lunedì 31 agosto 2009

Due begli incontri

Primo incontro.Venerdì scorso, mi trovavo alla Stazione Termini, in procinto di caricare la bici da corsa sul treno per Formia con il mio solito sistema. Ero in anticipo, il treno era in ritardo e bighellonavo davanti alla bella vetrina della libreria Borri Books. Mi si avvicinano due simpatiche signore tedesche, e mi dicono in inglese che sono due cicliste. Vorrebbero sapere come funzionano le piste ciclabili a Roma, dove si può trovare una mappa e come si arriva a San Pietro con la ciclabile. Ho detto loro: «Lasciate perdere le piste ciclabili. A Roma ci sono solo spezzoni inutili. Vanno bene la domenica per fare una pedalata, ma se volete spostarvi in città andate sulla strada, tenete la destra e state attente se sentire sgasare alle vostre spalle. La ciclabile per San Pietro è a fianco del Tevere ed è lastricata di sampietrini, fa ridere i polli. Non è come in Germania». Questo, devo dire, già lo sapevano. Avevano visto però in una mappa sul web che c’era una pista che arrivava vicino a San Pietro; non sapevano che bisognasse caricarsi la bici in spalla scendere e risalire i gradini e “fare bump bump” per qualche chilometro. Mi dicono che hanno fatto da Arezzo a Roma in bici. Non erano quindi delle sprovvedute. Informo le signore dell’esistenza in Roma di alcune ciclofficine dove è possibile sistemare il proprio mezzo. Ci salutiamo e vado a vedere che ne è del treno. Ieri sera, domenica, torno a Roma dopo la partita; la città è bloccata. Ma, montata la bici, sono andato a casa come se niente fosse. Un idiota, nei prezzi di Piazza Walter Rossi, mi grida dall’auto: «Aoh, comprate la Vespa». Segue da parte mia un promemoria sulle sue spese settimanali di benzina. Poi si svolta su Via Igea ed è tutto intasato. L’auto con i fan della Vespa rimane imbottigliata. Io sogghigno sadicamente: «Ih, ih, vi sta bene. Tie’, mettite in fila».
Secondo incontro. Stamattina, appena uscito di casa, incoccio in tre ciclisti belli carichi di pacchi, li affianco parlando loro in inglese. Invece, con mia sorpresa, scopro che sono trentini, di Rovereto. In sella a tre mountain bike doate di portapacchi, materassini (senza tenda), sono partiti il 22 agosto dal Gran San Bernardo in Val d’Aosta, per percorrere la Francigena. Hanno percorso la bellezza di 950 chilometri, dormendo in ostelli, parrocchie, ecc. Li ho incontrati proprio mentre entravano a Roma. A momenti li faccio deviare su via Pineta Sacchetti; per fortuna proseguiamo insieme sulla Trionfale (che costituisce il tratto finale della Francigena). Li indirizzo per l’ultimo tratto. Bravi ragazzi. È una fortuna (e una specie di miracolo) che anche in Italia ci sia gente che non si spaventa di viaggiare in bici, in un Paese in cui le istituzioni e la media dei cittadini non hanno alcun rispetto per la bicicletta, le sue possibilità come mezzo di trasporto economico ed ecologico, oltre che come come vera e propria fonte di salute. Il ciclista urbano (ed extra-urbano) s’arrangia, ha imparato da tempo a farlo. Sarebbe bello non sentire più tutte quelle chiacchiere sulle ciclabili, il bike-sharing e altre stronzate del genere.

venerdì 28 agosto 2009

Suv addio: non è stato bello ma fa lo stesso

Su "La Repubblica" di oggi, pagina 27: "Addio a Suv, jeep e pick up". Si parla degli Stati Uniti, ma gli scimmiottatori italiani quanto ci metteranno a capirlo? Trionfano le piccole auto asiatiche. La classifica delle automobili più rottamate negli usa parla chiaro. Al primo posto il Ford Explorer (olè), a seguire il Ford F-150 (olè); al terzo posto Jeep Grand Cherokee. A seguire Dodge Caravan e Grand Caravan. Sì, cara signora di Vigna Clara, le auto come la sua ormai non vanno più di moda. Si comincerà a far fatica a trovare i pezzi di ricambio, oltre che il parcheggio.



Il Ford Explorer, il più rottamato dagli statunitensi

il culto del divieto ci seppellirà



«Alle donne non verrà permesso l'ingresso nel Paese se indossano pantaloni o gonne corte, eccetto per il transito verso Lake Holiday o verso i Parchi Nazionali. Le gonne devono coprire le ginocchia per conformarsi ai regolamenti Governativi. L'ingresso di Hippie e uomini con capelli lunghi o pantaloni a fiori è proibito» (Estratto dal regolamento per l'immigrazione in Malawi, durante il regime di Hastings Banda, anni '80).

giovedì 27 agosto 2009

Il contatto con la natura

Oggi ho incontrato sulla strada un allegro corteo di quadrupedi. Ecco un paio di cartoline:

mercoledì 26 agosto 2009

La Curva di via Trionfale


Non posso trattenere la commozione guardando la nuova opera urbanistica che sta prendendo forma nel mio quartiere, Monte Mario, a Roma. Un'opera che per la perfezione del progetto e la sua esecuzione voglio definire semplicemente la Curva. La Curva è situata su via Trionfale, e dovrebbe essere il primo passo verso un generale raddoppio della via, caldeggiato anche dal PD, Partito Democratico, come la priorità inderogabile del quartiere. Non sanno che con le strade più ampie il traffico aumenta. Comunque, lasciamo stare questo discorso, per ora. E lasciamo stare il fatto che in certi punti la Trionfale non può essere raddoppiata, a meno che non si abbattano alcuni palazzi. Veniamo alla Curva. In ucraino ‘curva’ vuol dire ‘puttana’, ma anche questo è un altro discorso, però fino a un certo punto. Perché sulla Curva qualche puttanata l’hanno fatta.


La Curva è larghissima, da autodromo, direi inutilmente larga: potevano farla parabolica. Lì le auto potranno toccare anche i 70 Km/h serenamente. Una curva come mai si era vista a Roma. E poi, il capolavoro, che batte tutti i record di urbanistica: il marciapiede inclinato, in modo anche drastico (giudicate voi dalla foto). Un taglio netto con un noioso passato, fatto di marciapiedi rigorosamente pianeggianti. Un’opera d’arte, paragonabile a quelle di Calder, Fontana, ecc. Un capolavoro di funzionalità! E avete visto quanto è stretto, il marciapiede?

Certo, lo scopo è allargare la Trionfale, senza fare troppi lavori di sbancamento, livellamento. Una no-man’s land in cui è impossibile avventurarsi. Immaginate una povera vecchietta stretta in mezzo alle due “autostrade” che, sotto la pioggia, affronterà il marciapiede in discesa, o in salita.

Il marciapiede in discesa e la Curva contendono il primato alle orribili sculture situate nei pressi della Galleria Giovanni XXIII.
Ultima annotazione. Ovviamente nei lavori di raddoppio della via Trionfale non sembra essere prevista una pista ciclabile.
«Eh sì, e mo’ che je famo pure la ciclabile. E quanti cazzi!».
«Nun ce so i sordi. Manco ce li avemo ppe rifà le strisce pedonali».
«’N bici ce vai ar parco. ‘Sti matti, è pericoloso».
«Mo coll’allargamento dela Trionfale pijiamo ‘n sacco de voti. ‘A ggente è stufa, nun je la fa più. Vedrai che ala ggente je piace. Quella bella curvona larga larga. Devono anna’ co la maghina a ffa la spesa. Nun je fate le multe si se mettono ‘n seconna fila, me riccomanno».

martedì 25 agosto 2009

La posizione della FIAB sulle multe ai ciclisti

Ricevo dalla mailing della FIAB un testo di Eugenio Galli, Responsabile Ufficio legale FIAB, testo che condivido pienamente e giro per conoscenza, qualora non lo aveste letto:

«Viviamo in un Paese nel quale, salvo limitatissime eccezioni, non esiste una politica della mobilità ciclistica. Nel quale gli impegni a favore della mobilità sostenibile o non ci sono, o restano sulla carta. Un Paese che sembra ragionare solo in chiave "auto-centrica" relegando la promozione della mobilità dolce e leggera (come pure del trasporto collettivo) alle dichiarazioni di facciata, e talvolta neppure a quelle.
Per rendersi conto delle differenze non occorre andare lontano: basta attraversare uno dei confini nazionali, verso la Francia, la Svizzera, l'Austria o la Germania. Senza scomodarsi ad arrivare sino al Nord Europa. A quel punto svaniscono come bolle di sapone le vane parole che ci vengono servite da anni. Cadono gli equivoci, gli inganni, le maschere contro la forza ostinata dei fatti. Basta uno sguardo per capire, anche senza voler approfondire.
È dunque davvero difficile, oggi, riuscire a far passare il provvedimento che sanziona i ciclisti equiparandoli agli automobilisti, ai fini della sanzione accessoria della decurtazione dei punti della patente, come un intervento serio, motivato, non demagogico, utile alla sicurezza stradale, giusto, ragionevole.
A meno che, fatta piazza pulita di ogni analisi razionale della realtà quotidianamente da ciascuno vissuta sulle strade italiane, tralasciata ogni saggia distinzione circa ruoli e responsabilità dei diversi soggetti che agiscono sulla platea stradale, facendo di ogni erba un fascio, non si vogliano d'un tratto cancellare anche i numeri che periodicamente ci vengono scodellati dai media, oltre che dagli istituti statistici. Cifre di una guerra sulle strade, che viene addomesticata con parole più o meno tranquillizzanti, espressione di fatalità ineluttabili: "incidenti", in realtà spesso omicidi dolosi derubricati a colposi. Cinquemila morti l'anno sulle strade, anche urbane, più il carico di feriti, di invalidi, i costi individuali, familiari, sociali. Migliaia di caduti fra i quali vi
sono innanzitutto pedoni e ciclisti.
Come porre un freno? Spostando l'attenzione su altri obiettivi. Eccoli, allora, i nuovi pirati della strada: vanno in bicicletta. Non sfrecciano a 90 all'ora sulle strade urbane, ma sono assai più temibili, silenziosi, insidiosi, feroci. Ecco perché vanno sanzionati in modo esemplare. Comprensibile che faccia notizia, al pari dell'uomo che morde il cane. Ci sarà di che sbizzarrirsi, in queste prime settimane di applicazione delle nuove norme del Codice della strada in vigore da
qualche giorno (art. 219 bis CdS).
Dato che, come avevamo già chiarito all'indomani dell'approvazione della legge, non c'è da parte nostra alcuna rivendicazione di impunità o di immunità per una categoria di utenti delle strade, ma solo una esigenza di maggiore ponderatezza nei provvedimenti legislativi, non si può sfuggire a un nodo di sostanza: ci si rende conto che il Codice della strada prevedeva già obblighi e sanzioni anche per i ciclisti, che a qualcuno toccava farle rispettare, e che non erano per questo affatto necessarie nuove norme?»
O qualcuno si illude che le nuove norme si applichino da sé (coltivando l'idea che il rispetto delle norme discenda in primo luogo dalla severità della sanzione), oppure è evidente che - assai prima di intervenire sui carichi sanzionatori con equiparazioni che sembrano più il frutto di visioni isteriche - vi sono a monte almeno due temi fondamentali, entrambi poco "sentiti" nel nostro Paese: quello della educazione stradale e quello dei controlli.
La bicicletta continua ad essere vista dal legislatore nazionale come un "veicolo ibrido", secondo le convenienze: sugli incroci si impone spesso al ciclista di trasformarsi in "pedone", altre volte si impone di seguire il traffico veicolare a motore, in altri casi lo si induce ad inventarsi dei percorsi che non esistono, talvolta si pretende che utilizzi percorsi ciclabili oggettivamente inadatti e pericolosi, talaltra lo si costringe di fatto a rifugiarsi sui marciapiedi per proteggere la propria incolumità. Questo è "se vi pare" il ciclista urbano, in Italia.
Sarebbe utile che legge e buon senso procedessero insieme, sempre. In questo caso, pare proprio che abbiano deciso di seguire strade diverse».