mercoledì 28 novembre 2007

Tu t'ammacchi, io m'ammazzo

Oggi me ne scendevo dall’Aeropago di Monte Mario per la Farnesina, diretto alla Immobil spa che mi dà lavoro. In prossimità di un istituto gestito da suore, sapete di quelli che non pagano l’Ici – il nostro credito pubblico è il primo in Europa, meglio alleviare questo peso con elargizioni conferite vox populi un’automobile parcheggiata in divieto di sosta guadagna la carreggiata con lenta e inesorabile mossa, mettendo a dura prova i freni del velocipede e i nervi. Segue una serie di definizioni monografiche su varie parti del corpo, poi il segno di “che cacchio vuoi” dell’automobilista mi invita a raggiungerlo all'inevitabile semaforo rosso. Nel bussare delicatamente al finestrino dell’automobilista distratto col mio guanto da lavoro, decido di percorrere nei pochi secondi prima che scatti il verde la via diplomatica e l’affabulazione pedagogica.


Ciclista. “Perdona le mie escandescenze. Sai, devi comprendere che in bici possono saltare i nervi. Tu ti ammacchi, ma io m’ammazzo”.

Automobilista: “Non capivo che faceva quello davanti, così sono partito, ma ho messo la freccia”.

Ciclista: “Vero, ma non sono invisibile, mi hai visto arrivare, per me era una situazione pericolosa”.

Automobilista: “Ti chiedo scusa”.


Rinfrancato da un confronto civile, che però non intacca la boiata (classico caso di prevaricazione gratuita nei confronti del ciclista urbano: della serie io vado, lui s'arrangi), e rinfrancato solo dalla speranza che il dialogo sia servito, imbocco la Tre palle sopra il cielo-Orchite Valley, dove ha sede la Immobil. Evito persino di evangelizzare i quattro vigili urbani che incrocio sulla ciclabile sull’opportunità di dotare la polizia municipale di Roma di guardie cicliste le quali, da quell'ineduto punto di vista, avrebbero materiale per elaborare sui loro blocchetti contravvenzioni un intero Ulisse sulla stronzaggine automobilistica e motociclistica.

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