Il volo. Planato. Sul nulla, in spazio aereo ridotto. Ma è bene prima introdurre, ora che si celebrano i cinquant'anni della scomparsa, a soli 34 anni (1962); ora che si torna a parlare di Yves Klein, dopo un lungo silenzio colpevole.
Un oblio che ha ragioni molto concrete e mira a focalizzarsi commercialmente su altri artisti molto meno originali, magari anche clonatori. Perché la critica d'arte è una forma di pubblicità, ciò è indubbio.
Yves Klein, IKB 191, 1962 |
Klein è stato un iniziatore, della body art in particolare. Brevettò il famoso azzurro Klein (International Klein Blue). Tornare a parlare di lui significa accorgersi che nel panorama attuale circolano epigoni molto accomodanti e insipidi di quella stagione felice, gli anni Cinquanta-Settanta. Epigoni che hanno studiato in accademie d'arte e non hanno imparato nulla, se non a copiare, appunto.
È naturale che il corpo fosse al centro dell'arte di Klein, judoka espertissimo, al punto da pubblicare un fortunato trattato sul tema. Da qui anche l'attrazione per arti diverse, al cui centro sta un'idea teatrale del corpo, ma soprattutto della percezione ovvero, per esser banali, dei famosi cinque sensi: musica, performance, pittura, fotografia. E l'interazione: pittura del corpo, fotografia della performance, ecc.
Qui voglio concentrami su un'opera riprodotta spesso: il Saut dans le vide (Salto nel vuoto).
La foto di Shunk-Kender ritrae l'azione intrapresa da Klein a Fontenay-aux-Roses, il 23 ottobre 1960. Viene subito da domandarsi: che fine ha fatto l'artista? Quante fratture? La performance nasceva - quasi filosoficamente - da una protesta contro la Nasa e la sua idea, folle secondo Klein, di mandare l'uomo sulla luna. In realtà si tratta di un fotomontaggio. La strada è stata fotografata così come la vediamo, senza Klein volante, e poi sono stati sistemati dei materassi, oppure dei tatami, ma parecchi, mica stava facendo judo. No, sto scherzando, in realtà è noto che una dozzina di allievi judoki reggevano un telone, anche perché l'artista va giù a faccia in avanti, materassi o tatami non sarebbero stati sufficienti.
Una foto che è un volo d'angelo rovinoso. Di qui metafore a profusione: tutte scempiaggini, tanto ognuno può dire la sua senza paura di essere smentito. La critica d'arte a volte può essere un esercizio sterile e fragilisssimo a livello logico. Infatti i pochissimi critici seri, fra cui metto Angela Vettese, tendono a focalizzarsi sulla storia di un dato movimento, tendenza o artista, una storia che permette di collocare la sua azione in un contesto più ampio, ma non si mettono a fare l'ermeneutica della singola opera, perché sanno bene che quello è un vicolo cieco. Quindi mi astengo dalle metafore di questo volo, perché sarebbero ridicole, precisando che l'artista non si è schiantato al suolo e che, pur essendo uno judoka provetto, non aveva doti paranormali per cadere sull'asfalto senza farsi male.
Cancellate tutto quello che scritto finora, perché si tratta di un vano tentativo di depistare la vostra attenzione, al solo scopo di contrastare la mania di sintesi che alberga sul web e scrollarci di dosso un po' di onanisti del mouse. Anzi, a mo' di stacco pubblicitario, dico quello che penso sul web di oggi. In generale, è uno strumento fascista, che facilita il controllo e il monitoraggio delle masse, anche se ammetto che l'email e le mappe risultano comode. Twitter è una boiata pazzesca, Facebook è orrendo (il suo successo testimonia il livello di abiezione raggiunto dalla specie umana oggi sulla Terra). E il 99% dei blog (anche questo, ovviamente) contengono quasi esclusivamente stronzate, peraltro con uno stile di scrittura pietoso. Leggete i libri se potete, se avete tempo e soprattutto soldi. Ho finito con la pubblicità, proseguo con Klein.
Oltre ai libri, è bello leggere i giornali. Come Dimanche, il giornale di un giorno solo, in cui Klein incluse anche il "volo", dissimulato da notizia di cronaca in prima pagina. Il giornale apparve a sorpresa nelle edicole. Un colpo di genio che oggi vanta talmente tanti emuli, che il giochetto del fake non funziona più.
Il volo dell'artista è una parte della cornice, dicasi lo stesso per la temuta superficie sassosa in basso. Il centro dell'immagine, inalterato ai fotomontaggi, non inquadrato dal fruitore, perso quasi sul fondo, vero fuoco prospettico è il ciclista. Mi piacerebbe scrivere alla Fondazione Roy Lichtenstein di cui la foto ora fa parte per farmi mandare un ingrandimento e sapere qualcosa di più su quel ciclista che con un cappotto e una bici da passeggio, quel 23 ottobre 1960 passava per caso in quella strada (si tratta di Rue Gentil Bernard di Fontenay-Aux_Roses, l'artista si getta dall'edificio situato al numero civico 3) o era stato ammaestrato per farlo in quel momento e quindi per entrare di diritto nella storia dell'arte. Nel frattempo, l'immagine aveva mandato l'artista nello spazio prima che l'uomo posasse il piede sulla luna. C'è una versione della foto che inquadrava la 2 cavalli di Klein che però non venne usata. Troppo banale. L'artista impiegò invece una versione alternativa con la strada completamente vuota.
Seguite il ciclista e fatevi trainare fuori dall'immagine, per scomparirvi dentro e uscire dal retro, in dissolvenza.
Oriolo Romano, 7 giugno 2012
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