmente, cominciano ad assomigliarsi tutte, con due tipologie, sempre più radicalmente opposte: la zona residenziale (ricco, stanziale) e le zone di passaggio, dove alla fine non rimane niente, solo il traffico. Puoi cambiare zona, semplicemente svoltando in una strada laterale. Lo smog se lo tengono tutti. ma i commercianti sulle strade di passaggio chiudono, la sosta è infatti impossibile.
Compleanno della ciclofficina ExLavanderia
Un'occasione per concoscerci, fare festa e promuovere la ciclabilità urbana. Sul colle di Monte Mario a Roma ci si prepara a festeggiare, sabato 24 aprile, il secondo anno di vita della ciclofficina ExLavanderia. Due anni di bici raccolte, restaurate, riparate e rimesse in strada a costo zero. Due anni di socializzazione, riunioni, scambio di saperi, sviluppo della competenze manuali e meccaniche. Due anni di manifestazioni e anche di feste.
Se vuoi pedalare e non hai soldi, puoi trovare una bici in ciclofficina e imparare a ripararla. Vuoi imparare a saldare ad arco a cannello? C'è l'iniziativa "Saldobrasatura niente paura". Sabato 24 aprile, dentro e davanti al Padiglione 31 del Parco(e purtroppo ancora parcheggio) di Santa Maria della Pietà si svolgerà la festa della ciclofficina. Tutte le informazioni su chi, come, dove, quando, perché, si trovano qui. Prima della festa si svolgerà, alle 14, la riunione del Coordinamento “Di traffico si muore”. PROGRAMMA: Gara/staffetta di mini bikes - h 17:00 Ciclo-Asta-Aperitivo - h 18:30 Cena sociale - h 20:00 Estrazione numero Ciclo-Riffa - h 20:00 I Bantha presentano "The Big Lebowsky Show" - h 21:30 Dj set con Dj-ROOT - h 22:30 GARA/STAFFETTA Le regole sono semplici: 1 - si partecipa in coppia (bambino più adulto) 2 - si gareggia su bici da bambino Tutti vincono: chi arriva primo sceglie per primo quale bici portarsi a casa, tra quelle in gara. |
mercoledì 21 aprile 2010
martedì 20 aprile 2010
Il 22 aprile, Earth Day, fra le altre cose si inaugura a Denver, Colorado il servizio di bike-sharing. È il primo piano nazionale su scala cittadina. La prefigurazione di una drastico cambiamento che nei prossimi anni coinvolgerà gli Stati Uniti d'America, le sue abitudini radicate nell'uso dell'automobile anche per piccoli spostamenti. (In Italia, il giorno in cui finirà il petrolio e saremo avvolti da nere nuvole, ci sarà la fila davanti al concessionario.)
A Denver, il 22 aprile, interverrà il sindaco della città e ci sarà una festa. Altrimenti che differenza c'è tra una giornata qualunque di ciclisti urbani e l'Earth Day? Il sindaco guiderà la parata di biciclette, segno che l'esperienza della Critical Mass, almeno negli Stati Uniti, è servita a sensibilizzare le istituzioni, che partecipano direttamente alle iniziative, non "aprono tavoli", il "dialogo con le associazioni" per cominciare a vedere quali sono le loro esigenze, il biciplan - accuratamente diviso per Municipio, per renderlo più efficace, e tutte le altre stronzate, peraltro neanche realizzate. Parlo di Roma, dove "smog gets in your eyes...".
Vediamo come funziona il bike-sharing di Denver. Sono 500 le biciclette in servizio. L'abbonamento ha un costo (24 ore con 5 dollari, 30 giorni costano 30 dollari, 7 giorni 20 dollari e un anno 65 dollari), ma come in tutto il mondo meno che a Roma, la prima mezz'ora è gratis; la seconda mezz'ora costa un dollaro e 10 e poi il prezzo sale per scoraggiare l'suo prolungato. Il bike-sharing di Denver è pure sponsorizzato da una compagnia assicuratrice: l'uso della bici migliora la qualità della vita e la salute dei cittadini, per questo vale la pena di investirci, avranno pensato. E poi il verde tira da pazzi, pure il verde taroccato, purtroppo. Per l'abbonamento, sono previsti sconti per studenti (40 dollari l'anno), seniores e aziende che si iscrivano al progetto (55 dollari).
A Denver, il 22 aprile, interverrà il sindaco della città e ci sarà una festa. Altrimenti che differenza c'è tra una giornata qualunque di ciclisti urbani e l'Earth Day? Il sindaco guiderà la parata di biciclette, segno che l'esperienza della Critical Mass, almeno negli Stati Uniti, è servita a sensibilizzare le istituzioni, che partecipano direttamente alle iniziative, non "aprono tavoli", il "dialogo con le associazioni" per cominciare a vedere quali sono le loro esigenze, il biciplan - accuratamente diviso per Municipio, per renderlo più efficace, e tutte le altre stronzate, peraltro neanche realizzate. Parlo di Roma, dove "smog gets in your eyes...".
Vediamo come funziona il bike-sharing di Denver. Sono 500 le biciclette in servizio. L'abbonamento ha un costo (24 ore con 5 dollari, 30 giorni costano 30 dollari, 7 giorni 20 dollari e un anno 65 dollari), ma come in tutto il mondo meno che a Roma, la prima mezz'ora è gratis; la seconda mezz'ora costa un dollaro e 10 e poi il prezzo sale per scoraggiare l'suo prolungato. Il bike-sharing di Denver è pure sponsorizzato da una compagnia assicuratrice: l'uso della bici migliora la qualità della vita e la salute dei cittadini, per questo vale la pena di investirci, avranno pensato. E poi il verde tira da pazzi, pure il verde taroccato, purtroppo. Per l'abbonamento, sono previsti sconti per studenti (40 dollari l'anno), seniores e aziende che si iscrivano al progetto (55 dollari).
lunedì 19 aprile 2010
Vorrei tornare su una mia vecchia idea, perché stranamente nessuno ha dato segni di interesse. È una cosa semplice che potrebbe risolvere molti problemi e ridurre drasticamente il numero di morti violente a Roma. Il costo è molto basso. Si tratta di affidare i compiti di polizia municipale della Capitale a Hezbollah, il gruppo libanese, sì, proprio quello. Potrebbe essere un modo per avvicinare le sponde del Mediterraneo incentiverebbe il dialogo tra i popoli. Un accordo tra il Sindaco Alemanno e i leader del gruppo favorirebbe anche lo scambio culturale. E un'iniziativa del genere sarebbe in linea anche con la passione per le esternalizzazioni dei mega-manager.
I nuovi vigili urbani di Roma non dovranno assolutamente parlare italiano: si esprimeranno liberamente nella loro lingua. Gli attuali vigili urbani si dedicheranno esclusivamente a fare le multe ai mezzi fermi in sosta vietata, in quanto già ora sembra essere la loro attività preferita, almeno nel 90% dei casi. “Ferma, l'auto se vede mejo; nun te devi scapicolla'. Bboni bboni, famo cassa lo stesso”.
All'inizio, si potrebbe ipotizzare una pattuglia mista Hezbollah-vigile romano. Il pizzardone potrebbe far intendere che il clima a Roma è cambiato, che il Codice della Strada adesso si rispetta rigorosamente, come le procedure del traffico aereo. «A maschio, damme retta. Questo nun scherza», potrebbe avvisare il vigile, poco prima che il barbuto militante faccia scendere bruscamente il broker di Vigna Clara dalla Sorento grigia alla terza rata, strappando via la portiera con un interessante attrezzo metallico. Sì, perché andare a 90 Km/h su Corso Francia meriterebbe un processo serio. Come vogliamo chiamarlo, questo reato? Distrazione? Tentato omicidio? Non esageriamo, in Italia con Angelino e Niccolò oberati di lavoro, figurati se adesso ci mettiamo pure a pensare alle sviste del tachimetro. A Roma, con tutti i problemi della città più bella del mondo, dove se magna bene e se paga poco, c’è er Colosseo, i mezzi pubblici so 'na favola. Pochi giorni fa, in Parlamento, esponenti della destra si sono rinfacciati accuse sulla mancata riforma del Codice della Strada. Non vi affaticate col teatrino: a che serve riformare un Codice che nessuno applica?
«Avevo fretta», cerca di difendersi il giovane intermediario finanziario, mentre raccoglie la portiera e cerca di pulirla. «Poi, scusate, co sto traffico non si riesce a passa’, non se trova mai posto, mica me vorete addossa’ tutti i problemi». Il giovane guarda il vigile, che aggrotta la fronte e fa una bella espressione alla romana, poi con gli occhi guarda in direzione del militante barbuto che sta cominciando a staccare un'altra portiera. «Oddio, er Sorento, me lo state a distrugge. Fermatevi, per favore. Adesso per fortuna stanno costruendo questi parcheggi interrati di sette piani. Tutto cambierà, è solo questione di tempo: 'sta macchina è troppo grossa, me serve pe’ lavoro: io manco la volevo».
I pesanti limiti alla libertà individuale di spostamento dei possessori di Suv stanno per essere rimossi grazie a intelligenti soluzioni cementizie.
Al grido di “un parcheggio interrato per ogni romano”, chissà come sta andando la vendita dei posti auto sotterranei; mi sa che non va molto bene. Un posto costa come dieci utilitarie nuove. E se ci fossero danni ai palazzi circostanti durante i lavori? Sapete quanti anni ci mette il Comune di Roma a risarcire i danni a un palazzo causati dai lavori? Avete esperienze in tal senso?
I nuovi vigili urbani di Roma non dovranno assolutamente parlare italiano: si esprimeranno liberamente nella loro lingua. Gli attuali vigili urbani si dedicheranno esclusivamente a fare le multe ai mezzi fermi in sosta vietata, in quanto già ora sembra essere la loro attività preferita, almeno nel 90% dei casi. “Ferma, l'auto se vede mejo; nun te devi scapicolla'. Bboni bboni, famo cassa lo stesso”.
All'inizio, si potrebbe ipotizzare una pattuglia mista Hezbollah-vigile romano. Il pizzardone potrebbe far intendere che il clima a Roma è cambiato, che il Codice della Strada adesso si rispetta rigorosamente, come le procedure del traffico aereo. «A maschio, damme retta. Questo nun scherza», potrebbe avvisare il vigile, poco prima che il barbuto militante faccia scendere bruscamente il broker di Vigna Clara dalla Sorento grigia alla terza rata, strappando via la portiera con un interessante attrezzo metallico. Sì, perché andare a 90 Km/h su Corso Francia meriterebbe un processo serio. Come vogliamo chiamarlo, questo reato? Distrazione? Tentato omicidio? Non esageriamo, in Italia con Angelino e Niccolò oberati di lavoro, figurati se adesso ci mettiamo pure a pensare alle sviste del tachimetro. A Roma, con tutti i problemi della città più bella del mondo, dove se magna bene e se paga poco, c’è er Colosseo, i mezzi pubblici so 'na favola. Pochi giorni fa, in Parlamento, esponenti della destra si sono rinfacciati accuse sulla mancata riforma del Codice della Strada. Non vi affaticate col teatrino: a che serve riformare un Codice che nessuno applica?
«Avevo fretta», cerca di difendersi il giovane intermediario finanziario, mentre raccoglie la portiera e cerca di pulirla. «Poi, scusate, co sto traffico non si riesce a passa’, non se trova mai posto, mica me vorete addossa’ tutti i problemi». Il giovane guarda il vigile, che aggrotta la fronte e fa una bella espressione alla romana, poi con gli occhi guarda in direzione del militante barbuto che sta cominciando a staccare un'altra portiera. «Oddio, er Sorento, me lo state a distrugge. Fermatevi, per favore. Adesso per fortuna stanno costruendo questi parcheggi interrati di sette piani. Tutto cambierà, è solo questione di tempo: 'sta macchina è troppo grossa, me serve pe’ lavoro: io manco la volevo».
I pesanti limiti alla libertà individuale di spostamento dei possessori di Suv stanno per essere rimossi grazie a intelligenti soluzioni cementizie.
Al grido di “un parcheggio interrato per ogni romano”, chissà come sta andando la vendita dei posti auto sotterranei; mi sa che non va molto bene. Un posto costa come dieci utilitarie nuove. E se ci fossero danni ai palazzi circostanti durante i lavori? Sapete quanti anni ci mette il Comune di Roma a risarcire i danni a un palazzo causati dai lavori? Avete esperienze in tal senso?
giovedì 15 aprile 2010
Multare i Suv è cosa buona e giusta
EMERGENZA INQUINAMENTO: TERRA! “MULTA” I POSSESSORI DI SUV E LANCIA LA “NO SMOG PARADE”
La scorsa notte gli attivisti dell’associazione ambientalista Terra! hanno ironicamente “sanzionato” centinaia di SUV parcheggiati ovunque nelle vie fiorentine, apponendo sui parabrezza volantini rosa simili a una multa, con l’obiettivo di fornire ai proprietari informazioni dettagliate sull’impatto ambientale del loro veicolo. Un approccio semiserio dunque, per un problema serissimo, considerati anche gli elevati valori di inquinanti presenti a Firenze negli scorsi mesi invernali.
Cfr. il rapporto Suv in città di Terra!
La scorsa notte gli attivisti dell’associazione ambientalista Terra! hanno ironicamente “sanzionato” centinaia di SUV parcheggiati ovunque nelle vie fiorentine, apponendo sui parabrezza volantini rosa simili a una multa, con l’obiettivo di fornire ai proprietari informazioni dettagliate sull’impatto ambientale del loro veicolo. Un approccio semiserio dunque, per un problema serissimo, considerati anche gli elevati valori di inquinanti presenti a Firenze negli scorsi mesi invernali.
Cfr. il rapporto Suv in città di Terra!
Sempre dalle Dodici tesi, o proposte di Giacopini (cfr. post di ieri), trascrivo la quinta, che mi sembra molto interessante per l'organizzazione di un gruppo di pressione di ciclisti urbani:
«Finito il sogno incompiuto della democrazia, l'idea che la società sia solo un grande Complotto o una Congiura non è da scartare affatto, anzi è sensata. ma ancora una volta il presente è più complicato e qui le congiure e i complotti sono tanti, tutti molto meschini, particolari. Siamo circondati da combriccole, bande, consorterie e naturalmente dai poteri forti (che poi sono sempre e soltanto il Capitale). Niente di nuovo. L'arte, la critica, gli intellettuali non si sottraggono a questa tendenza. Marx e Benjamin volevano cambiare il mondo e la società, farle diverse e questo può darsi che sia impossibile. Intanto, bisogna creare piccole società dentro la società, isole sparse, e organizzare piccole e consapevoli congiure. È un problema di minoranze consapevoli».
«Finito il sogno incompiuto della democrazia, l'idea che la società sia solo un grande Complotto o una Congiura non è da scartare affatto, anzi è sensata. ma ancora una volta il presente è più complicato e qui le congiure e i complotti sono tanti, tutti molto meschini, particolari. Siamo circondati da combriccole, bande, consorterie e naturalmente dai poteri forti (che poi sono sempre e soltanto il Capitale). Niente di nuovo. L'arte, la critica, gli intellettuali non si sottraggono a questa tendenza. Marx e Benjamin volevano cambiare il mondo e la società, farle diverse e questo può darsi che sia impossibile. Intanto, bisogna creare piccole società dentro la società, isole sparse, e organizzare piccole e consapevoli congiure. È un problema di minoranze consapevoli».
mercoledì 14 aprile 2010
A Roma (dice) 45 postazioni di noleggio bici
Il 27 marzo 2010 sul Tempo, a pag, 50, nella Cronaca di Roma, è apparso un articolo di Alessandra Zavatta dedicato al bike-sharing alla romana (noleggio a mezzo euro ogni mezz'ora).
Sarà vero o farà la fine della riforma dei regolamenti condominiali di cui non s'è saputo più nulla?
Si annuncia la costruzione di 45 nuovi stalli per il noleggio delle bici. Uno è già stato inaugurato a Ostia, in Piazza An[c]o Marzio. Attorno al Vaticano, a Borgo Pio e a Prati verranno realizzati 21 stalli. Altri su via dei Fori Imperiali, la via dove le auto vanno impunemente a 100 Km/h e dove muoiono i ciclisti. L'ultimo è un fotografo giapponese di 39 anni, morto il 30 marzo. ne ha dato notizia il Coordinamento "Di traffico si muore". I morti per strada li fanno sparire in fretta, avete notato? poi però i parenti portano i fiori e gli amici le sciarpe. I pali di Roma sono pieni di fiori. La guerra continua. Chiusa la parentesi.
Altri stalli sono previsti a piazza del Colosseo, mercati di Traiano, San Giovanni in Laterano; su viale Trastevere ci saranno (forse) 80 bici per 8 postazioni.
Il ministero dell'Ambiente ha reso possibile questo progetto, stanziando 800 mila euro, dice Il Tempo.
Ora, mi chiedo, in che modo il Comune pensa di tutelare l'incolumità dei ciclisti, che sono ciclisti saltuari, turisti, ragazzi in gita, ecc.?
Prevede qualche misura di controllo aggiuntiva, limiti di velocità, dossi, autovelox? Oppure ognuno per sé?
Come è possibile soltanto ipotizzare nel terzo millennio di mettere delle bici su via dei Fori Imperiali, viale Trastevere, San Giovanni in Laterano e affittarle a persone mediamente poco esperte, senza porsi in alcun modo il problema di come circoleranno queste bici?
Sarà vero o farà la fine della riforma dei regolamenti condominiali di cui non s'è saputo più nulla?
Si annuncia la costruzione di 45 nuovi stalli per il noleggio delle bici. Uno è già stato inaugurato a Ostia, in Piazza An[c]o Marzio. Attorno al Vaticano, a Borgo Pio e a Prati verranno realizzati 21 stalli. Altri su via dei Fori Imperiali, la via dove le auto vanno impunemente a 100 Km/h e dove muoiono i ciclisti. L'ultimo è un fotografo giapponese di 39 anni, morto il 30 marzo. ne ha dato notizia il Coordinamento "Di traffico si muore". I morti per strada li fanno sparire in fretta, avete notato? poi però i parenti portano i fiori e gli amici le sciarpe. I pali di Roma sono pieni di fiori. La guerra continua. Chiusa la parentesi.
Altri stalli sono previsti a piazza del Colosseo, mercati di Traiano, San Giovanni in Laterano; su viale Trastevere ci saranno (forse) 80 bici per 8 postazioni.
Il ministero dell'Ambiente ha reso possibile questo progetto, stanziando 800 mila euro, dice Il Tempo.
Ora, mi chiedo, in che modo il Comune pensa di tutelare l'incolumità dei ciclisti, che sono ciclisti saltuari, turisti, ragazzi in gita, ecc.?
Prevede qualche misura di controllo aggiuntiva, limiti di velocità, dossi, autovelox? Oppure ognuno per sé?
Come è possibile soltanto ipotizzare nel terzo millennio di mettere delle bici su via dei Fori Imperiali, viale Trastevere, San Giovanni in Laterano e affittarle a persone mediamente poco esperte, senza porsi in alcun modo il problema di come circoleranno queste bici?
Ieri ho letto un testo interessante di Vittorio Giacopini, pubblicato sulla rivista Lo Straniero diretta da Goffredo Fofi. Si intitola Dodici tesi, o proposte (a. XIV, n. 118, aprile 2010, pp. 105-108).
Si parla di critica e credo sia un testo su cui riflettere. Ecco la seconda tesi: «Le forme tradizionali del linguaggio della protesta sono usurate. L'invettiva, la testimonianza civile, la denuncia, la grande raccolta di firme, anche il lamento: il più delle volte si tratta di scorciatoie furbette, consolatorie. Non c'è - non c'è più - un nemico da combattere. Davanti, anzi attorno a noi, esiste solo un Sistema definitivo e siamo tutti dentro la cornice. immaginarsi un'estraneità assoluta, la purezza, è semplicemente poco ragionevole. L'intuizione più felice di Marcuse resta il concetto-trappola di "tolleranza repressiva". Bisogna tenerlo a mente in ogni istante, anche se il rischio è quello della paralisi. prima di ogni gesto critico o artistico bisogna anticiparne l'effetto d'eco, o, detto in modo banale, le "conseguenze".
Si parla di critica e credo sia un testo su cui riflettere. Ecco la seconda tesi: «Le forme tradizionali del linguaggio della protesta sono usurate. L'invettiva, la testimonianza civile, la denuncia, la grande raccolta di firme, anche il lamento: il più delle volte si tratta di scorciatoie furbette, consolatorie. Non c'è - non c'è più - un nemico da combattere. Davanti, anzi attorno a noi, esiste solo un Sistema definitivo e siamo tutti dentro la cornice. immaginarsi un'estraneità assoluta, la purezza, è semplicemente poco ragionevole. L'intuizione più felice di Marcuse resta il concetto-trappola di "tolleranza repressiva". Bisogna tenerlo a mente in ogni istante, anche se il rischio è quello della paralisi. prima di ogni gesto critico o artistico bisogna anticiparne l'effetto d'eco, o, detto in modo banale, le "conseguenze".
martedì 13 aprile 2010
A febbraio avevo azzardato un'ipotesi sull'arrivo della primavera. Smentita da piogge torrenziali. Avevo anche fatto il sapiente meteorologo con risultati disastrosi: le formiche che avevano iniziato a lavorare al formicaio saranno morte. Questo periodo di tempo incerto è per me davvero molto noioso, a parte le ipotesi di un gruppo di pressione di ciclisti a Roma. Credo che i gruppi di pressione debbano essere locali, anche facendo cose analoghe e scambiandosi consigli. Regioni, province e comuni sono troppo differenziati. Oggi ho scoperto che a Bergamo si può portare la bici sul tram: il regolamento è così lungo che viene voglia di non salire sul tram, ma i tram sono molto stretti e ci vogliono delle regole per convivere.
Oggi uno del ministero dei trasporti, siccome a Roma stanno morendo dei ragazzini in minicar, ha detto qualcosa sulle regole da rispettare, che si corre troppo, ecc. È la "risposta delle istituzioni", giusto un paio di cazzate da dire. Stamattina sono stato sorpassato da 6 suv di seguito, a circa 90 Km/h (su via Flaminia), di marche diverse (i colori sono sempre quelli mortaccini: blu, grigio, nero). Non è proprio una bella primavera.
No, oggi ho una buona notizia. Un signore con la barba e i capelli grigi su una bici verde arranca su una salita nella zona di via Nomentana. La sella è troppo inclinata, forse anche un po' bassa per la sua altezza. Vede una signora molto anziana che cerca di trascinare un pesante sacchetto della spazzatura. Il ciclista va avanti qualche metro, poi si ferma e molto lentamente, quasi cerimoniosamente, chiede se può aiutarla. Prende il sacchetto e lo getta nel cassonetto. Lei aspetta, mi guarda che guardo la bici. Quasi a dire "prova ad avvicinarti e te la dovrai vedere con me". Lui torna e riparte. Visto che Rotafixa ha parlato su ciclistica.it di leggerezza della bici, qui ci sono anche la lentezza e la pesantezza. Intorno è casino totale, ululati di iniettori che subito dopo inchiodano.
Oggi uno del ministero dei trasporti, siccome a Roma stanno morendo dei ragazzini in minicar, ha detto qualcosa sulle regole da rispettare, che si corre troppo, ecc. È la "risposta delle istituzioni", giusto un paio di cazzate da dire. Stamattina sono stato sorpassato da 6 suv di seguito, a circa 90 Km/h (su via Flaminia), di marche diverse (i colori sono sempre quelli mortaccini: blu, grigio, nero). Non è proprio una bella primavera.
No, oggi ho una buona notizia. Un signore con la barba e i capelli grigi su una bici verde arranca su una salita nella zona di via Nomentana. La sella è troppo inclinata, forse anche un po' bassa per la sua altezza. Vede una signora molto anziana che cerca di trascinare un pesante sacchetto della spazzatura. Il ciclista va avanti qualche metro, poi si ferma e molto lentamente, quasi cerimoniosamente, chiede se può aiutarla. Prende il sacchetto e lo getta nel cassonetto. Lei aspetta, mi guarda che guardo la bici. Quasi a dire "prova ad avvicinarti e te la dovrai vedere con me". Lui torna e riparte. Visto che Rotafixa ha parlato su ciclistica.it di leggerezza della bici, qui ci sono anche la lentezza e la pesantezza. Intorno è casino totale, ululati di iniettori che subito dopo inchiodano.
lunedì 12 aprile 2010
L’argomento di cui stiamo parlando, per fortuna, sta a cuore a tutti. Con Bikediablo ci siamo capiti: facciamo pressione = facciamo lobby. Lo sconforto di cui parla Rotafixa lo condivido: sulla qualità della pressione, ma non sulla quantità. Magari ci fosse a Roma un gruppo di 345 attivisti, non necessariamente gli stessi che hanno (abbiamo) votato Rotafixa: non sono affatto pochi.
A me va bene l’idea “anti-auto”: anti-auto è il pedone, la persona anziana che va a fare la spesa, il papà o la mamma con il passeggino, oltre ai ciclisti, ecc. Anti-auto è la ztl di Ferrara che è vietata ai motori. Io direi anche anti-scooter, forse il comune avversario è il motore a scoppio.
A parte questo, scoraggia il tentennare di molti e quelli che “stanno alla finestra”, magari leggono i post, ma non si sa neanche che esistono. Poi ci sono anche alcuni ciclisti urbani assidui che non partecipano affatto. E anche i “teorici” della bici: la bici è bella, ma senza fatica, che poi non è faticaccia brutta ma buone abitudini per il movimento. La gente è nervosa perché non si muove. Me lo sento addosso e li vedo in azione sui trabocchetti a scoppio.
Come in tutte le piccole categorie unite da affinità, c’è la questione dei sottogeneri, gusti, tendenze, personalità, che a volte crea fratture irreparabili.
Cosa deve fare un gruppo di persone di buona volontà e senza secondi fini, meno che mai economici, con una psiche abbastanza equilibrata, per ottenere qualcosa?
I due problemi sono: 1) convincere gli altri ad andare in bici; 2) compattare un gruppo di attivisti per fare pressione sulle istituzioni, stampa, ecc. e per rendere più ciclabili le grandi e medie città. Non è detto che l’attività del secondo gruppo favorisca l’ampliamento del primo.
Lasciando da parte esempi positivi di gente che finalmente prende la bici e cambia stile di vita, e lasciando da parte anche le solite litanie sul “vorrei ma non posso”, vorrei iniziare ad approfondire la questione.
Le biciclettate, in un’ottica di ciclismo urbano, potrebbero addirittura essere controproducenti, perché promuovono un’immagine ricreativa del mezzo. E anche l’ossessione per le piste ciclabili rischia di essere un problema: se non si riesce a farle, le istituzioni dicono “non abbiamo i soldi” e il discorso ciclabilità termina qui; se, viceversa, ci sono i soldi e si costruiscono ciclabili, magari anche bene, si rischia alla fine di creare una riserva indiana che dice al ciclista dove deve andare, come se fosse un’autostrada in miniatura.
Tutti, penso, crediamo alla possibilità che piccoli gruppi possano influenzare gli altri, con il loro comportamento e con forme di pressione, propaganda, ecc. Anche passare su una strada in bici è una forma di pubblicità, come spera Walter. Avevo pure pensato di cominciare a vestirmi elegante con la cravatta per far vedere che è facile pedalare, che è normale.
A volte le persone reagiscono anche male, nervosamente, alla “proposta” di andare in bici a scuola o al lavoro: tutti avrete avuto esperienza di queste reazioni. Qualcuno, però, con grande soddisfazione, l’ho convertito anch’io.
Malcom Gladwell, ex giornalista finanziario del “Washington Post”, ha scritto un libro intitolato The tipping point: how little things can make a big difference, Back Bay Books, London, 2002 (trad. it.: Il punto critico: i grandi effetti dei piccoli cambiamenti, Rizzoli, Milano, 2006). L'autore ha esaminato i processi che accomunano i consumi di particolari prodotti, le rivoluzioni, le grandi campagne di sensibilizzazione, la vendita di un certo tipo di scarpe da ginnastica, la diffusione di un'epidemia. Il concetto basilare è che il punto critico cessa di diffondersi gradualmente quando, raggiunta la massa critica, si diffonde in modo esponenziale. Esponenziale è la bici ad Amsterdam o a Ferrara.
Le regole individuate da Gladwell sono tre: legge dei pochi, fattore contagiante e potere del contesto. La legge dei pochi dimostra che basta un numero esiguo di persone per diffondere un'idea o un prodotto. L’autore divide i pochi in tre categorie: connettori, esperti e venditori. I connettori sono coloro che esercitano un potere aggregante, grazie alla loro fitta rete di contatti. Gli esperti raccolgono il maggior numero di informazioni su un determinato tema, fungono da serbatoio di idee, pur non esercitando un'azione connettiva. I venditori sono persuasori, hanno la capacità di convincere gli altri dell'importanza e utilità di una determinata azione o prodotto. Questo è il gruppo di pressione.
Il messaggio deve poter far presa sugli altri per innescare una determinata azione. Su fattore contagiante e potere del contesto mi devo ancora chiarire le idee (to be continued).
A me va bene l’idea “anti-auto”: anti-auto è il pedone, la persona anziana che va a fare la spesa, il papà o la mamma con il passeggino, oltre ai ciclisti, ecc. Anti-auto è la ztl di Ferrara che è vietata ai motori. Io direi anche anti-scooter, forse il comune avversario è il motore a scoppio.
A parte questo, scoraggia il tentennare di molti e quelli che “stanno alla finestra”, magari leggono i post, ma non si sa neanche che esistono. Poi ci sono anche alcuni ciclisti urbani assidui che non partecipano affatto. E anche i “teorici” della bici: la bici è bella, ma senza fatica, che poi non è faticaccia brutta ma buone abitudini per il movimento. La gente è nervosa perché non si muove. Me lo sento addosso e li vedo in azione sui trabocchetti a scoppio.
Come in tutte le piccole categorie unite da affinità, c’è la questione dei sottogeneri, gusti, tendenze, personalità, che a volte crea fratture irreparabili.
Cosa deve fare un gruppo di persone di buona volontà e senza secondi fini, meno che mai economici, con una psiche abbastanza equilibrata, per ottenere qualcosa?
I due problemi sono: 1) convincere gli altri ad andare in bici; 2) compattare un gruppo di attivisti per fare pressione sulle istituzioni, stampa, ecc. e per rendere più ciclabili le grandi e medie città. Non è detto che l’attività del secondo gruppo favorisca l’ampliamento del primo.
Lasciando da parte esempi positivi di gente che finalmente prende la bici e cambia stile di vita, e lasciando da parte anche le solite litanie sul “vorrei ma non posso”, vorrei iniziare ad approfondire la questione.
Le biciclettate, in un’ottica di ciclismo urbano, potrebbero addirittura essere controproducenti, perché promuovono un’immagine ricreativa del mezzo. E anche l’ossessione per le piste ciclabili rischia di essere un problema: se non si riesce a farle, le istituzioni dicono “non abbiamo i soldi” e il discorso ciclabilità termina qui; se, viceversa, ci sono i soldi e si costruiscono ciclabili, magari anche bene, si rischia alla fine di creare una riserva indiana che dice al ciclista dove deve andare, come se fosse un’autostrada in miniatura.
Tutti, penso, crediamo alla possibilità che piccoli gruppi possano influenzare gli altri, con il loro comportamento e con forme di pressione, propaganda, ecc. Anche passare su una strada in bici è una forma di pubblicità, come spera Walter. Avevo pure pensato di cominciare a vestirmi elegante con la cravatta per far vedere che è facile pedalare, che è normale.
A volte le persone reagiscono anche male, nervosamente, alla “proposta” di andare in bici a scuola o al lavoro: tutti avrete avuto esperienza di queste reazioni. Qualcuno, però, con grande soddisfazione, l’ho convertito anch’io.
Malcom Gladwell, ex giornalista finanziario del “Washington Post”, ha scritto un libro intitolato The tipping point: how little things can make a big difference, Back Bay Books, London, 2002 (trad. it.: Il punto critico: i grandi effetti dei piccoli cambiamenti, Rizzoli, Milano, 2006). L'autore ha esaminato i processi che accomunano i consumi di particolari prodotti, le rivoluzioni, le grandi campagne di sensibilizzazione, la vendita di un certo tipo di scarpe da ginnastica, la diffusione di un'epidemia. Il concetto basilare è che il punto critico cessa di diffondersi gradualmente quando, raggiunta la massa critica, si diffonde in modo esponenziale. Esponenziale è la bici ad Amsterdam o a Ferrara.
Le regole individuate da Gladwell sono tre: legge dei pochi, fattore contagiante e potere del contesto. La legge dei pochi dimostra che basta un numero esiguo di persone per diffondere un'idea o un prodotto. L’autore divide i pochi in tre categorie: connettori, esperti e venditori. I connettori sono coloro che esercitano un potere aggregante, grazie alla loro fitta rete di contatti. Gli esperti raccolgono il maggior numero di informazioni su un determinato tema, fungono da serbatoio di idee, pur non esercitando un'azione connettiva. I venditori sono persuasori, hanno la capacità di convincere gli altri dell'importanza e utilità di una determinata azione o prodotto. Questo è il gruppo di pressione.
Il messaggio deve poter far presa sugli altri per innescare una determinata azione. Su fattore contagiante e potere del contesto mi devo ancora chiarire le idee (to be continued).
venerdì 9 aprile 2010
Riprendo il discorso dal post precedente, anche grazie alla risposta di Bikediablo, che invito a leggere. Riprendo da qui, perché penso sia il grande problema che un gruppo minoritario ed eterogeneo come quello dei ciclisti urbani, debba porsi nel momento in cui desidera fare qualcosa in più, oltre a usare la bici individualmente.
Posso sforzarmi di capire l'utilità di fare lobby come ciclisti urbani. Non ho molta fiducia in questo sistema, perché questa lobby mi pare perdente in termini numerici e/o economici, i due aspetti che nella logica capitalistica danno forza a una lobby. Più un paese è democratico, più conta il numero; più è dittatoriale più conta l’economia, credo.
Allora lasciamo stare la lobby per i ciclisti urbani, perché non mi pare che possa portare lontano (in questo stato di cose). In Italia, chi può fare un discorso del genere è solo la Fiab, che intavola un dialogo serrato con alcune realtà locali disposte ad ascoltarli. I risultati vengono in contesti limitati: mi pare che si sia fatto molto poco nelle metropoli, nonostante l’impegno di poche persone valide. Ma non è una lobby.
Mi sfuggono invece completamente i principi del "ciclismo urbano fatto di regole" a cui accenna Bikediablo. Quali regole? E stabilite da chi? L'unica regola che mi viene in mente è il Codice della Strada, che conterrebbe leggi buone, se qualcuno le applicasse.
L'incontro del 2008 con i candidati romani, devo dire che mi ha lasciato molto scettico. I candidati "generalisti" alle elezioni tendono a visitare anche i laghetti per la pesca sportiva promettendo esche vive per tutti. La politica delle promesse non costa nulla ed è attuata anche da chi è stato eletto a Roma. Come i loro predecessori. Vedi l'ipotesi di appianare la ridicola ciclabile di sampietrini che costeggia il Tevere. O il regolamento sui condomini per la sosta delle bici. Si diceva a febbraio, e febbraio è passato.
(to be continued)
Posso sforzarmi di capire l'utilità di fare lobby come ciclisti urbani. Non ho molta fiducia in questo sistema, perché questa lobby mi pare perdente in termini numerici e/o economici, i due aspetti che nella logica capitalistica danno forza a una lobby. Più un paese è democratico, più conta il numero; più è dittatoriale più conta l’economia, credo.
Allora lasciamo stare la lobby per i ciclisti urbani, perché non mi pare che possa portare lontano (in questo stato di cose). In Italia, chi può fare un discorso del genere è solo la Fiab, che intavola un dialogo serrato con alcune realtà locali disposte ad ascoltarli. I risultati vengono in contesti limitati: mi pare che si sia fatto molto poco nelle metropoli, nonostante l’impegno di poche persone valide. Ma non è una lobby.
Mi sfuggono invece completamente i principi del "ciclismo urbano fatto di regole" a cui accenna Bikediablo. Quali regole? E stabilite da chi? L'unica regola che mi viene in mente è il Codice della Strada, che conterrebbe leggi buone, se qualcuno le applicasse.
L'incontro del 2008 con i candidati romani, devo dire che mi ha lasciato molto scettico. I candidati "generalisti" alle elezioni tendono a visitare anche i laghetti per la pesca sportiva promettendo esche vive per tutti. La politica delle promesse non costa nulla ed è attuata anche da chi è stato eletto a Roma. Come i loro predecessori. Vedi l'ipotesi di appianare la ridicola ciclabile di sampietrini che costeggia il Tevere. O il regolamento sui condomini per la sosta delle bici. Si diceva a febbraio, e febbraio è passato.
(to be continued)
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