mercoledì 31 marzo 2010

337 voti ha preso Paolo Bellino detto "Rotafixa", presentatosi come indipendente nei Verdi. Da qui vorrei partire, anche per chiarire le idee a coloro che leggendo questo blog a volte si imbattono in considerazioni “politiche” e forse le ritengono off topic, ma fuori tema non sono.
Si può dire tutto di queste elezioni, del deficit strutturale della sinistra – le dichiarazioni ridicole dei leader che ancora difendono il loro operato – e anche dei Verdi. Luigi Nieri (Sec), ex assessore alla Regione Lazio: “teniamo” (mi pare che si tratti del 3%). Bersani: “Il Pd tiene e accorcia le distanze”. Ormai siamo all'avanspettacolo. Venendo ai Verdi, sono ormai quasi spariti. Oggi l’onda verde è cavalcata astutamente dalla pubblicità, tutti i paesi europei hanno schieramenti ecologisti, ci sono gruppi come Greenpeace (che non fa attività politica) che hanno un impatto mediatico notevole. In Italia invece una rappresentanza ecologista è scarsissima: si limita ai Verdi e ora all'aggiunta di una 'e' di 'ecologia' nello schieramento di "Sinistra ecologia e libertà". I Verdi scontano anche una mostruosa galleria di portavoce inanellata negli anni, con qualche eccezione sporadica, fino al volenteroso Bonelli che si è trovato a raccogliere i cocci. (E che ha fatto uno sciopero della fame di un mese, quindi non un tipo "chiacchiere e distintivo", a cui purtroppo la compagine dei Verdi ci ha abituato.) Tutto questo per dire che candidarsi da indipendente nei Verdi, come ha fatto Paolo, non può assolutamente considerarsi una mossa “furba” per aggiudicarsi un posto nel consiglio regionale.
Detto questo, è interessante notare come i ciclisti urbani si siano disinteressati alla possibilità di mandare uno di loro alla Regione, pur con tutti i limiti che questa presenza isolata avrebbe significato nel marasma delle fameliche lobby che si contendono il territorio e le sue risorse. Qualcuno da solo, a fronteggiare le dinamiche a cui deve sottostare chi sposa la rappresentatività. Alcuni ciclisti abitualmente non votano, altri votano altri partiti, altri ancora si sono mostrati ostili a quel particolare candidato, o forse hanno temuto una strumentalizzazione del velocipede per scopi elettorali. Secondo me, valeva la pena provarci.
Fatto sta che la comunità eterogenea dei ciclisti cittadini non riesce a fare molto a livello politico-istituzionale. Probabilmente per molti è fatica sprecata. L’ho pensato spesso anch’io, ma non sempre. Alla fine, prevale l’associazionismo che promuove biciclettate, ma l’effetto sulle istituzioni è nullo. Esistono la Critical Mass e le ciclofficine (di cui qui non vorrei parlare perché, secondo me, funzionano). Per il resto l’immagine che emerge della bici in città è quella di un oggetto ricreativo, e non di un mezzo di trasporto. L’immagine che domina orienta le scelte degli amministratori che, per tornaconto e per senso della giustizia, danno spazio alle tendenze dominanti. Ma se i primi a non credere a un uso intensivo della bici come mezzo di trasporto sono i ciclisti, c'è poco da fare. I ciclisti urbani non sanno trovare una forma credibile e condivisa di rappresentanza. Ci sono i ciclisti “sportivi” che in larga parte si disinteressano della ciclabilità urbana, ci sono i ciclisti sporadici (giretti in primavera-estate) e ci sono anche molti ciclisti assidui che si disinteressano totalmente di qualsiasi forma, non dico di azione politica, ma anche di partecipazione a qualsivoglia iniziativa collettiva, foss’anche la famosa biciclettata. Ci sono gli operai stranieri che a volte ho visto alle 4 di mattina dirigersi pedalando al cantiere. C'è un signore che tutte le mattine alle 6 esatte con il giubbetto catatifrangente passa sotto casa mia con una cadenza lenta e incessante.
Quindi prevale l’isolamento individuale, che poi è l’isolamento che dobbiamo affrontare ogni giorno quando usciamo in strada con la bici. Salvo sbracciarci a salutare come un vecchio amico il primo ciclista che incontriamo. Non c'è l'Aci a rappresentarci, anche se non vogliamo e ce ne stiamo a casa, come accade per gli automobilisti.
L’unica novità recente a Roma è stato il coordinamento “Di traffico si muore”, di cui Paolo fa parte, che con il semplice acquisto di un misuratore di velocità laser ha ottenuto una consistente visibilità mediatica. Vediamo auto sfrecciare in città, ma nessuno ha mai detto che vanno a 80-90-100 Km/h (su via dei Fori imperiali dove Eva è stata uccisa in uno scontro). La mancata osservanza delle regole del Codice della Strada è la principale causa di scontri, morti e feriti. Eppure, ormai le regole sensate sui limiti di velocità e tutto il resto sembrano passate di moda.
Dopo la morte di Eva e la nascita del coordinamento, il Comune di Roma, nella persona dell’assessore De Lillo, ha invitato i ciclisti urbani a diversi incontri. I ciclisti hanno presentato un decalogo che era alla base anche del programma del candidato Bellino. Che queste iniziative portino a qualcosa di concreto da parte del Comune di Roma è difficile dirlo. A proposito, si diceva che entro febbraio il Comune di Roma avrebbe approvato nuove regole per le bici nei condomini; qualcuno sa se ci sono novità?
È inutile far finta di niente: le istituzioni si muovono quando i problemi diventano visibili. A rendere visibili i problemi devono essere le categorie interessate. Altrimenti i problemi semplicemente non esistono. Della morte di Eva, dopo la quale è nata l’idea del coordinamento “Di traffico si muore”, non si sarebbe neanche parlato se qualcuno non lo avesse fatto presente.
Il disgregamento dei ciclisti urbani non può che favorire il disinteresse delle istituzioni. Nel nostro microcosmo romano continuerà a dominare il modello imposto nei tipici articoli primaverili sulla bici: andate nei parchi, gonfiare le ruote, necessità di idratarsi, attenti alla prostata. E le solite noiose litanie sui sette colli, i sampietrini, come fai col sudore al lavoro, ecc. Di ciclabilità neanche l’ombra. Continueremo a cliccare sui siti danesi e a sognare di andare giro in bici a Copenhagen, oltre a segnalare sterilmente la psciopatologia di tanti conducenti romani di mezzi a motore.

6 commenti:

Mammifero bipede ha detto...

Purtroppo era tutto già scritto nei meccanismi nefasti di questo paese, di che stupirsi?
All'estero (Copenhagen, per dire) la classe politica lavora per far vivere meglio i cittadini, qui lavora a prenderli per i fondelli, e i cittadini ci si lasciano prendere.
In questo contesto la strategia mafiosa del "muro di gomma" paga. Io sono vent'anni che ci sbatto contro e a fronte delle incalcolabili ore spese ed energie disperse non ho ottenuto quasi nulla. Anzi, di alcune cose che ho ottenuto (vedi ciclabile Togliatti) me ne sono pure dovuto pentire, tanto male le hanno fatte.

La candidatura di Paolo è arrivata tardi, e a molti ciclisti non è stato dato il tempo di rifletterci a sufficienza, altri non hanno voluto starlo a sentire, altri ancora, per fatti personali pregressi, lo hanno addirittura osteggiato.

Ormai ho fatto mia la celebre frase di Nanni Moretti: "con questa classe dirigente non andremo mai da nessuna parte"... ci ho tolto solo "classe diri".

Anonimo ha detto...

intato i voti sono arrivati a 345... successone.
mi piace l'analisi di luca, il cui unico limite è non offrire prospettive di soluzione.

di mio dico solo questo: adesso c'è una misura esatta, un parametro: 345.

rtfx

BICICAPITALE ha detto...

...per quanto riguarda la candidatura di Rotafixa anche io penso che sia stata un occasione persa.

e proprio per questo..concordo anche con "Mammifero bipede" ..infatti viviamo in un paese dove per promuovere l'uso della bicicletta bisognera' aspettare che un nuovo partito (" il partito dei ciclisti" ) abbia la maggioranza assoluta in parlamento......

Bikediablo ha detto...

Io credo che sia un po' riduttivo affermare che sia disinteresse o antipatia il motivo per cui Rotafixa ha avuto "pochi" voti (che poi tanto pochi non mi sembrano).
Esistono anche persone che non classificano gli umani in ciclisti e non ciclisti, esistono anche quelli che conoscono altre persone meritevoli del proprio voto e che si interessano anche di mobilità ciclabile (non solo di mobilità ciclabile).
A me sinceramente spiace che Rota non sia stato eletto anche perchè penso che i suoi voti erano voti recuperati soprattutto nell'area di coloro che non votavano più (ho letto diversi messaggi in tal senso).

Per quanto riguarda l'analisi del perchè non cresce il numero di ciclisti urbani penso che questo dipenda dal fatto che non ci siano state vere e proprie iniziative in tale senso.
Certo non lo sono le CM, proprio perchè il ciclista urbano si trova solo nei suoi spostamenti, mentre la CM da la "sicurezza" del gruppone.
Non lo sono state finora le associazioni (nonostante abbiano meritoriamente messo in bici tanta gente nel weekend) che propongono sempre adunate, mentre serve informazione per andare da soli.
Le uniche realtà che vedo sono le ciclofficine, ma dobbiamo ricordarci che non tutti hanno tempo e voglia di frequentarle.

Da qualche tempo nel nostro piccolo forum dei "ciclomobilisti" abbiamo posto come obiettivo quello di far andare in bici al lavoro (a scuola, all'università, a fare la spesa, al centro anziani ecc.) più gente possibile, con il passaparola fra parenti, amici, colleghi.
Stiamo promuovendo una giornata per andare al lavoro in bici (sperando che sia la prima di moltissime altre) volantinando, organizzando incontri e passando la voce, senza essere associazione/comitato, senza sponsor, solo con le nostre forze e con quelle di chi ha cuore l'idea di aiutare le persone ad iniziare.
Senza motivazioni ideologiche o ecologiche, solo facendo leva sulla convenienza personale salutistica, economica, vitale.
DiamoCi una mano a farlo, erodiamo la resistenza senza cercare di inculcare a forza, con la ragione e con il sentimento.

Marco

frank ha detto...

in prima istanza mi troverei d'accordo con quanto affermi sull'isolamento quasi volontario dei ciclisti, ma mi rimane sempre un dubbio: usare la bicicletta come mezzo di trasporto in città è di per se sufficiente a creare una comunità? avrei voluto anche in lombardia un rotafixa candidato alla regione, ma d'altra parte in consiglio regionale si dovranno trattare tante altre questioni. tanti di quelli che pure usano la bicicletta in città, si troverebbero d'accordo su altri argomenti? la bicicletta può essere un argomento politico anzi, lo deve essere, ma non può bastare.

Valeria ha detto...

Ho dato l'appoggio a Rota Fixa dicendogli che a mio avviso la battaglia di civiltà per una città ciclabile e a misura d'uomo deve essere inserita in un discorso più generale di cambiamento che riguardi l'intero sistema della mobilità urbana. Il modello di mobilità centrato sull'auto è in crisi. Di traffico si muore, appunto, l'ambiente urbano è deteriorato e anche le relazioni sociali sono compromesse; a voler uscire dal monopolio siamo in tanti (ciclisti, pedoni, pendolari, utenti del trasporto pubblico, automobilisti stressati). Uniamoci!!!
Valeria
www.noauto.org