mercoledì 9 gennaio 2008

Il giro di Roma

Per motivi di lavoro, stamattina ho girato per Roma in bici, intensamente, totalizzando non so quanti chilometri. Durata del giro: circa cinque ore. Percorso: Monte Mario-Primavalle-Monteverde-Viale Marconi-EUR-Piramide-Colosseo-Ara Pacis-Piazzale degli Eroi-Balduina-Monte Mario. Impressioni: viviamo in una città ciclisticamente fetente. Si sapeva. Eppure, i pericoli in cui ci si imbatte sembrano causati dal comportamento scellerato dei singoli, anche in circostanze che dal divano con hi-fi della propria auto possono apparire innocenti. Un semplice assembramento, una pigiatina sull’acceleratore, una curva presa un po’ più larga per non decelerare. Nel complesso, il movimento generale delle auto appare più controllabile, per non dire più prevedibile. Tento di spiegarmi meglio e faccio seguire a queste considerazioni alcuni flash di quello che ho visto, a mo’ di macchina fotografica (che purtroppo non avevo appresso). I casi di pericolo vero, in questo giro, sono stati procurati da alcune persone che parlavano al cellulare, privi di un controllo sicuro della vettura; una signora che ha girato senza freccia, uno che ha fatto inversione a u repentinamente, ecc. ma, in linea di massima, si sa che sulla via Cristoforo Colombo le auto vanno a 80-90 Km/h (contro la legge). Si sa, anche, che sulla stessa strada c’è una pista ciclabile che inizia e finisce nel nulla, anzi finisce in una zona vietata alle bici. Tutto questo per dire che il pericolo per ciclisti e pedoni non è solo una questione di quantità: riguarda l’educazione e la repressione. Veniamo ora ai flash. L’EUR appare ciclisticamente irragiungibile, è una specie di isola, non so se ci siano itinerari facili per le bici. A un certo punto mi sono trovato su una specie di autostrada, ho camminato su un marciapiede dove ho trovato frammenti di vetro e plastica, parafanghi, motorini squartati, lapidi commemorative – che sono in aumento vertiginoso a Roma, strazianti, in varie forme, tavoletta di marmo, morto recente (pieno di fiori, messaggi), morto da un po’ (sciarpa della Roma o della Lazio affumicata, fogli scoloriti), uno scheletro di cane, tipo deserto dell’Arizona, sacchi della spazzatura, imballaggi di nylon, taniche vuote. Miracolosamente non ho bucato. Alla fine mi sono arrampicato in un’aiuola e ho raggiunto l’EUR (peraltro, unica meta inutile del mio tragitto). Un mondo parallelo che bisognerebbe percorrere con la telecamera, un residuo di archeologia istantanea che domani, con la pioggia, cambierà, ma che lascia sempre atterriti per lo schifo, la deficienza, l’inutilità, la mancanza di poesia.

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