Mentre saggiavo il cigolante velocipede, pensavo che quell’attrezzo poteva scatenare parecchie novità: fottere il traffico, non perdere tempo, fare attività fisica, risparmiare, non inquinare. Quest’ultimo punto non lo considero secondario: faccio il compost sul terrazzo, lotto contro lo stand-by, ecc. Inutile nascondere, però, che la velocità e il risparmio sono state le molle più importanti: grazie a questi vantaggi ero invogliato a stringere i denti sulle salite, anche quando non sapevo più quale rapporto inserire, visto che stavo andando con un 22 x 28, o giù di lì. Ricordo ancora il primo giro in bici, una volta presa la decisione di portare a Roma la mtb: un percorso, credo di 2 Km, in un parco pubblico della città. Ricordo anche i primi itinerari, in cui perdevo la strada, o impiegavo tempi biblici per arrivare a destinazione. A un certo punto divenne necessario ricorrere a un riparatore. I miei ricordi, peraltro un po’ arruginiti, si fermavano al cambio della camera d’aria. Cominciai a frequentare un paio di negozianti. Nessuna concessione al nuovo. Ripara, ripara, su, fai uno sforzo... Rimetti a posto, ecc. Anche perché il negoziante cerca subito di proporti nuovi modelli. Nessun interesse per pezzi di ricambio costosi. Semmai una bella bici da 50 euro all’Ipercoop da fare a pezzi, tipo maiale. A questo va aggiunto il ritrovamento fortuito di alcuni telai, con pezzi vari attaccati, in cattivo stato. Fin qui aveva prevalso solo una logica: il risparmio totale e il recupero. Parallelamente a questa concezione, si è sviluppato uno spiccato interesse per il fai-da-te ciclistico, favorito da una discreta manualità, che ho darwinianamente sviluppato negli ultimi anni. Poi, seconda fase: dopo aver segato, limato, svitato, approfondito la natura dei metalli e la storia della brugola e perfino di Egidio Brugola, delle viti canadesi a foro quadro, ecc. e dopo essere rimasto a piedi in due occasioni (e dopo essere caduto), si è instaurato in me un maggiore apprezzamento per la componentistica di buon livello, preferibilmente vintage (ma questo è un altro discorso). In un altro post memorialistico parlerò di un terzo passaggio, che considero decisivo per le mie possibilità ciclistiche e che ha per oggetto le salite di Monte Mario.
mercoledì 30 gennaio 2008
Memorie. I parte
Oggi sono in vena di ricordi. Quando, tre anni fa, cominciai a girare in bici per Roma, non avevo idea di quanto sarebbe durata. Il prezzo della benzina e la glicemia troppo alti mi avevano indotto a prendere in considerazione l’ipotesi di riesumare dal soggiorno sulle montagne abruzzesi la vecchia mtb anni ’80, abbandonata in garage con le ruote sgonfie: il mezzo è stato ribattezzato Excalibur (nella mia mente, niente cerimonie ufficiali) e alla fine è stato dismesso dopo un mal di schiena durato tre mesi, causato dal telaio troppo piccolo (e da un giro di 90 Km in montagna). Perché tirar fuori dall’oblio la vecchia Concorde delle Officine Sarto? Lo scopo principale era raggiungere rapidamente e con poca spesa l’istituto tecnico di Monteverde dove il sottoscritto era stato chiamato per una supplenza parziale, un lavorone, quattro soldi che con l’uso dell’auto sarebbero diventati tre.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento