martedì 30 novembre 2010
Mario Monicelli (1915-2010)
«A Ballarò e Annozero sono sempre gli stessi, tutti presidenti. Tutti parte della stessa classe dirigente, che si mette insieme, che fa questi spettacolini. Sono quelli che avallano quanto sta avvenendo. In quelle trasmissioni non si dice niente. Dicono che va male, si danno un po' su la voce e poi alla fine c'è la battuta. Non è così, la cosa è molto più grave, molto più drastica, molto più sanguinosa, in senso non materiale ma morale. Sono tutti spettacoli che avallano quello che sta avvenendo e che dovrebbero essere spazzati via anche quelli».
«A Ballarò e Annozero sono sempre gli stessi, tutti presidenti. Tutti parte della stessa classe dirigente, che si mette insieme, che fa questi spettacolini. Sono quelli che avallano quanto sta avvenendo. In quelle trasmissioni non si dice niente. Dicono che va male, si danno un po' su la voce e poi alla fine c'è la battuta. Non è così, la cosa è molto più grave, molto più drastica, molto più sanguinosa, in senso non materiale ma morale. Sono tutti spettacoli che avallano quello che sta avvenendo e che dovrebbero essere spazzati via anche quelli».
[...]
«I giovani devono darsi da fare, unirsi, costruire. Invece di stare fermi sui banchi di scuola fate delle cose che vi impegnino, che mettano anche in pericolo, non la vita, ma la vostra momentanea situazione: occupate le scuole, cacciate il preside, bisogna fare delle cose che facciano nascere un qualche capo. Spingere con la forza e non tacere, sovvertire. Fatelo voi che siete giovani. Io non ho più l'età».
Roma e Lazio, campioni di morti
Nella classifica delle regioni cono il maggior numero di vittime fra i pedoni il Lazio è al primo posto con 106 vittime e 2.795 feriti (65 morti 2.139 feriti solo nel comune di Roma). Da sola, la regione causa il 10% delle morti tra i pedoni in Italia. Un primato non invidiabile, complice l'inattività delle istituzioni...inattive.
lunedì 29 novembre 2010
venerdì 26 novembre 2010
giovedì 25 novembre 2010
mercoledì 24 novembre 2010
Comunicato del coordinamento "Di traffico si muore", a proposito del grottesco incontro sulla ciclabilità di oggi organizzato dall'Ambasciata di Danimarca e dal Comune di Roma:
I ciclisti romani sono stanchi delle parole di chi amministra la città. Il traffico romano uccide, indisturbato, chi ha scelto di muoversi in modo semplice e intelligente, e soprattutto innocuo.
Il vostro nascondervi dietro le parole non è più tollerabile, perché i ciclisti urbani sono cresciuti di numero, e muoiono solo per incuria vostra e altrui.
Perché voi sapete solo parlare di un futuro che per noi e per quasi tutta Europa è già un presente, mentre sulle strade si continua ad essere aggrediti e a volte uccisi da un passato che state ostinatamente mantenendo in vita.
Solo in quel momento voi siete in silenzio: quando lasciate soli noi ciclisti a subire ogni giorno la ferocia di una massa indisciplinata e indisturbata di umani senza argini, gli automobilisti.
In questa città domina una sola entità, una sola ideologia: l’automobile.
Persino sotto le finestre del governo cittadino le automobili sfrecciano, davanti alle finestre del campidoglio in una piazza molto nota e altrettanto trafficata non si riesce ad attraversare a piedi sulle strisce pedonali se non a rischio, e sempre litigando, a volte anche picchiandosi.
Voi non dovreste essere mesi in grado di amministrare neanche un condominio, se non riuscite a vedere ciò e a far rispettare le norme stradali di base, quelle di minima sicurezza. altro che Copenhagen.
Figurarsi se siete in grado di capire cosa succede, e come, in luoghi dove la logica, l’intelligenza e la convivenza su strada sono da tempo la normalità.
Copenhagen lamenta di non essere ancora al 50% della mobilità ciclistica quotidiana.
Beati loro.
Noi qui a Roma siamo a rischio di morte o invalidità permanente anche in soli 200 metri, in ogni zona della città e a qualunque ora del giorno.
Eppure continuiamo a credere che le cose possano cambiare e che una civiltà stradale, dopo decenni di vostro colpevole lasciar fare, di abbandono alla barbarie, sia possibile. vi abbiamo indicato soluzioni e voi le avete ignorate.
Ora siete qui ad un convegno, poi ce ne sarà un altro, e un altro ancora, e nel frattempo qualcuno tra noi ciclisti o camminatori sarà morto, di sicuro lo sarà. e sarà colpa anche delle vostre inutili parole, della vostra inerzia e della paura che avete di affrontare una realtà dura e feroce, cosa che invece noi ciclisti urbani di Roma affrontiamo ogni giorno, cercando di mantenere il più possibile il sorriso e la gioia di muoversi liberamente e senza fare alcun danno alla città, e allo stesso tempo cercando di tornare a casa vivi.
Delle vostre parole non sappiamo più che farcene. vogliamo fatti a partire da subito.
E’ ora di cambiare questa città, e poco importa se verrete rieletti o rinominati nei vostri posti attuali: voi avete il dovere di governare, non di fare convegni le cui parole non arrivano mai a concretezza.
Da subito limite di 30 km/h in città.
Da subito controlli sui limiti di velocità, sospensione della patente e sequestro del mezzo per chi va oltre i limiti.
Da subito corsie ciclabili ai lati di ogni strada.
Da subito ingresso in metro per le biciclette.
Da subito repressione della sosta illegale e dei comportamenti illeciti.
Noi sappiamo già che non lo farete. Ma voi sapete da tempo che è questo che dovreste fare. Ogni morto in più resterà nella nostra memoria, e graverà sulla vostra coscienza.
I ciclisti romani sono stanchi delle parole di chi amministra la città. Il traffico romano uccide, indisturbato, chi ha scelto di muoversi in modo semplice e intelligente, e soprattutto innocuo.
Il vostro nascondervi dietro le parole non è più tollerabile, perché i ciclisti urbani sono cresciuti di numero, e muoiono solo per incuria vostra e altrui.
Perché voi sapete solo parlare di un futuro che per noi e per quasi tutta Europa è già un presente, mentre sulle strade si continua ad essere aggrediti e a volte uccisi da un passato che state ostinatamente mantenendo in vita.
Solo in quel momento voi siete in silenzio: quando lasciate soli noi ciclisti a subire ogni giorno la ferocia di una massa indisciplinata e indisturbata di umani senza argini, gli automobilisti.
In questa città domina una sola entità, una sola ideologia: l’automobile.
Persino sotto le finestre del governo cittadino le automobili sfrecciano, davanti alle finestre del campidoglio in una piazza molto nota e altrettanto trafficata non si riesce ad attraversare a piedi sulle strisce pedonali se non a rischio, e sempre litigando, a volte anche picchiandosi.
Voi non dovreste essere mesi in grado di amministrare neanche un condominio, se non riuscite a vedere ciò e a far rispettare le norme stradali di base, quelle di minima sicurezza. altro che Copenhagen.
Figurarsi se siete in grado di capire cosa succede, e come, in luoghi dove la logica, l’intelligenza e la convivenza su strada sono da tempo la normalità.
Copenhagen lamenta di non essere ancora al 50% della mobilità ciclistica quotidiana.
Beati loro.
Noi qui a Roma siamo a rischio di morte o invalidità permanente anche in soli 200 metri, in ogni zona della città e a qualunque ora del giorno.
Eppure continuiamo a credere che le cose possano cambiare e che una civiltà stradale, dopo decenni di vostro colpevole lasciar fare, di abbandono alla barbarie, sia possibile. vi abbiamo indicato soluzioni e voi le avete ignorate.
Ora siete qui ad un convegno, poi ce ne sarà un altro, e un altro ancora, e nel frattempo qualcuno tra noi ciclisti o camminatori sarà morto, di sicuro lo sarà. e sarà colpa anche delle vostre inutili parole, della vostra inerzia e della paura che avete di affrontare una realtà dura e feroce, cosa che invece noi ciclisti urbani di Roma affrontiamo ogni giorno, cercando di mantenere il più possibile il sorriso e la gioia di muoversi liberamente e senza fare alcun danno alla città, e allo stesso tempo cercando di tornare a casa vivi.
Delle vostre parole non sappiamo più che farcene. vogliamo fatti a partire da subito.
E’ ora di cambiare questa città, e poco importa se verrete rieletti o rinominati nei vostri posti attuali: voi avete il dovere di governare, non di fare convegni le cui parole non arrivano mai a concretezza.
Da subito limite di 30 km/h in città.
Da subito controlli sui limiti di velocità, sospensione della patente e sequestro del mezzo per chi va oltre i limiti.
Da subito corsie ciclabili ai lati di ogni strada.
Da subito ingresso in metro per le biciclette.
Da subito repressione della sosta illegale e dei comportamenti illeciti.
Noi sappiamo già che non lo farete. Ma voi sapete da tempo che è questo che dovreste fare. Ogni morto in più resterà nella nostra memoria, e graverà sulla vostra coscienza.
Baruch de Spinoza (Amsterdam, 24 novembre 1632- L'Aja, 21 febbraio 1677)
Ha davvero poca importanza da quale pulpito sia venuta la maledizione, perché i dispositivi delle religioni sono gli stessi in tutte le epoche. Nel tempo sono divenuti più sofisticati, ma l'obiettivo è sempre lo stesso: isolare il virus dell'intelligenza ed evitare il confronto con il pensiero critico.
Un manifesto di libertà per tutte le epoche, l'anatema (cherem) impartito solennemente il 27 luglio 1656 contro il filosofo e mai revocato dalla comunità ebraica olandese.
Ecco, dunque, il violentissimo anatema rivolto contro Spinoza quasi quattrocentocinquant'anni fa, che noi sbandieriamo oggi come vessillo di libertà valido per tutte le epoche. Esso non ha scalfito la sua filosofia, l'ha rinforzata:
«Con il giudizio degli angeli e la sentenza dei santi, noi dichiariamo Baruch de Spinoza scomunicato, esecrato, maledetto ed espulso, con l'assenso di tutta la sacra comunità [...]. Sia maledetto di giorno e maledetto di notte; sia maledetto quando si corica e maledetto quando si alza; maledetto nell'uscire e maledetto nell'entrare. Possa il Signore mai più perdonarlo; possano l'ira e la collera del Signore ardere, d'ora innanzi, quest'uomo, far pesare su di lui tutte le maledizioni scritte nel Libro della Legge, e cancellare il suo nome dal cielo; possa il Signore separarlo, per la sua malvagità, da tutte le tribù d'Israele, opprimerlo con tutte le maledizioni del cielo contenute nel Libro della Legge [...]. Siete tutti ammoniti, che d'ora innanzi nessuno deve parlare con lui a voce, né comunicare con lui per iscritto; che nessuno deve prestargli servizio, né dormire sotto il suo stesso tetto, nessuno avvicinarsi a lui oltre i quattro cubiti [circa due metri], e nessuno leggere alcunché dettato da lui o scritto di suo pugno».
Una lezione per tutti i conformisti che si adeguano a regimi dittatoriali e sedicenti democratici, dannosi per gli altri, per sé e per l'ambiente.
A proposito di ciclismo urbano, non vi viene in mente nulla? Senza alcuna pretesa di glorificare la nostra mesta quotidianità, il ciclista urbano, oggi, nelle grandi città italiane appare come un reietto della società. Non si adegua al sistema e gliela si fa pagare cara. Rischia molto, da solo. È preso per i fondelli dalle istituzioni. Oggi, per esempio, c'è un incontro a Roma, organizzato dall'Ambasciata di Danimarca e dal Comune, sponsorizzato fra l'altro dalla Nissan, in cui si mettono a confronto la ciclabilità a Copenhagen e a Roma. Nel pomeriggio, alle 14.30, la parte più ghiotta: un convegno intitolato “La ciclabilità: Italia e Danimarca a confronto”, moderato da Marco Contadini. Come dire: "L'industria degli Stati Uniti e del Malawi a confronto". Peccato non poterci andare a farsi due risate, ma i miei giorni di ferie sono preziosi.
Ci sarà anche una mostra sulla ciclabilità: chissà se esporranno anche una foto del ponte sulla ciclabile Castel Giubileo-Ponte Milvio chiuso da due anni e le crepe tipo faglia di Sant'Andrea della pista suddetta. Come faranno a fare il confronto tra Roma e Copenhagen? Chiedetelo a Spinoza.
Anche oggi, chi vuole uscire dal sistema riceve i suoi anatemi ovattati o generiche rassicurazioni su un futuro migliore. Il pensiero comune è solidissimo e inattaccabile, alla faccia del metodo scientifico e dell'Illuminismo; lo stigma della follia e dell'isolamento è sempre pronto a colpire ovunque il ribelle come un drone letale.
In quest'epoca oscurantista, chi non abusa di plastica e carburanti fossili è ritenuto strano, al pari di colui che sceglie di sottrarsi alla martellante propaganda pubblicitaria delle case automobilistiche o allo svilente spettacolo della politica odierna (nel governo, nella maggioranza e nell'opposizione) e di coloro che si rifiutano di prender parte a interminabili discussioni sui motori e il calcio.
«Luddista, sedizioso, pauperista, integralista, irrazionale, trozkista...»
Chi si oppone al controllo biopolitico viene espulso; chi combatte, mosso dal senso civico e dal senso di responsabilità, viene paradossalmente isolato (o ucciso, come il sindaco di Pollica), oppure svilito e normalizzato dalla burocrazia e dall'impermeabilità delle istituzioni.
N.B.: Per chi può. I Ciclomobilisti mi segnalano l'appuntamento all'Aranciera di San Sisto (Piazzale Metronio/Via dell'Ambaradam) dalle 13.30 alle 14 per protestare contro l'ennesima presa in giro del Comune di Roma a danno dei ciclisti urbani.
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Baruch de Spinoza |
Ha davvero poca importanza da quale pulpito sia venuta la maledizione, perché i dispositivi delle religioni sono gli stessi in tutte le epoche. Nel tempo sono divenuti più sofisticati, ma l'obiettivo è sempre lo stesso: isolare il virus dell'intelligenza ed evitare il confronto con il pensiero critico.
Un manifesto di libertà per tutte le epoche, l'anatema (cherem) impartito solennemente il 27 luglio 1656 contro il filosofo e mai revocato dalla comunità ebraica olandese.
Ecco, dunque, il violentissimo anatema rivolto contro Spinoza quasi quattrocentocinquant'anni fa, che noi sbandieriamo oggi come vessillo di libertà valido per tutte le epoche. Esso non ha scalfito la sua filosofia, l'ha rinforzata:
«Con il giudizio degli angeli e la sentenza dei santi, noi dichiariamo Baruch de Spinoza scomunicato, esecrato, maledetto ed espulso, con l'assenso di tutta la sacra comunità [...]. Sia maledetto di giorno e maledetto di notte; sia maledetto quando si corica e maledetto quando si alza; maledetto nell'uscire e maledetto nell'entrare. Possa il Signore mai più perdonarlo; possano l'ira e la collera del Signore ardere, d'ora innanzi, quest'uomo, far pesare su di lui tutte le maledizioni scritte nel Libro della Legge, e cancellare il suo nome dal cielo; possa il Signore separarlo, per la sua malvagità, da tutte le tribù d'Israele, opprimerlo con tutte le maledizioni del cielo contenute nel Libro della Legge [...]. Siete tutti ammoniti, che d'ora innanzi nessuno deve parlare con lui a voce, né comunicare con lui per iscritto; che nessuno deve prestargli servizio, né dormire sotto il suo stesso tetto, nessuno avvicinarsi a lui oltre i quattro cubiti [circa due metri], e nessuno leggere alcunché dettato da lui o scritto di suo pugno».
Una lezione per tutti i conformisti che si adeguano a regimi dittatoriali e sedicenti democratici, dannosi per gli altri, per sé e per l'ambiente.
A proposito di ciclismo urbano, non vi viene in mente nulla? Senza alcuna pretesa di glorificare la nostra mesta quotidianità, il ciclista urbano, oggi, nelle grandi città italiane appare come un reietto della società. Non si adegua al sistema e gliela si fa pagare cara. Rischia molto, da solo. È preso per i fondelli dalle istituzioni. Oggi, per esempio, c'è un incontro a Roma, organizzato dall'Ambasciata di Danimarca e dal Comune, sponsorizzato fra l'altro dalla Nissan, in cui si mettono a confronto la ciclabilità a Copenhagen e a Roma. Nel pomeriggio, alle 14.30, la parte più ghiotta: un convegno intitolato “La ciclabilità: Italia e Danimarca a confronto”, moderato da Marco Contadini. Come dire: "L'industria degli Stati Uniti e del Malawi a confronto". Peccato non poterci andare a farsi due risate, ma i miei giorni di ferie sono preziosi.
Ci sarà anche una mostra sulla ciclabilità: chissà se esporranno anche una foto del ponte sulla ciclabile Castel Giubileo-Ponte Milvio chiuso da due anni e le crepe tipo faglia di Sant'Andrea della pista suddetta. Come faranno a fare il confronto tra Roma e Copenhagen? Chiedetelo a Spinoza.
Anche oggi, chi vuole uscire dal sistema riceve i suoi anatemi ovattati o generiche rassicurazioni su un futuro migliore. Il pensiero comune è solidissimo e inattaccabile, alla faccia del metodo scientifico e dell'Illuminismo; lo stigma della follia e dell'isolamento è sempre pronto a colpire ovunque il ribelle come un drone letale.
In quest'epoca oscurantista, chi non abusa di plastica e carburanti fossili è ritenuto strano, al pari di colui che sceglie di sottrarsi alla martellante propaganda pubblicitaria delle case automobilistiche o allo svilente spettacolo della politica odierna (nel governo, nella maggioranza e nell'opposizione) e di coloro che si rifiutano di prender parte a interminabili discussioni sui motori e il calcio.
«Luddista, sedizioso, pauperista, integralista, irrazionale, trozkista...»
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Un ciclista urbano: moderno caso di spinozismo |
N.B.: Per chi può. I Ciclomobilisti mi segnalano l'appuntamento all'Aranciera di San Sisto (Piazzale Metronio/Via dell'Ambaradam) dalle 13.30 alle 14 per protestare contro l'ennesima presa in giro del Comune di Roma a danno dei ciclisti urbani.
martedì 23 novembre 2010
lunedì 22 novembre 2010
giovedì 18 novembre 2010
Sul Messaggero di oggi (p. 21) intervista al comandante dei vigili urbani di Roma, Angelo Giuliani: «Abbiamo il dovere di garantire la sicurezza a tutte le persone che si trovano sulle strade di Roma, soprattutto a quei cosiddetti soggetti deboli, come pedoni e ciclisti, che pagano le conseguenze più gravi».
Autostrada Roma-Latina
Bonessio (Verdi): “Autostrada Roma-Latina sarà incubo per cittadini e pendolari. È regalo a lobby cemento”
“Il progetto della Roma Latina, ora autostrada a pagamento, passato oggi al Cipe aprirà scenari da incubo per i cittadini delle aree interessate e per i pendolari. - afferma Nando Bonessio, Presidente dei Verdi del Lazio – Il progetto, infatti, sposa la logica più retriva in materia di mobilità favorendo ulteriormente il trasporto passeggeri e merci su gomma, in controtendenza a tutta Europa, ma la vera opera inconcepibile è il raccordo tra Tor De Cenci e l’A12 che sarà, per forza di cose un’opera faraonica e inquinante a uso e consumo del trasporto merci su gomma. Il raccordo, infatti, dovrà per forze di cose passare nell’area Protetta del Litorale e scavalcare, non si sa come, la Cristoforo Colombo, l’Ostiense e il treno Roma Ostia, proseguendo sulle aree golenali del Tevere a rischio esondazioni. È incredibile che anziché mettere in sicurezza la Pontina e sviluppare una metropolitana di superficie lungo l’asse Roma-Latina si mettano in campo opere dannose come questa, a uso e consumo delle lobby dei costruttori. Il costo previsto di 2,7 miliardi, infine, è assolutamente ipotetico visto che si dovrà procedere a espropri di territorio agricolo pregiato per centinaia di chilometri. Il 25 novembre noi Verdi saremo alla manifestazione indetta dai comitati, tra i quali il “Comitato no corridoio Roma-Latina per la metropolitana leggera” davanti alla Regione Lazio per protestare contro questo progetto”.
La strage continua
Istat e Aci pubblicano il nuovo rapporto sulla sicurezza stradale. I dati generali migliorano a livello nazionale, grazie soprattutto al tutor sulle autostrade, in cui si verifica un calo degli incidenti e della mortalità.
Le cose vanno in modo diverso a livello locale.
A Roma e provincia la situazione peggiora sensibilmente. Rispetto all'anno scorso, gli scontri mortali sono aumentati del 4,2%.
Comune di Roma, incidenti 2008: 18.181
2009: 18.561
Provincia di Roma, incidenti 2008: 22.636
2009: 23.213
Comune di Roma, feriti 2008: 24.062
2009: 24.638.
Provincia di Roma feriti 2008: 30529
2009: 31.558
Sono scarsi e non coordinati i controlli sul territorio; non esiste una politica seria di riduzione del traffico, le politiche sulla mobilità sono inesistenti, i servizi pubblici sono allo sfascio.
Venendo alla questione della mobilità ciclistica, è evidente lo stato di totale abbandono di qualsiasi concretezza. Per parlare di bici, si è scelta la strada della progettualità non finanziata. Fa scena e non costa niente. I sogni ad occhi aperti costano meno e sono meno impegnativi.
Mentre le maggiori città del pianeta si attrezzano con misure serie, non necessariamente costose, a sostegno della ciclabilità, Roma si avviluppa sulle tariffe dei taxi le botticelle, con piste ciclabili che fanno schifo.
Vanno forte le promesse sulla carta, le leggi inapplicate, i tavoli per incontrare le "associazioni".
Le cose vanno in modo diverso a livello locale.
A Roma e provincia la situazione peggiora sensibilmente. Rispetto all'anno scorso, gli scontri mortali sono aumentati del 4,2%.
Comune di Roma, incidenti 2008: 18.181
2009: 18.561
Provincia di Roma, incidenti 2008: 22.636
2009: 23.213
Comune di Roma, feriti 2008: 24.062
2009: 24.638.
Provincia di Roma feriti 2008: 30529
2009: 31.558
Sono scarsi e non coordinati i controlli sul territorio; non esiste una politica seria di riduzione del traffico, le politiche sulla mobilità sono inesistenti, i servizi pubblici sono allo sfascio.
Venendo alla questione della mobilità ciclistica, è evidente lo stato di totale abbandono di qualsiasi concretezza. Per parlare di bici, si è scelta la strada della progettualità non finanziata. Fa scena e non costa niente. I sogni ad occhi aperti costano meno e sono meno impegnativi.
Mentre le maggiori città del pianeta si attrezzano con misure serie, non necessariamente costose, a sostegno della ciclabilità, Roma si avviluppa sulle tariffe dei taxi le botticelle, con piste ciclabili che fanno schifo.
Vanno forte le promesse sulla carta, le leggi inapplicate, i tavoli per incontrare le "associazioni".
Nucleare: gli italiani hanno detto e dicono NO
Fra i miei migliori ricordi di gioventù c'è il voto al referendum contro il nucleare (8-9 novembre 1987). Ora i programmi degli Strangeheart di governo prevedono di tornare a costruire centrali atomiche in Italia. La chimera è rendere l'Italia più autosufficiente a livello energetico, con quattro-cinque centrali. Sogni a occhi aperti. In tempi rapidi, con tecnologie già vecchie e non molto collaudate, con il problema dello stoccaggio delle scorie (una bomba atomica regalata ai nostri figli), del futuro smantellamento - costosissimo - di queste centrali (una bomba economica regalata ai nostri figli) e la scarsità mondiale e il costo sempre più alto dell'uranio.
Un recente sondaggio dell'Ipsos mette in evidenza che il 62% degli italiani è contrario alle centrali. Nel maggio 2009 i contrari erano a quota 49%.
Il nucleare costa moltissimo e ha un impatto tremendo sul territorio. Se le cose vanno bene. Se qualcosa va storto, nessuno ti dirà chiaramente che ci sono dei problemi, per non allarmare la popolazione. Nasceranno vitelli con due teste, leucemie, ecc. Pazienza. I controlli li faranno loro.
Ma se le cose vanno male moriamo tutti. Incidenti, terremoti, frane, alluvioni, come se ne vedono sempre di più in Italia in questi anni, possono scatenare effetti imprevedibili nonostante le appassionate rassicurazioni dei paladini dell'atomo.
Sapete quante compagnie assicurative a livello mondiale hanno scelto di assicurare una centrale nucleare?
Un recente sondaggio dell'Ipsos mette in evidenza che il 62% degli italiani è contrario alle centrali. Nel maggio 2009 i contrari erano a quota 49%.
Il nucleare costa moltissimo e ha un impatto tremendo sul territorio. Se le cose vanno bene. Se qualcosa va storto, nessuno ti dirà chiaramente che ci sono dei problemi, per non allarmare la popolazione. Nasceranno vitelli con due teste, leucemie, ecc. Pazienza. I controlli li faranno loro.
Ma se le cose vanno male moriamo tutti. Incidenti, terremoti, frane, alluvioni, come se ne vedono sempre di più in Italia in questi anni, possono scatenare effetti imprevedibili nonostante le appassionate rassicurazioni dei paladini dell'atomo.
Sapete quante compagnie assicurative a livello mondiale hanno scelto di assicurare una centrale nucleare?
mercoledì 17 novembre 2010
«Pinot dipinse negli ultimi dieci anni della sua vita. E per lui fu come entrare in una nuova vita. Ho simpatia, affetto e, oggi, ammirazione per quest’uomo incazzosissimo e generosissimo. Ricordo che le ultime opere di mio padre – a cominciare da “L’anticamera della morte” – furono un presagio della sua fine. Negli ultimi quadri dominava il nero e l’idea che la materia si decomponesse. Pinot Gallizio morì in salita: né troppo famoso, né troppo sconosciuto. Come su quelle rampe faticose che i ciclisti percorrono verso un traguardo, così lui cercò più che il successo una personale forma di libertà».
Antonio Gnoli, “Il pittore di Debord” [intervista a Giorgio Gallizio], La Repubblica, 28 dicembre 2002.
Fondatori dell'Internazionale situazionista a Cosio d'Arroscia (aprile 1957). Da sinistra a destra: Giuseppe Pinot Gallizio, Piero Simondo, Elena Verrone, Michele Bernstein, Guy Debord, Asger Jorn e Walter Olmo.
martedì 16 novembre 2010
Sono passati cent'anni
«Il motto dei misantropi "poca brigata vita beata" non è stato creato per i ciclisti. In questa classe la camaraderie è formidabile; è una specie di massoneria universale trasportata nel campo sportivo: se ad un ciclista capita di litigare per istrada, state pur certi che si trovano subito dieci altri ciclisti disposti - almeno - a dargli il minor torto possibile.
Il fenomeno ha ragioni storiche. Il velocipedismo è passato attraverso un'epoca di persecuzione e di odio tanto ingiustificato e irragionevole quanto profondo. Oggi noi siamo già abituati all'automobile, e può sembrarci strano che vent'anni sono delle persone anche intelligenti abbiano maledetto l'innocua ed inutile bicicletta come un flagello sociale. Queste persecuzioni, che talvolta giunsero a deplorevoli eccessi, provocarono una vigorosa reazione di concordia e di solidarietà fra tutti coloro che non la pensavano come i cani da pagliaio e che divinando la futura riabilitazione si erano concessi alla Santa Bicicletta. I ciclisti d'allora, considerati un po' come rivoluzionari pericolosi e come sovvertitori della quiete pubblica, incominciarono a riunirsi in comizio, con tanto di musica e di bandiere, in ogni parte d'Italia - se non altro per misurare le proprie forze collettive e mostrare ai reazionari che, benché matti, erano in tanti».
Umberto Grioni, Il ciclista, Hoepli, Milano, 1910, pp. 104-105.
Il fenomeno ha ragioni storiche. Il velocipedismo è passato attraverso un'epoca di persecuzione e di odio tanto ingiustificato e irragionevole quanto profondo. Oggi noi siamo già abituati all'automobile, e può sembrarci strano che vent'anni sono delle persone anche intelligenti abbiano maledetto l'innocua ed inutile bicicletta come un flagello sociale. Queste persecuzioni, che talvolta giunsero a deplorevoli eccessi, provocarono una vigorosa reazione di concordia e di solidarietà fra tutti coloro che non la pensavano come i cani da pagliaio e che divinando la futura riabilitazione si erano concessi alla Santa Bicicletta. I ciclisti d'allora, considerati un po' come rivoluzionari pericolosi e come sovvertitori della quiete pubblica, incominciarono a riunirsi in comizio, con tanto di musica e di bandiere, in ogni parte d'Italia - se non altro per misurare le proprie forze collettive e mostrare ai reazionari che, benché matti, erano in tanti».
Umberto Grioni, Il ciclista, Hoepli, Milano, 1910, pp. 104-105.
Il primo ministro britannico, David Cameron, ha annunciato che inizierà un nuovo sistema di rilevazione, alla ricerca dei parametri di benessere comune, basato sulla felicità dei cittadini. Soddisfazione, qualità della vita, realizzazione personale, felicità sono parametri indipendenti dal prodotto interno lordo. Per anni ci si è attaccati al Pil come a un parametro oggettivo, che però si è rivelato ampiamente inefficace per misurare la qualità della vita. Anche se per molti deve crescere sempre, alla ricerca della felicità: un miraggio, finito male peraltro. Certo, in tempi di crisi economica è facile parlare di benessere legato a qualcos'altro.
Comunque il re del Bhutan arrivò a queste conclusioni nel lontano 1972 (cfr. ns post del 2008, qui).
Sul Corriere della sera di oggi, p. 23, c'è una clamorosa "toppa" che vorrebbe la Fil (Gross national Happiness) introdotta in Bhutan soltanto nel 2008.
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