La mia prima esperienza di ciclo-alpinismo risale proprio a ieri ed è stata causata da un errore, che si è manifestato gradualmente e si è in qualche modo mixato con l'idea di ciclo-alpinismo. Dunque, un errore-scoperta, mentre il bosco si infittiva e il sentiero diventava sempre più stretto. Così sono salito su una montagna, sono sceso dall'altra parte e poi ho fatto circa 110 Km in bici. Quasi dieci ore in tutto e alla fine ero molto stanco. Ho mangiato solo un gelato, una ciambella e un pacchetto di patatine.
L'idea del ciclo-alpinismo non è venuta a me, ma l'ho trovata nel libro di Umberto Grioni, Il ciclista, Hoepli, Milano, 1910, p. 254, che ho riletto molto attentamente quest'estate. Dice Grioni: "Per il turista la bicicletta è soprattutto un mezzo di trasporto semplice e pratico - ed anche rapido - del quale possa valersi sulle strade, buone o cattive, ma carrozzabili sempre. Il ciclo-alpinismo è uno sport un pochino ibrido, che non ebbe e non ha molti entusiasti, poiché tale sport richiede in chi lo pratichi attitudini troppo diverse fra loro".
Qui è necessario fare un chiarimento. Non pensate che il ciclo-alpinismo corrisponda alla moda scapestrata di buttarsi giù dalle montagne dopo essere arrivato in cima col furgone: il downhill (con i suoi formidabili campioni di cui non ce ne frega un tubo, disciplina da brivido, che richiede grandi qualità atletiche, ecc.). Con bici, my god, ammortizzate. No, no. Il ciclo-alpinismo non so cosa si pefigga, ma è certamente qualcosa di diverso. Al limite si può fare con una pieghevole in spalla. Non lo so. Comunque diverse sedi del Cai (Club Alpino Italiano) hanno una sezione di ciclo-escursionismo. Loro usano le mtb, quindi è una cosa diversa da quello che si disse nel 1910. Grioni pensava e riferiva di esperienze di alpinismo effettuate con la bici in spalla o a spinta, per poi (a un certo punto, ma anche mai) risalire in sella e proseguire. Quest'estate, oltre che a imparare a fare l'orlo ai pantaloni, sono salito sulla vetta del Monte Velino (2400 e rotti m). La lettura del Grioni ha fatto il resto.
Quasi quasi sul Velino un giorno ci porto Sabrina, la luce fatta pedale, aspirazioni che una volta tanto hanno preso una forma reale e stanno al tuo fianco. Viste le pendenze, finirebbe tutto in uno schianto fragoroso ad alta quota. Però epico. In questa esperienza di ciclo-alpinismo, come sul Velino, ho mantenuto alcuni requisiti fondamentali: andarci da solo, ad andatura sostenuta, senza mappe, con poca acqua e sbagliando strada.
Comunque ieri ero nel Parco Nazionale d'Abruzzo ed ero in bicicletta per lavoro. Non ho sbagliato strada, ma la strada non andava bene. Una sensazione incredibile, lavorare in bici (ovviamente il mio lavoro è un segreto).
Per fare bene un lavoro, per renderlo originale, devi un po' rischiare, e quando sei disorganizzato si creano dei problemi. Essere disorganizzati in maniera sistematica quando si compiono itinerari in bici comporta almeno quattro cose: ci si allena molto, si scoprono cose interessanti (ma se ne perdono altrettante), si dicono un sacco di parolacce e quando torni a casa devi ricostruire come un detective quello che hai fatto. Intanto prendi appunti (anche mentre pedali) e scatti foto. Tentativo di difesa estrema: forse però è meglio essere disorganizzato in modo sistematico che organizzarsi per scacciare via il caos a tutti i costi (senza riuscirci), o essere fintamente organizzati. Intanto perché non sei capace di affrontare gli imprevisti e i cambiamenti.
Comunque stavo lavorando in bici e prendevo visione della mappa affissa all'entrata del Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise, con i suoi sentieri e strade.
Insomma, la faccio breve. L'asfalto è finito, è finito anche lo sterrato, è iniziato il sentiero. Non va bene per il lavoro che sto facendo. La strada asfaltata è molto lontana. Non devo fare questo lavoro oggi per forza, ma potrei iniziarlo. Le condizioni meteo sono molto buone. Non sono stanco. Ho tutto il giorno davanti a me. (Questo per dire che ogni decisione, anche quella che dall'esterno sembra la più estemporanea, implica una serie articolata di ragioni). Mentre la pendenza aumentava, iniziavo a pensare a cosa aveva detto Grioni del ciclo-alpinismo.
La bici che vedete qui si chiama "Angel" e meriterebbe qualche parola di presentazione. Il telaio (me l'ha regalato Massimo, grazie ancora una volta) ha fatto un'Eroica, le ruote due. Un mese fa ci sono andato in Austria e Germania. Sul telaio ci sono scritti spezzoni dell'omonima canzone di Jimi Hendrix. Ne parlerò un'altra volta, perché ora è il momento del ciclo-alpinismo.
Quando arrivo in vetta sono un po' stanco. Incrocio un signore con zaino e bastone che mi guarda meravigliato, distoglie lo sguardo, mi riguarda, guarda la bici, poi ancora me, le scritte, le ruote, me, il sentiero da cui sono salito. Mi faccio fare una foto (attualmente è ancora materiale classificato).
Aoh, stiamo facendo rinascere (o nascere) il ciclo-alpinismo, mica cazzi. Comunque scendere in bici dalla montagna è peggio che salire. Però puoi usare la bici come alpenstok. Alla peggio, la lanci lontano e ti abbatti per terra di culo. Arrivo a Pescasseroli dai dirupi, che sarebbero piste da sci senza neve. I piedi nei sandali mi fanno male. Che governo di rotti in culo che abbiamo, che figure impresentabili! Che manovra di merda!
Ogni tanto, quando si incontrano altri escursionisti, è bene salire in sella per qualche metro. Solo per fare vedere che il ciclo-alpinismo ormai in Italia è una realtà, come l'esperanto e la meritocrazia.
Finalmente a Pescasseroli salgo in sella e pedalo fino a Barrea. Nel paese precedente, Villetta Barrea, un sacco di gente va in bici e ci sono pure diverse grazielle.
Poi torno indietro, ripasso per Pescasseroli e plano su Gioia dei Marsi dopo una discesa clamorosa. Poi, su salita lenta e inesorabile, e controvento, vado a Ortucchio, Trasacco, Collelongo e ancora Villavallelonga, dove giungo alle 18.40.
Il mio posto |
Addenda: abbastanza in sintonia, il gruppo del Cai di Lucca, con il loro sito cicloaplinismo.it, in cui si legge, fra l'altro: "Perché la mountain bike non è solo agonismo o velocità, non è solo discesa a rotta di collo, downhill o free-ride. Noi del CAI vogliamo dar voce a chi pratica la mountain-bike con spirito escursionistico, con genuina passione per la natura".