Al contrario di quello dei cani, sono favorevole all'abbandono delle bici, se alla fine vengono rese funzionanti da qualcuno. Anche se le cose potrebbero andare meglio, per esempio se qualcuno sapesse dove portarle, invece di abbandonarle davanti al cassonetto o, peggio ancora, buttarcele dentro.
In questo mese, ho completato il Manuale di sopravvivenza del ciclista urbano, libro che verrà pubblicato da Ediciclo fra qualche settimana. Molti pedalatori troveranno cose che già sanno per esperienza diretta, e altre forse meno conosciute. E chi vorrebbe iniziare a usare la bici come mezzo di trasporto quotidiano scoprirà molte cose interessanti per prendere più facilmente il via, fottere il traffico, risparmiare tanti soldi e migliorare le proprie condizioni fisiche. Per acquistare uno sguardo panoramico sulle cose e non essere più un tonno in scatola che, fra l'altro, inquina molto.
Agosto è passato. Mi ha colpito la marea di bottiglie di plastica ai lati delle strade. La plastica ci invade sempre di più, a dispetto di ogni buonsenso. Continuo a ribadire il concetto demenziale che inquina il nostro territorio. Dopo mezz'ora vai a fare la pipì, o sudi, e per 500 anni ci teniamo la bottiglia di plastica. Strano che non siano ancora sbarcati degli alieni blu alti tre metri a tirarci le orecchie e a dirci nella loro lingua: «Ma che cazzo vi siete messi in testa, razza di esserucoli pelosi, bianchi e dilatati?».
Una parola vorrei dire sulla raccolta differenziata. Ad agosto ho soggiornato in due posti in cui è già attiva la raccolta differenziata porta a porta: Formia e Tagliacozzo. Una bella cosa, senza dubbio. Ho trascorso tutto il mese a controllare quale giorno della settimana tocca a umido (organico), e quale a secco, carta e cartone, plastica, vetro e metallo, e anche a rimettere al posto giusto gli errori dei miei familiari, errori seguiti da interminabili discussioni, tipo “il cartone del latte non va nella carta”, “alle bottiglie, per favore, togliete il tappo che serve per gli acquedotti africani” (non è una leggenda metropolitana, è vero); “quante volte vi devo dire che i tovaglioli di carta, se sono stampati vanno nel misto e non nell'organico”. Incluse anche ispezioni a sorpresa nel predetto organico, con inevitabile scoperta di piccoli orrori ambientali sotto il lavandino della cucina, in cui spesso si sbaglia anche la mira perché, mi si dice, il secchio e pure i sacchetti sono troppo piccoli.
È un bene che la gente si tenga dentro casa per un po' l'immondizia prodotta: aiuta a riflettere.
La raccolta porta a porta ha preso il via anche in alcune zone di Roma. Nei prossimi anni le cose cambieranno un po' ovunque.
Chi si schifava tanto di guardare nei cassonetti, ora sarà costretto a farlo a casa propria. Vedete che essere un monnezzaro patentato torna utile.
Alcune osservazioni sulla raccolta differenziata porta a porta. Primo, si può constatare quanto voluminosa e ambientalmente insostenibile sia la cosiddetta frazione secca, o indifferenziata. Ci finisce quasi tutto. Qui c'è poco da fare: o si riducono gli imballaggi e i consumi, oppure l'indifferenziata continuerà a riversarsi nella discarica o nell'inceneritore.
Secondo: ho notato che l'assenza di cassonetti indifferenziati a Formia ha rinvigorito un brutto sport: il lancio del sacchetto dal finestrino dell'auto. Qui o si mettono per strade alcune pattuglie di Herzbollah (secondo un mio vecchio progetto ingiustamente trascurato dall'amministrazione comunale di Roma) o le telecamere ovunque. Oppure si concedono spazi con questo tipo di contenitore, magari non vicino alle abitazioni, per un periodo di tempo limitato, in modo da far abituare i più indomabili alle nuove abitudini.
Terzo, la raccolta dei rifiuti ingombranti. Ho notato che le cose sono complicatissime. Normalmente, le società che effettuano la raccolta “porta a porta” sono totalmente sprovviste della raccolta dei rifiuti ingombranti. Sul territorio, i comuni hanno fatto spesso ricorso a deleghe farraginose (e probabilmente costose per il cittadino educato), che non fanno che favorire lo sviluppo di un altro sport nazionale, già diffusissimo: l'abbandono dell'elettrodomestico per strada o in mezzo ai campi.
Se un determinato comune non ha un euro per avviare la raccolta dei rifiuti ingombranti, basterebbe creare degli spiazzi informali, in modo che, senza costi aggiuntivi, questi rifiuti si raccolgano almeno nello stesso punto, con ricadute positive per l'ambiente.
Quarto. Qui purtroppo torniamo alla plastica. Dice la signora, desiderosa di ciupparsi in santa pace il suo quarto di litro di acqua “vitabella”: «Adesso la plastica si ricicla tutta, ci fanno i pile, le panchine», come a dire in realtà: «tu, ambientalista del cazzo, non pensare di fare la lezione a me, a me che, con i miei consumi presso un'azienda responsabile, ho contribuito al rimboschimento di aree a rischio». Invece, la realtà della plastica è tristissima: la metà della plastica raccolta con la differenziata finisce nell'inceneritore, che ora si chiama termovalorizzatore. Questo accade per due motivi: la plastica è un ottimo combustibile, che fa gola a chi deve produrre energia dall'immondizia; e poi è troppa. Diciamo che, in Italia, il fabbisogno procapite di pile e panchine è nettamente inferiore alla plastica consumata dalla popolazione. Quindi: o si decide di vestirsi con strati di pile in tutte le stagioni e di sedersi sulle panchine a ogni metro, oppure bisogna consumare meno plastica. Bisognerebbe dirlo all'associazione di categoria della Confindustria che raggruppa i produttori di plastica per uso alimentare, grandi amici di quelli che, in base a concessioni pubbliche ottenute a basso costo, continuano a “produrre” acqua minerale. E bibite che, per esigenze di mercato, spasmi dietetici e altri imbonimenti, somigliano sempre di più all'acqua minerale. Ma colorata. E la paghi il quadruplo, ovviamente.
Chiudo qui, solennemente, la parentesi della raccolta differenziata.
Torniamo al ritrovamento di sei biciclette nel mese di agosto. E anche di una vecchia cassetta degli attrezzi, mezza arrugginita, con poca roba all'interno, ma con inequivocabili segni di un uso anche ciclistico della cassetta stessa. Un pignone, un freno, un pedale, ferraglia morchiosa e ossidata varia. Un pezzo dall'alto valore simbolico, che voglio restaurare, perché le cassette degli attrezzi metalliche sono oggetti bellissimi, pratici e imbattibili.
Ho imparato un nuovo sport, tipo triathlon in spezia urbana. Trovi una bici (searching), la rimetti in sesto (mechanical skills) e la usi il giorno dopo per spostarti o viaggiare (moving). Tre sport che si completano e si integrano in un disegno più vasto. Uso armonico delle facoltà fisiche e mentali. Indispensabile ausilio per una sana crescita dei bambini. Come nella forma del tao, in ciascuno di questi sport di ciclismo urbano c'è anche un po' dell'altro. Nella parte meccanica, bisogna quasi certamente mettersi alla ricerca di un ricambista non esoso e fornito, reperire attrezzi e materiali, ecc. Nel corso del viaggio, se il lavoro non è stato fatto bene, è necessario tornare alla meccanica, altrimenti non si va avanti.
Puoi anche partire per una destinazione con gli attrezzi, sicuro che troverai qualcosa da risistemare e tornerai indietro con una nuova bici. Perché no? È molto divertente.
Anche perché, a forza di pensare alle bici, si sviluppa un sesto senso, che permette la visione a raggi x, la visione a distanza, viaggi astrali per esigenze ciclistiche, paragnosi, previsione del futuro e anche di parlare tutte le lingue del mondo. Basta la visione a cinquecento metri di un dettaglio del cestino rosa di una bici da bambino per far scattare l'allarme. Ho visto una Chiorda nel fossato pieno di erbacce, vedendo spuntare la punta di un manubrio. Certo, poi ci sono gli abbagli, come quando, qualche giorno fa, ho scambiato un sistema di irrigazione per un telaio. Capita, e le ironie in famiglia in questi casi si sprecano. Perché spesso queste scoperte le faccio in compagnia di mia moglie, a bordo dell'inquinante. Un caso ricorrente è la frenata rapida con accostamento ai bordi della strada. Mia moglie dice allarmatissima: «Che succede?». Forse si aspetta un discorso tipo: «Ti devo parlare», oppure «Il mezzo ha subito danni irreparabili, mi dispiace, dobbiamo proseguire a piedi». Poi tranquillizzo: «C'è una bici, ci metto un attimo». C'è un effetto di sollievo generalizzato, che in qualche modo attenua l'arrivo nel bagagliaio, comunicante con la cabina passeggeri dell'inquinante, di uno sgradevole reperto rugginoso che si accompagna a fogliame secco, terra, insetti di vario tipo che hanno fatto la casa nel manubrio e nel campanello. A volte gli effetti di questa attività sono comici. Come quando, una ventina di giorni fa, avendo avvistato due telai senza ruote e cinque copertoni, mia moglie mi ha supplicato invano: «Luca, prendine uno solo, ti prego».
Anche perché, a forza di pensare alle bici, si sviluppa un sesto senso, che permette la visione a raggi x, la visione a distanza, viaggi astrali per esigenze ciclistiche, paragnosi, previsione del futuro e anche di parlare tutte le lingue del mondo. Basta la visione a cinquecento metri di un dettaglio del cestino rosa di una bici da bambino per far scattare l'allarme. Ho visto una Chiorda nel fossato pieno di erbacce, vedendo spuntare la punta di un manubrio. Certo, poi ci sono gli abbagli, come quando, qualche giorno fa, ho scambiato un sistema di irrigazione per un telaio. Capita, e le ironie in famiglia in questi casi si sprecano. Perché spesso queste scoperte le faccio in compagnia di mia moglie, a bordo dell'inquinante. Un caso ricorrente è la frenata rapida con accostamento ai bordi della strada. Mia moglie dice allarmatissima: «Che succede?». Forse si aspetta un discorso tipo: «Ti devo parlare», oppure «Il mezzo ha subito danni irreparabili, mi dispiace, dobbiamo proseguire a piedi». Poi tranquillizzo: «C'è una bici, ci metto un attimo». C'è un effetto di sollievo generalizzato, che in qualche modo attenua l'arrivo nel bagagliaio, comunicante con la cabina passeggeri dell'inquinante, di uno sgradevole reperto rugginoso che si accompagna a fogliame secco, terra, insetti di vario tipo che hanno fatto la casa nel manubrio e nel campanello. A volte gli effetti di questa attività sono comici. Come quando, una ventina di giorni fa, avendo avvistato due telai senza ruote e cinque copertoni, mia moglie mi ha supplicato invano: «Luca, prendine uno solo, ti prego».
Comunque, l'altroieri ho rimesso a posto una bella bici da passeggio femminile, trovata tutta intera, quella che vuole mia moglie, e ci sono partito. In treno, perché i coni dei mozzi erano veramente troppo rovinati per effettuare un Formia-Roma, che all'inizio avevo vagheggiato. Sull'Appia. Magari un'altra volta, con un portapacchi, ma c'è un rettilineo sulla carta bellissimo di quasi 50 Km, poi la salita a Velletri e la discesa (di quello che mi ricordo). La bici restaurata è qui ritratta, in attesa di imbarco sul treno.
Sono arrivato a Roma nella tarda mattinata e ho trovato la città assorta, quasi deserta. Il silenzio regnava sovrano su Piazza dei Cinquecento. Villa Borghese era un impasto di suoni allegri e risciò, di odori e tranquillità. Una Roma che mi ricorda quella di trent’anni fa, forse. Con meno gente, in particolare meno stronzi. Secondo me, ieri, anche chi non è partito ad agosto, ha detto: “almeno oggi vado fuori Roma, e che cavolo, agosto è finito e io sono stato sempre qua. O ora o mai più”.Fatto sta che la città era vuota. Rumori soffusi provenivano dalle poche finestre spalancate. La passeggiata in sella alla bici restaurata è andata benissimo. Silenzio, niente traffico, incroci deserti. Con un bagaglio minimo, comprendente un computer portatile, un libro, svariati attrezzi ciclistici e lo spazzolino sono salito per via Medaglie d’Oro. Anche questa strada, in genere molto puzzolente, emanava un fascino protonovecentesco. Il ritrovamento di uno splendido cavalletto a ruote in alluminio, che ho caricato sul manubrio, in tutto una decina di chili, ha suggellato questa splendida gita dentro Roma. A momenti cado. Da domani si ricomincia con i problemi.
6 commenti:
Già ci vedo poco ma se ci ammolli un mattone di questa lunghezza si rompe la catena. In tre puntate grazie.
Mad Max
Complimenti per i ritrovamenti. Io sono a quattro; due recuperate, bellissime, e due utilizzate come ricambi. mad max
Una delle poche certezze della prossima stazione è che i testi saranno pochi e lunghi. Se si rompe la catena, puoi aggiustarla con lo smagliacatene.
Quattro bici non è male, ma io ne ho trovate sei in un mese. Tu in quanto tempo?
non volevo dire stazione, ma stagione.
stesso tempo ma in tre piazze diverse. in riviera gli appartamenti cambiano spesso padrone e le bici si buttano con perniciosa facilità. mi permetto. codice etico del recuperatore. vicino ad un cassonetto. aperte. mancanti di un pezzo che ne giustifichi l'abbandono.
mad max
Sei un bravo e capace ragazzo. Seguo un codice etico molto simile al tuo: aperta, rovinata, con ruota a terra.
Stai sviluppando anche tu la visione a raggi x, la telecinesi e i viaggi astrali a scopo ciclistico?
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