Oggi, in pieno sole, scivolando sull’asfalto del Lungotevere, sponda sinistra, all’altezza di Ponte Milvio, un autobus del servizio pubblico urbano Atac, linea 910, mi ha baldanzosamente tagliato la strada, per poi fermarsi alla fermata, 20 metri più avanti. Si ribadiva così il concetto del ciclista trasparente, a cui la precedenza va accordata se proprio non se ne può fare a meno o in rari casi, a mo’ di opera di carità: questo argomento, però, merita un discorso a parte, che prima o poi affronterò. Invece, vorrei riflettere su un altro punto, che riguarda il rapporto tra autisti di autobus urbani e ciclisti. Premetto che dai 13 ai 25 anni ho avuto la tessera intera rete e ho viaggiato quasi esclusivamente in autobus. Aveva dell'incredibile l'autocontrollo dei vecchi autisti, con i capelli all’indietro e il pettine nel taschino, alla guida di veicoli verdi con il cambio manuale: non perdevano la pazienza di fronte a nulla, o quasi. Ora sono cambiati, sono mediamente più giovani, mediamente più impazienti; soprattutto, è cambiata Roma. Se mi metto dalla parte di chi deve destreggiarsi nel traffico tutto il giorno, posso riuscire a capire che un tizio in bici sul lato destro della carreggiata a 20-30-40 Km/h possa generare insofferenza: certamente non genera traffico. Da qui il mio tentativo di stare a destra il più possibile, di fare qualche gesto per segnalare che ho visto l’autobus, qualche volta aggiungere un invito a sorpassare: ma più di tanto non è possibile fare. Veniamoci incontro e, soprattutto, manteniamo la calma. Forse si dovrebbe organizzare una serata di chiarificazione tra ciclisti e autisti.
Nessun commento:
Posta un commento