Qualche controcorso torinese del '68 l'avrei seguito volentieri, magari non per intero. Sono tante le frasi profetiche scritte quarant’anni fa sul numero-manifesto dei Quindici, che vale la pena di rileggere: «I professori impongono un programma e questo viene spesso preparato su modesti riassunti tirando a indovinare. Si è giunti, in alcune Facoltà, all’assurdo: 600 studenti interrogati in tre giorni da un solo professore (Magistero, ottobre ’67) […] Il sistema di cooptazione dei professori, i quali vengono scelti da altri professori sulla base di criteri insindacabili: nepotismo, identità di vedute politiche, correnti filosofiche o culturali, sottogoverno, posizione nel mondo dell’industria […] Ma lo strumento di controllo maggiore nelle mani dei professori, quello che dà valore a tutti gli altri e la vera base politica del loro potere accademico è la collaborazione degli studenti. Senza collaborazione degli studenti, un professore, se non è anche un dirigente d’azienda o un ministro (cosa non poi tanto rara) non è più nulla». Vanno notate innanzitutto due cose. La prima è che il sistema di cooptazione dei professori è oggi molto peggiorato. Lasciamo da parte la sceneggiata dei concorsi; nell’individuazione dei candidati più opportuni, sono sparite completamente le motivazioni politiche e filosofiche, ed è rimasta in piedi soltanto la logica del sottogoverno, peraltro non suffragata da una comunanza intellettuale, ma soltanto da numerose ore di lavoro illegale, offerto a titolo gratuito e la cui autorialità non è riconosciuta, violando così al contempo le leggi del lavoro e quelle sul diritto d’autore. Detto in parole più chiare: sempre più spesso, i concorsi universitari vengono vinti da persone che non hanno scritto quasi nulla ma, stando alla commissione, hanno effettuato una prova di concorso di elevatissimo livello. I verbali dei concorsi oggi si trovano sul web, ma come mai molti di coloro che hanno vinto un concorso non mettono il loro curriculum online? Si vergognano?
martedì 27 novembre 2007
Cose buone dal '68
Non resta che osservare quello che è accaduto in quarant’anni: il potere accademico è rimasto intatto e invece è franata clamorosamente la qualità degli studi universitari. Sono aumentati vorticosamente gli iscritti nelle università italiane e, miracolo dei miracoli, sono aumentati anche i laureati. Osserviamo quanto è accaduto in area umanistica. Il sistema dei Cfu e del 3+2, dal punto di vista didattico, ha prodotto risultati molto discutibili; troppi laureati concludono i loro studi senza saper scrivere, non distinguono i diversi registri della lingua e arrivano a fatica a padroneggiare un lessico di 150 vocaboli. Si è persa la capacità di leggere e di studiare. Si vorrebbero spiegazioni fatte di sole immagini, a fumetti, o a slides, che fa più chic. E poi, detto sinceramente, le scienze della comunicazione ci hanno rotto i maroni!
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