giovedì 14 febbraio 2008

Riparare la bici 3

Mentre riparate la bici, tenete presente che stiamo tornando nel Medioevo. Se volte capire la politica, la religione, gli usi e costumi, le relazioni di forza che ci circondano, studiate la storia, anche quella remota. Lasciate perdere i tecnicismi e concentratevi sulla sostanza delle cose. Lo stesso accade con la bici. Ripararsi una bici, scegliere i pezzi giusti non vuol dire prostrarsi davanti a un telaio di titanio o spendere 45 neuri per acquistare un reggi-borraccia in fibra di carbonio. Le cose essenziali, assicurate da una meccanica semplice ma sicura di sé, sono alla base di una gestione autonoma della propria bici. Bruno Munari (cito a memoria) ha scritto che una bici da corsa d’acciaio è bella perché essenziale; o, se volete, l’essenzialità è bellezza. Lo stesso accade per la comprensione della politica contemporanea: se volte capire il nostro tempo dovete pensarlo come un campo di forze, lasciando da parte l’apparenza. Anche la bici è un campo di forze, non limitate alle sue componenti. A fare la differenza c’è un fattore essenziale: il fattore umano. Dice un favoloso barbiere-cicloamatore, mio conoscente, dopo un breve discorso sull’elasticità dei telai: «Il telaio sei tu». È il corpo del ciclista che si flette e si contrae a costituire il motore, e persino il telaio del mezzo. Anche per questo, aggiunge il valente barbiere-ciclista, non bisogna avere paura. Una frase che va interpretata: «La paura è pericolosa». Se da una lato la paura ti addestra a tenere gli occhi e le orecchie aperte, c’è un altro tipo di paura che è dannosa: è la paura del mezzo, la stessa, per esempio, che si prova quando si sale per la prima volta su una bici da corsa e si sperimenta una nuova posizione di guida, la stessa, di cui tutti ci ricordiamo, di quando apprendemmo ad andare in bici senza rotelle. Si tende a irrigidire le spalle, non ci si abbandona, e questo può risultare pericoloso. Anche quando si cade, se ci si irrigidisce nella caduta si rischia di farsi male, più male, voglio dire. È l’ulteriore, necessaria premessa all’autoriparazione della bici. Occhi aperti, quindi, sulla strada e sul nuovo Medioevo, nel quale rischiamo di diventare ancora più schiavi di quanto non siamo attualmente.

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