Ieri, La Repubblica ha messo in prima pagina un articolo dedicato alla bicicletta. Probabilmente non aveva di meglio, ma è interessante commentarne il contenuto. L'articolo s'intitola "In bici sulle vecchie ferrovie". Si parla dell'eterna questione delle ferrovie dismesse, toccata anche in un recente convegno della Società Geografica Italiana: anche loro evidentemente non avevano un altro tema. La Fiab ogni tanto lo ritira fuori. Adattare una ferrovia dismessa a pista ciclabile costa parecchi soldi al chilometro. Queste linee, poi, uniscono località remote, da raggiungere in treno o in auto. Insomma, puro intrattenimento. Un sacco di soldi, che nessuno spenderà mai, a meno di non intravedere una bella fetta di torta nell'appalto. Ma non c'è pericolo: non se ne farà mai niente, come non si farà niente altrove. Comunque, avendo i soldi, quei circa 5600 chilometri in tutta Italia possono aspettare lo stesso. Se ci fosse qualche finanziamento da riservare alla bici, bisognerebbe usarlo nelle città, grandi e piccole, dove la bici potrebbe diventare un mezzo di trasporto quotidiano, non solo per svago. La Genova Vesima-Finale Ligure, la Chiesaccia-Santo Stefano Magra, la Castellanza-Valmorea-Mendrisio, la Bra-Ceva, ecc. possono aspettare.
È anche un modo, questo, di spostare l'attenzione della ciclabilità verso vette irragiungibili. Così si mettono a tacere i ciclisti urbani. Dove vai se la ferrovia dismessa non ce l'hai, è un ulteriore salto di qualità rispetto alla fissazione per le piste ciclabili nelle grandi città, spacciate come l'unico modo per promuovere la bici, quando basterebbero un po' di vigili e un po' di cartelli con sopra scritto "30 Km/h"...
7 commenti:
concordo in pieno: prima mi piacerebbe poter girare bene per milano piuttosto che sapere di poter andare da milano a venezia su strada dedicata
Parlare dell'impossibile per non fare nulla.
hai ragione, è la morale del gattopardo all'ennesima potenza: raccontare cose grandi inutili e impossibili, per non cambiare.
Sono gran belle iniziative invece, e in molti casi anche realtà... certo, bisognerebbe investire molto di più nelle ciclabili urbane, ma provate a togliere l'auto agli italiani...
Caro Valerio, siamo d'accordo. Sono belle iniziative, quando si realizzano, non quando se ne parla per riempire le pagine di un giornale o un programma di convegno. Qualche regione, qualche comune, hanno fatto qualcosuccia (vorrei sapere perché...). Si tratta comunque di operazioni molto costose: una ferrovia dismessa per essere trasformata in strada ciclo-pedonale richiede una grande quantità di lavoro e, quindi, di soldi. Un percorso a 30 Km/h in una città richiede quasi nessun investimento (basterebbero i cartelli, se chiedere i dossi è troppo). E non escluderebbe le auto, limiterebbe (teoricamente) la loro pericolosità. Sarebbe un modo per gestire la transizione a zone delle città liberate dal traffico intenso, rese a misura di bici, pedone, carrozzina, skate, ecc. Favorirebbe la vita di quartiere e anche le attività economiche che vi sono ospitate, contro la spersonalizzazione dei centri commerciali e la desertificazione delle periferie. Perché allora si parla sempre di piste ciclabili, di ferrovie dismesse? Perché non si vuole cambiare.
Piste ciclabili e strade a 30 all'ora (senza dossi ma con fasce laterali per le bici) non sono in antitesi, a Parigi sono insieme ai controsensi ciclabili le soluzioni per la ciclabilità cittadina
questo è il link:
(http://www.paris.fr/portail/deplacements/Portal.lut?page_id=9071&document_type_id=5&document_id=64248&portlet_id=21968)
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