giovedì 31 gennaio 2008

Memorie. II parte

Il colle di Monte Mario (140 metri s.l.m.), a guardarlo da piazzale Clodio, è per il ciclista principiante un invalicabile Aconcagua. Che lo si aggredisca da via Cortina d’Ampezzo, dalla Farnesina, dalla "panoramica", nella lunga e intossicante salita di viale delle Medaglie d’Oro, la salita richiede qualche dose di allenamento. Se cerchi di aggirarlo arrivando a via Boccea o alle Mura Vaticane, finanche dal Gianicolo e dalla Gianicolense, sempre una salita devi affrontar. In poche parole, è una specie di altopiano. Il passaggio cruciale della mobilità ciclistica è stato segnato, per me, dall’annullamento di questa barriera, che farà sganasciare dalle risate le migliaia di frequentatori dello Stelvio e dello Zoncolan. Dopo aver vagheggiato una teleferica per ciclisti che aggirasse l’ostacolo, alla fine, invece che raccogliere inutilmente firme, ho deciso di allenarmi. Una volta che sali la Panoramica o per due volte la Trionfale in un giorno, il problema Monte Mario non si pone più, se si mantiene un minimo di allenamento e se non si sovraccarica lo zaino. Tutti possono farlo. L’unico problema resta lo smog, che rende le salite più faticose, sempre e comunque. Ah, già, poi c’è la stronzaggine di automobilisti e motociclisti, per esempio quelli che sorpassano chi già sta sorpassando: a quella non ci si abitua mai.

mercoledì 30 gennaio 2008

Memorie. I parte

Oggi sono in vena di ricordi. Quando, tre anni fa, cominciai a girare in bici per Roma, non avevo idea di quanto sarebbe durata. Il prezzo della benzina e la glicemia troppo alti mi avevano indotto a prendere in considerazione l’ipotesi di riesumare dal soggiorno sulle montagne abruzzesi la vecchia mtb anni ’80, abbandonata in garage con le ruote sgonfie: il mezzo è stato ribattezzato Excalibur (nella mia mente, niente cerimonie ufficiali) e alla fine è stato dismesso dopo un mal di schiena durato tre mesi, causato dal telaio troppo piccolo (e da un giro di 90 Km in montagna). Perché tirar fuori dall’oblio la vecchia Concorde delle Officine Sarto? Lo scopo principale era raggiungere rapidamente e con poca spesa l’istituto tecnico di Monteverde dove il sottoscritto era stato chiamato per una supplenza parziale, un lavorone, quattro soldi che con l’uso dell’auto sarebbero diventati tre.

Mentre saggiavo il cigolante velocipede, pensavo che quell’attrezzo poteva scatenare parecchie novità: fottere il traffico, non perdere tempo, fare attività fisica, risparmiare, non inquinare. Quest’ultimo punto non lo considero secondario: faccio il compost sul terrazzo, lotto contro lo stand-by, ecc. Inutile nascondere, però, che la velocità e il risparmio sono state le molle più importanti: grazie a questi vantaggi ero invogliato a stringere i denti sulle salite, anche quando non sapevo più quale rapporto inserire, visto che stavo andando con un 22 x 28, o giù di lì. Ricordo ancora il primo giro in bici, una volta presa la decisione di portare a Roma la mtb: un percorso, credo di 2 Km, in un parco pubblico della città. Ricordo anche i primi itinerari, in cui perdevo la strada, o impiegavo tempi biblici per arrivare a destinazione. A un certo punto divenne necessario ricorrere a un riparatore. I miei ricordi, peraltro un po’ arruginiti, si fermavano al cambio della camera d’aria. Cominciai a frequentare un paio di negozianti. Nessuna concessione al nuovo. Ripara, ripara, su, fai uno sforzo... Rimetti a posto, ecc. Anche perché il negoziante cerca subito di proporti nuovi modelli. Nessun interesse per pezzi di ricambio costosi. Semmai una bella bici da 50 euro all’Ipercoop da fare a pezzi, tipo maiale. A questo va aggiunto il ritrovamento fortuito di alcuni telai, con pezzi vari attaccati, in cattivo stato. Fin qui aveva prevalso solo una logica: il risparmio totale e il recupero. Parallelamente a questa concezione, si è sviluppato uno spiccato interesse per il fai-da-te ciclistico, favorito da una discreta manualità, che ho darwinianamente sviluppato negli ultimi anni. Poi, seconda fase: dopo aver segato, limato, svitato, approfondito la natura dei metalli e la storia della brugola e perfino di Egidio Brugola, delle viti canadesi a foro quadro, ecc. e dopo essere rimasto a piedi in due occasioni (e dopo essere caduto), si è instaurato in me un maggiore apprezzamento per la componentistica di buon livello, preferibilmente vintage (ma questo è un altro discorso). In un altro post memorialistico parlerò di un terzo passaggio, che considero decisivo per le mie possibilità ciclistiche e che ha per oggetto le salite di Monte Mario.

martedì 29 gennaio 2008

Jovanotti lo sa

Nel corso di un'intervista concessa al manifesto del 20 gennaio scorso, Jovanotti apre una lunga parentesi ciclistica, ricordando un viaggio in Pakistan e Cina: «La bicicletta ha questa cosa: è un grande strumento di accoglienza. Noi venivamo accolti nel nord del Pakistan in posti poveri, talvolta proprio miseri, quasi come dei profughi. Ci offrivano da mangiare, ci dicevano "ma come state, quanti chilometri avete fatto!"... E intanto a Karakorum si vedevano gipponi di giapponesi, di occidentali. Macchine che sono già carrarmati, delle macchine da guerra e naturalmente producono un altro effetto».

lunedì 28 gennaio 2008

Tre errori sistematici su parole in castigliano

A corto di argomenti ciclistici, pur avendo ieri fatto il giro delle sette chiese, oggi mi soffermo su questioni linguistiche, dopo aver letto un articolo sul Corriere della sera, a p. 21, "La maledizione dei Brando" - in cui, per l'ennesima volta, scopro l'errore che segnalo più sotto (al punto 2). Ci sono tre errori in cui i giornali italiani incappano spessissimo, a proposito di parole in spagnolo o castigliano, che dir si voglia:
1) Al contrario di quanto accade per il francese, è la sistematica abolizione degli accenti
in tutte le parole. Per esempio, Chavez, invece di Chávez.
2) Il secondo è l'uso di una parola inventata: "ecuadoregno" o, ancora più ridicolo, ecuadoreño", per indicare gli abitanti dell'Ecuador. Questa parola nel castigliano di Spagna, e anche in quello di Ecuador, NON ESISTE. In spagnolo si dice 'ecuatoriano' e in italiano 'ecuadoriano'. Se volete fare i Gianni Brera e usare parole spagnole, prima studiate.
3) Sistematico (trovato almeno cinque volte): chiamare Città del Messico, ossia Ciudad de México, con il termine inglese, 'Mexico City'. Questo è veramente troppo. Qui non è neanche questione di ignoranza, si tratta di aver copiato malamente da notizie diffuse in lingua inglese; nessuno pretende che Los Angeles sia scritto alla spagnola, Los Ángeles. Qui siamo alle basi.
¿Entendido?

venerdì 25 gennaio 2008

Giornata della memoria

Ricordare, ricordare, ricordare. Noi non dimentichiamo il «70° anniversario delle leggi antiebraiche emanate dal regime fascista che di fatto prepararono l'Olocausto anche in Italia».

mercoledì 23 gennaio 2008

Un uomo d'oro sul velodromo

Subissata dal solito marasma calcistico, è arrivata dagli Usa una notizia importante per tutti coloro che hanno a cuore il mondo dei pedali: un italiano ha vinto la medaglia d'oro nella prova di velocità su pista nella Coppa del mondo. Si chiama Roberto Chiappa (Terni, 11 settembre 1973, una data che qualcuno ricorderà per altri motivi). A 18 anni, Roberto vince il mondiale velocità jr, due anni dopo è iridato nel tandem assieme a Paris e poi arriva quarto a Barcellona '92. Quello che colpisce è la distanza tra i primi titoli del mondo e questo, segno inequivocabile di una costanza più unica che rara. Circa quaranta i titoli italiani, nelle varie specialità. Adesso, non resta che augurare in bocca al lupo per le Olimpiadi di Pechino. Se si sbrigassero a costruire o restaurare un velodromo a Roma ve ne saremmo grati: nella Capitale, coltivare un talentuoso pistard è semplicemente impossibile. Come dire? Roma cojona.

martedì 22 gennaio 2008

La guerra di mio nonno in bici 2

Ecco la dotazione completa di mio nonno, che partì (non volontariamente) per la Prima Guerra Mondiale in sella a una bicicletta, con tanto di mostrine ciclistiche del "Lancieri di Firenze", vecchio reggimento piemontese di cavalleria convertito alla due ruote:








lunedì 21 gennaio 2008

La guerra di mio nonno in bici 1

Dal diario di guerra di mio nonno Marco, ho scansionato le pagine in cui figura l'elenco della
dotazione. Cominciamo però dai fronti dove combatté.

mercoledì 16 gennaio 2008

Andare a scuola/al lavoro in bici. Capitolo II

Sulla bici, quello che importa è limitare il peso, i carichi sporgenti e la scomodità; per il resto va bene tutto. Bisogna pensare ai problemi specifici derivanti dal fatto di andare in bici e non a piedi. Per dirne una: il cappuccio della giacca a vento può ostruire lo sguardo quando ci si volta, quindi è bene ripiegarlo all’interno della giacca; chiavi e altri oggetti, per il fatto di vibrare, possono rendere il percorso noiosissimo. Se ci sono avvisaglie di pioggia è bene chiudere in un sacchetto il vestito “buono”, che indosseremo una volta giunti a destinazione. Per quello da bici non c’è problema, anche se si bagna, si stende su un condizionatore o sul computer [sic] per cercare di asciugarlo. Oppure si chiude nello zaino e buonanotte. Il look è salvo. Per il ritorno a casa non ci sono problemi, anche se ci si bagna. Ognuno fa quello che gli pare, ma quando vedo gente in giacca e cravatta in bici, penso alla pioggia, al sudore, alla scomodità. Ma si parla di bici con carter, campanello da mezzo Kg, insomma altro stile. Preferisco avere la libertà di andare un po’ più veloce. Quindi, ricapitolando (e ricordando che il vestito più importante in bici sono il casco e le scarpe, attenzione a quelle sdrucciolevoli).

Per i climi caldi. Addosso: maglietta a maniche corte e calzoncini da ciclista, eventualmente gilet da ciclista; nello zaino: pantaloni lunghi e seconda maglietta (o camicia).

Per climi freddi. Addosso: giacca a vento traspirante, maglia ciclista, maglietta traspirante o sintetica; nello zaino: pantaloni lunghi, maglione, maglietta di ricambio (o camicia). Se potete, lasciate al lavoro o a scuola una felpa o un maglione e una giacca a vento di riserva. Avrete compreso che il nostro look quotidiano è molto sobrio, ma in uno zaino non troppo pesante si può trasportare anche una giacca, basta ingegnarsi un po’.

martedì 15 gennaio 2008

Andare a scuola/al lavoro in bici. Capitolo I

Spesso mi capita di rispondere alle domande incuriosite di persone che desiderano sapere come faccio a presentarmi al lavoro dopo 20 Km in bici per le strade di Roma, percorso che comprende strade di campagna, pozzanghere, cani da pastore e stronzaggine al volante. Tralascio qui i noiosi ma importanti dettagli tecnici del cambio, salite, freni, manubrio, copertoni, ecc. per parlare del modo di trasportare i vestiti e, diciamo, gestire il look. La procedura fondamentale di trasporto è quello che ho denominato “cannolo”: pantaloni, maglione, maglietta, camicia vanno arrotolati come un sacco a pelo (avete presente, spero: piegato in due per lungo e arrotolato). Il tutto va messo nello zaino o nelle borse. D’estate si possono mettere i pantaloncini da ciclista imbottiti e, giunti alla meta, indossare sopra i pantaloni; ci si dà un’asciugata e poi, in un bagno, ci si cambia. Oppure, d’inverno si indossa un paio di pantaloni “dedicati”, un po’ tecnici, per poi indossare quelli arrotolati. Siete spettinati? Qualcuno vi guarda male? Beh, pensassero ad attrezzare una zona cambio per chi non inquina. Un collega ha qualche osservazione da fare? La risposta standard sarà: è il prezzo dell’ecologia. Il deodorante e un piccolo asciugamano possono corredare il nostro equipaggiamento. Seguiranno consigli di umile esperienza su cosa mettere addosso quando ci si reca in bici da qualche parte.

lunedì 14 gennaio 2008

Meno traffico

L’Assopetroli segnala una forte flessione nella vendita di benzina a Roma: si parla di un -10%.

Anche i vigili urbani indicano una diminuzione del traffico rispetto allo stesso periodo del 2007. Giovedì scorso, primo giorno a targhe alterne, il traffico era scarso.

giovedì 10 gennaio 2008

Felicità Interna Lorda


Lo stemma del Bhutan

Per affrontare la questione basilare del traffico e degli spostamenti nelle grandi città bisognerebbe ripartire dal benessere dei singoli e dall’impatto dei comportamenti individuali sulla collettività. In una cultura in cui questo parametro è desunto dal Pil individuale, ci vuole poco a capire che la perfezione corrisponderebbe grosso modo a quello che vediamo ogni giorno nelle strade cittadine. Ciascuno va dove vuole, come vuole, prevale la forma sulla sostanza, ecc.

In Bhutan, nel 1972, il re Jigme Singye Wangchuck introdusse il concetto della Felicità Interna Lorda (Gross National Happiness) come principio guida dello sviluppo del paese. Non parliamo di una potenza industriale: proprio per questo una concezione del genere ha potuto attecchire su scala nazionale e per volere dell’autorità statale. La crescita economica non dà la felicità. Certo, il miglioramento delle condizioni materiali può rendere felici, ma non ci si può limitare a un rapporto di causa-effetto. Mandata in soffita l’auspicabile aumento delle tasse per i Suv, sarebbe tempo di mettere mano seriamente alla limitazione del traffico automobilistico a Roma. Per esempio tfacendo pagare in base ai chilometri percorsi, quindi aumentando il prezzo della benzina con accise regionali e impiegando i guadagni nel miglioramento del traffico urbano; al contempo, sarebbe giusto rendere più economica la tassa di circolazione e le assicurazioni per le auto usate poco. L’auto è spesso indispensabile, a nostro avviso, ma solo in casi limitati. In concomitanza con il primo giovedì a targhe alterne a Roma, è bene ricordare la poca incisività di questi rimedi, la scarsità di controlli seri sugli autoveicoli inquinanti. Un modo per aumentare la felicità interna, lorda o netta che sia.




mercoledì 9 gennaio 2008

Il giro di Roma

Per motivi di lavoro, stamattina ho girato per Roma in bici, intensamente, totalizzando non so quanti chilometri. Durata del giro: circa cinque ore. Percorso: Monte Mario-Primavalle-Monteverde-Viale Marconi-EUR-Piramide-Colosseo-Ara Pacis-Piazzale degli Eroi-Balduina-Monte Mario. Impressioni: viviamo in una città ciclisticamente fetente. Si sapeva. Eppure, i pericoli in cui ci si imbatte sembrano causati dal comportamento scellerato dei singoli, anche in circostanze che dal divano con hi-fi della propria auto possono apparire innocenti. Un semplice assembramento, una pigiatina sull’acceleratore, una curva presa un po’ più larga per non decelerare. Nel complesso, il movimento generale delle auto appare più controllabile, per non dire più prevedibile. Tento di spiegarmi meglio e faccio seguire a queste considerazioni alcuni flash di quello che ho visto, a mo’ di macchina fotografica (che purtroppo non avevo appresso). I casi di pericolo vero, in questo giro, sono stati procurati da alcune persone che parlavano al cellulare, privi di un controllo sicuro della vettura; una signora che ha girato senza freccia, uno che ha fatto inversione a u repentinamente, ecc. ma, in linea di massima, si sa che sulla via Cristoforo Colombo le auto vanno a 80-90 Km/h (contro la legge). Si sa, anche, che sulla stessa strada c’è una pista ciclabile che inizia e finisce nel nulla, anzi finisce in una zona vietata alle bici. Tutto questo per dire che il pericolo per ciclisti e pedoni non è solo una questione di quantità: riguarda l’educazione e la repressione. Veniamo ora ai flash. L’EUR appare ciclisticamente irragiungibile, è una specie di isola, non so se ci siano itinerari facili per le bici. A un certo punto mi sono trovato su una specie di autostrada, ho camminato su un marciapiede dove ho trovato frammenti di vetro e plastica, parafanghi, motorini squartati, lapidi commemorative – che sono in aumento vertiginoso a Roma, strazianti, in varie forme, tavoletta di marmo, morto recente (pieno di fiori, messaggi), morto da un po’ (sciarpa della Roma o della Lazio affumicata, fogli scoloriti), uno scheletro di cane, tipo deserto dell’Arizona, sacchi della spazzatura, imballaggi di nylon, taniche vuote. Miracolosamente non ho bucato. Alla fine mi sono arrampicato in un’aiuola e ho raggiunto l’EUR (peraltro, unica meta inutile del mio tragitto). Un mondo parallelo che bisognerebbe percorrere con la telecamera, un residuo di archeologia istantanea che domani, con la pioggia, cambierà, ma che lascia sempre atterriti per lo schifo, la deficienza, l’inutilità, la mancanza di poesia.

martedì 8 gennaio 2008

Mezzi alternativi

Un esilarante servizio sulla rivista “Am” (pp. 74-79) – allegato automobilistico del quotidiano Tuttosport – ci introduce alla visione del traffico da parte dei guidatori, anzi, in qualche modo, dei venditori di automobili. Devo dire che negli articoli di questi giornali le critiche sono molto parche e i testi che accompagnano le grandi immagini sono perlopiù elogiativi. Per masochismo (o morbosa attrazione?) decido di sfogliare la rivista e mi imbatto nel fatidico articolo che spiega come rimediare ai guasti del traffico accoppiando a un bestione BMW l’uso di qualche mezzo alternativo. Il pezzo si intitola “Mollo il Suv e vado in centro”. Ecco l’impagabile incipit: «La città, ormai, fa paura agli automobilisti. Molto basse sono le possibilità di trovare un parcheggio a buon mercato; alte quelle di beccarsi una super-multa per i famigerati blocchi. Per raggiungere il centro occorre ingegnarsi, trovare soluzioni alternative, il [sic] più ecologiche possibili. Magari a due ruote. Ecco perché in questo singolare test abbiamo puntato su mezzi per certi versi uguali ma in verità molto diversi tra loro». Scesi da quella specie di camion, indovinate quali mezzi vengono proposti per gli spostamenti? Una «raffinata bicicletta», macché Bottecchia, Olmo, Bianchi, Atala, De Rosa, marca BMW (ma guarda un po’, sicuramente è fatta tutta in casa) acquistabile al modico prezzo di 5100 euro, un vero affare, nel senso che potete intendere, e il segway, quella specie di misirizzi a due ruote, che costa 5993 euro, pesa 48 Kg, deve andare a 6 Km/h nelle zone pedonali e a 20 nelle ciclabili, e non può circolare per strada; inoltre, per scaricarlo dal portabagagli bisogna essere in due (l’altra persona, più fortunata, deve camminare). Prosegue l’articolo: «Con il segway il percorso si è rivelato più tortuoso, seppure meno stancante». Stancante??? Ma dai! Un modo come un altro per scoraggiare l’abbandono del comodissimo Suv...Come farne a meno? Eppure, basterebbero poco più di 5 mila euro, e poi è una cosa di marca, carina, robusta, dalle linee eleganti...

lunedì 7 gennaio 2008

Minoranze da meditare

Considerazioni su cui riflettere. Il brano è tratto dall'intervista di Valentino Parlato a Giuseppe De Rita, apparsa su Il manifesto, 5 gennaio 2008, p. 3:

«Qual è la galassia radicale?

La galassia di Nessuno tocchi Caino. Non raggiungeranno mai l'1,5% dei voti, ma ci sono. Poi, più importante, c'è la galassia religiosa. Non è la Chiesa di Papa Ratzinger sopra la piramide che scende verso il popolo, ma sono i pentecostali, parrocchiani, catecumeni. Ratzinger scrive libri, non governa. Insomma una galassia di minoranze. E poi i raggruppamenti che agiscono nel settore dei beni culturali: il Fai e anche Civita. Insomma in ogni settore c'è una minoranza che impone una riflessione diversa».

Ora, mi chiedo, e vi giro la domanda: è possibile che una minoranza ben motivata come quella dei ciclisti urbani, con il contorno dei ciclisti occasionali, di quelli "sportivi", boy-scouts, centri sociali, genitori di figli piccoli, ecc., non riesca a ottenere in ciascun municipio di Roma una serie di percorsi ciclistici consigliati a 30 Km/h, che abbiano una ricaduta positiva anche sulla circolazione dei pedoni, sul rumore e sull'inquinamento, una soluzione intermedia tra una zona pedonale e una a circolazione normale?

Austerità

«L'austerità non è un mezzo per ripristinare vecchi rneccanismi, bensì l’unica via per superare un sistema di sprechi, di dissennato consumismo e di privilegi. L'austerità non è una concessione alla classe dominante ma un obbligo morale delle classi lavoratrici. L’austerità è rigore, efficienza, serietà, giustizia».

Enrico Berlinguer

giovedì 3 gennaio 2008

Buon 2008

Gli imballaggi costituiscono il 40% in peso e il 60-70% in volume dell'intera massa dei rifiuti urbani. Il petrolio è a 100 $ al barile: risparmia, raccogli, recupera, riduci, ripara, ricicla!