lunedì 18 aprile 2011

A Modena / terza parte

Finisco il racconto della trasferta a Modena. Le mie foto purtroppo si sono tutte cancellate. La sindrome di Stendhal conosce picchi notevoli, nel momento in cui Paolo mi mostra una bici di Lino Messori davvero notevole. La potete vedere qui, Un capolavoro. L'acciaio è il migliore materiale per i telai, pedalare su questa bici dà sensazioni particolari, il manubrio è quello giusto. Messori, oltre a passare la vita a costruire bici, ha prodotto una serie sbalorditiva di chitarre elettriche, una ricavata addirittura da un tagliere per la carne. Messori canta da tenore e ha una manualità e una capacità tecnica straordinarie. Nel 1986 ha ultimato una bicicletta in titanio, quando ancora non erano disponibili tubature di questo metallo. I tubi li ha fatti lui, partendo da una lastra, curvando e saldando. La bici è qua. La sella montata su questa bici ha una storia pazzesca. Appartenne a Serse Coppi, poi a un gregario di Gino Bartali. Messori ha anche costruito diversi attrezzi, tra cui due calibri. Forse la bici più bella in casa Messori è questa. Una bici da pista con il telaio traforato. I fori sono stati rinforzati da un filo d'acciaio saldato a ottone. Le pedivelle di ferro sono quasi invisibili per quanto sono sottili. Lino giura che sono resistenti. Se giri appena una pedivella, la ruota posteriore va avanti per minuti interi.
Lino Messori ha rapporti di parentela con la mitica ciclista Alfonsina Strada.
L'artigiano Messori non è un caso isolato su questo territorio, dove tecnici altamente specializzati lavorano il metallo con maestria, non importa se per la Ferrari o per costruire un pezzo di trattore.
Andiamo poi a presentare il mio libro, Manuale di resistenza del ciclista urbano (Mdrdcu). C'è parecchia gente, molti ciclisti urbani interessati all'argomento. A Carpi ha già aperto una ciclofficina e anche qui a Modena sta per aprirne una, all'interno di un locale gestito dall'Anpi (Associazione Nazionale Partigiani d'Italia), che da anni funge da deposito bici ed effettua anche il prestito. Fra queste mura è ancora viva la memoria del "Seriffo", per anni custode del luogo e di cui vi è un ritratto, e anche un cappello stile western. Una parte di questa struttura ospiterà la ciclofficina. Ci sono diverse persone che vogliono partecipare e mi sembrano motivate. Alla presentazione vengono anche due ragazzi intenzionati ad aprire un'altra ciclofficina in un paese di cui non ricordo il nome. Glauco presenta il libro assieme a me: si è preparato a dovere. Fra l'altro è lui che ha stampato il volantino dell'iniziativa con caratteri mobili degli anni Trenta, veramente bello. Ha detto che in tipografia si possono stampare anche le magliette, usando l'inchiostro tipografico, senza problemi.
Non saprei dire quanto sia durata la presentazione, ma quando alcuni cominciano ad andarsene capisco che è ora di chiudere il rubinetto delle mie parole. Con Paolo, Andrea, Glauco, la presidentessa dell'associazione "Rimessa in movimento" e tutti gli altri si parla ancora fittamente. Il tempo proprio non basta. La sera andiamo a mangiare in un altro ristorante buonissimo.
Ora che rivedo i tortellini ripenso allo yoga emiliano, al fatto che uno può fare sì yoga ma calato nella sua cultura.
Modena non è grande, è a misura di pedone, ancora prima che di ciclista: ma le automobili rompono il cazzo lo stesso. Stai camminando in santa pace, ti guardi intorno, respiri, e arriva la macchina, a velocità allegra. Perché sono le automobili che trasformano le persone, non sono le persone a decidere se guidare meglio o peggio. Poi ci sono i matti pericolosi, ma questo è un altro discorso. Guardo le strade di questa bella città e cerco di intuire come sarebbero senza auto in sosta: un salotto che attirerebbe turisti da tutto il mondo. Invece no, ti becchi il suvvetto spacca-timpani con la radio a tutto volume. Ci sono però moltissimi ciclisti a far invertire una tendenza che fino a poco tempo fa sembrava ineluttabile. E invece non lo è.
La mattina dopo, di buon'ora, assieme a Paolo, vado alla stazione in bici. I rottami di Fuerza 1 in mano, la bici di Messori sotto le chiappe. Vorrei chiudere trascrivendo un pezzo di racconto scritto da Messori che, secondo me, ha una profondità inaudita. Questa mia breve trasferta ha avuto una costante: l'oblio e il recupero della memoria. Un sacco di discorsi fatti con i miei amici a Milano e Modena hanno avuto come tema principale questo. Ci sarebbe da fare molti approfondimenti, in particolare sull'oblio intenzionale. Guarda caso, da Roma mi ero portato da sgranocchiare il formidabile libro di Lucio Russo, La rivoluzione dimenticata, Feltrinelli, Milano, 1996, che tratta della rivoluzione scientifica ellenistica che iniziò alla fine del IV sec a. C., portò il mondo greco a livelli incredibili, ma poi fu dimenticata per incapacità di conservare e trasmettere queste conoscenze.

Ecco una citazione dai testi di Messori, che andrebbero letti nelle scuole:

«Perché quasi tutte le persone sprecano.
Sono insaziabili di piaceri e dimenticano tutti i morti, le fami del mondo, le guerre attuali e passate.
Io da sempre mi chiedo se se ne fregano o fanno finta di non udire, o di non vedere. Invece io no, non dimentico».

2 commenti:

Anonimo ha detto...

non che uno pretenda....
ma la foto con gli imbuti sullo sfondo !!!!!!!
mad max

ha detto...

A Modena c'è una discreta commistione fra meccanica e invecchiamento dell'aceto balsamico.